PICCININI, Roberto
Roberto Piccinini (di Natale Piccinini ed Maria Rosa Valente / Serravalle Scrivia, 25 gennaio 1920 / Mar Mediterraneo, 14 dicembre 1941).
Incursore di marina, caduto nella 2° Guerra mondiale.
Roberto Piccinini nacque a Serravalle Scrivia il 25 gennaio 1920, figlio di Natale Piccinini e di Maria Rosa Valente. Piccolo proprietario terriero. Nel corso della 2° Guerra Mondiale venne richiamato alle armi ed arruolato in Marina Militare, incursore, marinaio cannoniere, imbarcato sulla corazzata “Vittorio Veneto”.
Con la fine del 1941 il numero di affondamenti di convogli italiani nel Mediterraneo crebbe in maniera esponenziale, con drammatiche conseguente sui rifornimenti di uomini, mezzi, carburanti e dotazioni, alle forze dell’Asse impegnate in Africa settentrionale. La situazione critica rese necessario l’intervento diretto del generale tedesco Erwin Rommell presso gli alti comandi del Reich, con il quale veniva richiesta con assoluta urgenza l’invio di rinforzi navali ed aerei. Il 10 novembre una flottiglia composta da 20 sottomarini varcò lo stretto di Gibilterra, proveniente dall’Oceano Atlantico. Gli “U-Boot” inflissero perdite significative alla flotta britannica. Significative certo, ma non determinanti. Impossibile contrastare efficacemente le linee di approvviginamento nemiche. Nulla potè impedire alle truppe inglesi di sferrare una violenta controffensiva in terra libica. In questo difficilissimo scenario “Supermarina” – il comando supremo delle forze navali italiane – decise un’operazione straordinaria di rifornimento alle armate libiche, nome in codice “M41”: alla volta di Tripoli salparono contemporaneamente quattro convogli sotto la scorta della quasi totalità della forza navale della regia marina, compresa la corazzata “Vittorio Veneto”.
Purtroppo il 14 novembre, a nord dello stretto di Messina, la grande nave diretta al rendevouz prefissato con il resto della flottiglia italiana, venne individuata e silurata dal sommergibile inglese “Urge” (Nella foto in basso, estratta dal sito web www.wikipedia.com), la stessa unità che, il 1 aprile 1942, incrociando al largo dell’Isola di Stomboli, avrebbe colato a picco l’incrociatore “Giovanni delle Bande Nere”.
L’attacco alla “Vittorio Veneto” (nella foto a lato, tratta dal sito web www.pinterest.it, la “Vittorio Veneto” in navigazione al fianco della “Littorio” impegnata in prove di tiro) provocò 40 morti, 17 feriti e danneggiò seriamente la corazzata, costretta a rientrare immediatamente in darsena per riparazioni urgenti che richiesero per alcuni mesi. Tra i membri dell’equipaggio a perdere la vita vi fu anche un giovane serravallese, l’incursore di marina, Roberto Piccinini (ritratto in divisa da marinaio nella foto in alto, tratta dal periodico Il popolo dertonino, del 30 luglio 1942), morto per annegamento, inghiottito dai flutti, tra il fumo e le fiamme che aggedivano la nave. Considerata l’importanza della missione, nonostante la grave defezione la squadra navale proseguì nei piani prefissati: vi presero parte 4 corazzate (“Littorio”, “Doria”, “Cesare”, “Duilio”), 5 incrociatori, 20 cacciatorpediniere. Come ebbe a sottolineare lo storico Arrigo Petacco nel suo libro “La nostra guerra 1940-1945: L’Italia al fronte tra bugie e verità”: «…Era la prima volta dall’inizio della guerra che la Marina Italiana si schierava in mare con tutta la sua forza…».
Durante della navigazione verso Tripoli, la squadra italiana incrociò casualmente alcune navi da guerra britanniche dirette a Malta in scorta ad un trasporto di carburante. Così conclude Petacco: «…Quell’incontro poteva risolversi con una grossa affermazione della nostra Marina perché la forza nemica era indubbiamente inferiore. Le cose però andarono diversamente: sia per gli errori commessi dai nostri ricognitori (che scambiarono la petroliera per una corazzata), sia per una sorta di complesso freudiano che spingeva sempre i nostri comandanti in mare a sopravvalutare il nemico, non si cercò subito l’azione decisiva. Lo scontro che prese il nome di prima “Battaglia della Sirte” si concluse senza risultato. Gli inglesi si sganciarono e proseguirono verso la loro destinazione. Quando i britannici ripresero il mare a caccia del nemico il naviglio italiano aveva già raggiunto incolume la propria destinazione. L’operazione si era dunque conclusa felicemente, tutto sommato l’intervento della flotta navale aveva ottenuto il risultato voluto…».
La comunità serravallese celebrò pubblicamente e solennemente il lutto per la perdita di Roberto Piccinini, come racconta un articolo tratto dalla testata locale “Il popolo dertonino” del 30 luglio: «…Mentre gli sorrideva vita e avvenire, eroicamente si immolava per la grandezza della Patria l’11 dicembre 1941. Dal più puro alletto di figlio e di fratello, dalla devozione alla Patria, dalla profonda fede in Cristo, Egli derivò le alte ragioni del suo ideale religioso e patriottico… Fu marinaio cannoniere sopra una delle più gloriose unità della nostra marina… Amò la sua nave, fu orgoglioso del suo servizio… Nella chiesa che lo vide bambino tra il piccolo clero fu celebrato un solenne ufficio di suffragio. Erano presenti il vice prefetto comm. Richard... ; il podestà, il segretario politico e le organizzazioni del Partito (partito nazionale fascista ndr.). L’arc. can. don Luigi Guerra rievocò commosso la figura del soldato, del figlio, del giovane cattolico. Per il caro Roberto chiediamo a Dio il premio dei giusti, per la madre il conforto e la rassegnazione cristiana, per il fratello che ancora combatte in Africa, la grazia del ritorno vittorioso…». Roberto Piccinini venne sepolto al cimitero civile di Taranto. Il marinario serravallese, nonostante la giovane età, aveva già preso parte, combattendo al fianco dei suoi compagni di bordo, ad alcune delle azioni di guerra navale più significative della seconda guerra mondiale nel “Mare nostrum”: la “Battaglia di Capo Teulada” (o di Capo Spartivento), la “Battaglia del Mediterraneo orientale” e la “Battaglia di Alessandria”. Episodio forse più interessante, quello di Capo Teulada: il 27 novembre 1940, la squadra navale italiana, composta, oltre che dalla “Vittorio Veneto”, dalla “Giulio Cesare”, dagli incrociatori pesanti “Bolzano”, “Fiume”, “Gorizia”, “Pola”, “Trento” e “Trieste”, con la scorta di 14 cacciatorpediniere, determinata a dare un segnale di forza e di capacità di reazione, a solo due settimane dalla tragica notte della vittoriosa incursione degli aereosiluranti inglesi “Swordfish” nella rada di Taranto con pesanti perdite al naviglio da guerra italiano.
Obiettivo della missione: inseguire ed intercettare un munitissimo convoglio britannico di rifornimenti diretti all’isola di Malta. Nel combattimento che ne seguì, il fuoco italiano andò a bersaglio su due incrociatori, danneggiandoli e costringendo alla fine il nemico a sottrarsi allo scontro aperto. Quanto accadde a Capo Teulada venne arditamente ripreso dai cineoperatori della marina e diverse sequenze venero montate nel film “La nave bianca”, diretto da Roberto Rossellini, con la supervisione di Francesco De Robertis, pellicola presentata alla Mostra del cinema di Venezia del 1941, premiata con la coppa del partito nazionale fascista.
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