I deportati di Voltaggio nei campi di concentramento – La strage di una generazione
La deportazione di cittadini italiani nei campi di concentramento nazisti ebbe caratteristiche particolari. legate alla storia del movimento partigiano e antifascista.
Naturalmente anche in Italia la popolazione ebraica fu duramente segnata (dei 40.000 ebrei presenti in Italia nel 1943 più di 7.000 furono deportati e circa 6.000 perirono nei campi), ma la deportazione più numerosa fu quella che colpì donne e uomini per le loro convinzioni politiche e ideali: circa 23.000 partigiani, antifascisti, renitenti alla leva vennero deportati, 10.000 dei quali perirono nei campi.
L’Oltregiogo fu duramente segnato dalla deportazione di renitenti e partigiani, in particolare in seguito al rastrellamento della Benedicta.
Il Comune che pagò il prezzo più alto fu sicuramente Voltaggio. Un semplice sguardo alle cifre è sufficiente per renderci conto della portata del dramma che investì il piccolo centro dell’Alta Val Lemme.
La ricerche condotte negli ultimi anni, intrecciando e confrontando fonti italiane e tedesche, documenti scritti e testimonianze orali, hanno consentito di fissare a 191 il numero dei deportati a seguito del rastrellamento nazifascista della Pasqua 1944 (187, o 188, secondo altre ricostruzioni). Di essi 33 erano nati o residenti a Voltaggio e rappresentavano il 18 per cento del totale dei deportati[1]. Solo 4 di loro sopravvissero ai campi.
Al censimento della popolazione del 1936 il Comune di Voltaggio contava 1.610 abitanti, 787 dei quali di sesso maschile. I deportati furono il 2 per cento della popolazione totale e oltre il 4 per cento di quella maschile.
Ma il dato più drammatico e impressionante lo otteniamo analizzando le date di nascita dei deportati. Tutti i ragazzi avviati ai campi appartenevano alle classi d’età comprese tra il 1922 e il 1925, quelle sottoposte al cosiddetto bando Graziani che prevedeva la pena di morte per i renitenti alla leva. I deportati sfiorarono il 30 per cento dei nati a Voltaggio in i quegli anni, mentre i deceduti nei campi superarono il 25 per cento, uno su ogni quattro nati.
Nel prossimo futuro occorrerà ricostruire con attenzione e precisione la storia di questa generazione martire di Voltaggio, e rendere loro il doveroso omaggio, per non dimenticare la loro storia, il loro sacrificio e l’orrore della guerra, ieri come oggi.
Qui vogliamo ricordarli, in collaborazione con il Comune di Voltaggio, proponendo una semplice galleria fotografica con i loro volti, i loro nomi, l’età della loro morte nella disperazione di Mauthausen e di Gusen, i campi in cui furono internati.
Mancano due foto, quelle di Giambattista REPETTO, deceduto a 21 anni, e di Giuseppe REPETTO, deceduto a 20 anni.
Nel corso del rastrellamento vennero uccisi altri tre ragazzi di Voltaggio: Benedetto BAGNASCO, di anni 19, Francesco REPETTO, di anni 21, e Giacomo REPETTO, di anni 19.
“Di Voltaggio eravamo una quarantina… Quasi tutti i giovani del paese. Quattro leve, dal 1922 al 1925. Eh, siamo tornati in quattro…” Testimonianza di Angelo Repetto (classe 1924) Deportato a Mauthausen[2].
DEPORTATI DI VOLTAGGIO DECEDUTI NEI CAMPI DI CONCENTRAMENTO
[1] Voltaggio e il piccolo centro di San Martino di Paravanico, località del Comune di Ceranesi, sul versante genovese dell’appennino, furono le località più colpite dal rastrellamento. Dai due centri partirono circa il 40 per cento dei deportati.
[2] La testimonianza di Angelo Repetto è stata raccolta da Cesare Manganelli il 16 novembre 1982 nell’ambito di una vastissima ricerca sulla deportazione piemontese.
Stralci della testimonianza di Angelo Repetti si possono leggere nel volume La vita offesa, a cura di Anna Bravo e Daniele Jalla, Milano, Franco Angeli, 1986. Una più ampia selezione è inI deportati alessandrini nei lager nazisti. 18 testimonianze di sopravvissuti /, a cura di Andrea Villa, Recco, Le Mani-Isral, 2004.