Fra Guglielmo da Voltaggio e la Commenda di Pré
La presenza di esponenti Voltaggini nelle vicende della Repubblica di Genova agli albori del primo millennio è ampiamente testimoniata da riscontri d’archivio. Come afferma Roberto Benso: particolarmente significativa risulta la figura di fra Guglielmo di Voltaggio, protagonista di rilievo nella politica genovese dei primi decenni del secolo XII (Voltaggio nella storia dell’Oltregiogo Genovese- 2001). Ma procediamo con ordine.
Genova, intorno all’anno Mille: è il tempo in cui per i Cristiani di tutta Europa l’ambizione più nobile era raggiungere e liberare la Terra Santa, caduta nelle mani dei seguaci di Maometto. Genova rappresentava il porto di partenza ideale per iniziare quel viaggio di redenzione. I Genovesi – che il Vescovo Teodolfo aveva diviso fra habitatores, cioè i nullatenenti che si dovevano occupare della guardia della città, e i boni homines, cioè quelle persone abbienti che, versando una quota annuale, partecipavano alla costruzione della flotta militare – furono tra i protagonisti delle prime crociate.
Basti citare Guglielmo Embriaco (il Caput mallei –testadimaglio – liberatore di Gerusalemme) guerriero e mercante. Grazie al suo valore e all’ardimento delle sue truppe, Genova fu ricompensata con piccole colonie che divennero per i mercanti straordinari punti d’appoggio, all’interno dei quali si viveva come in patria e si parlava la stessa lingua.
Gli annalisti che delle cose di Genova narrano, dice il Varese nella sua Storia della Repubblica di Genova, fanno menzione di un avvenimento fondamentale: il passaggio ad una nuova forma di governo adottata dalla città senza strepito o convulsioni. E spiega: Egli è nell’anno 1080 ch’essa nominò i primi suoi Consoli (quattro) concludendo porto opinione che Genova da quest’epoca solo debba veramente dirsi Repubblica. Oltre all’allargamento della sua giurisdizione tanto verso terra quanto lungo i suoi due littorali . Varese ritiene altresì probabile che cominciasse a fortificar sé stessa con robuste mura e con castella.
Al di fuori di quelle mura si estendevano campi e prati (Pré) e la zona prospicente l’insenatura denominata Caput Arenae divenne, nel tempo, il luogo dove le vie del commercio e del pellegrinaggio dall’Italia del Nord e dall’Europa incontravano le rotte dirette in Oriente. In quest’area, alla foce del rio
S. Ugo (oggi coperto) sorgeva una chiesetta intitolata al Santo Sepolcro dove per breve tempo, dopo la prima Crociata, furono ospitate le presunte ceneri del Battista. Nel 1180, su quest’impianto, i Cavalieri Gerosolomitani (oggi Cavalieri di Malta) edificarono il complesso noto come Commenda di San Giovanni di Prè: due nuove chiese sovrapposte e collegate; ad uso esclusivo dei cavalieri quella superiore, destinata ai pellegrini e agli abitanti quella inferiore. Accanto ad esse un edificio a tre piani ospitava un convento e, al pianterreno, in un’unica grande sala con colonne di pietra, un hospitale, che, secondo il costume medievale, forniva assistenza a tutti indistintamente, ma soprattutto, prima dell’imbarco, ai pellegrini diretti in Oriente.
A integrazione del complesso fu eretto un campanile di pietra a cinque guglie con otto finestroni. Sul lato che costeggia Via Pré una fontanella ricorda il miracolo di Sant’ Ugo, come riferito dallo storico Giacomo Bosio nella sua Istoria:
Stavansi un giorno certe donnicciuole a lavare i panni degli infermi dell’Ospedale, e durando in ciò molta fatica per mancamento dell’acqua e per il gran calore che allora faceva, e trovandosi allor ivi a caso questo sant’uomo, lo pregarono che con le orazioni sue loro impetrasse da Dio l’acqua … Ed ecco! … non altrimenti che Mosè … così Ugone con l’orazione e con il segno della croce cavò acqua da un sasso in abbondanza tale che… dura anche oggidì e si chiama la fonte di sant’Ugone.
LL l
Al di sopra della fontanella, in un bassorilievo, è scolpita un’epigrafe latina intorno ad una testa come di persona giacente … di malagevole lettura ed intelligenza, come riporta il Rev. Marcello Remondini (Iscrizioni Medio-Evali della Liguria 1874). Il personaggio raffigurato, secondo Remondini, è un nobiluomo inglese che fa dire alla chiesa:
+ACTONis Willelmi DomiNI DOMus EXIiHic
Pro QuO QUESO PATER Qui TRANSIs DIC
+MCLXXX TENpoRe Villelmi INCOATVm Est
+ QUI RIUSCII SEPOLCRO DEL SIGNOR GUGLIELMO ACTON
PEL QUALE DI GRAZIA OH TU CHE PASSI RECITA UN PATER
+FU COMINCIATO NEL 1180 AL TEMPO DI GUGLIELMO.
Secondo Vincenzo Persoglio (Sant’Ugo e La Commenda di Pré – 1878), leggendo nel primo verso ACTORE WILLELMO, si tradurrebbe: Il Tempio del Signore sorse qui a cura di Guglielmo ecc. ecc. Secondo lo stesso Persoglio, un’altra lapide, senza data, esisteva nella cappella di Sant’Ugo e faceva riferimento ad un uomo generoso (largus), un degno maestro (praeceptor dignus), fondatore del tempio (templi fundator), un certo Guglielmo che lì giaceva (Hoc jacet in busto Wilielmus more vetusto).
Già: Guglielmo, anzi Fra Guglielmo. Ecco spuntare un personaggio, che seppure non unanimemente, è stato identificato con un monaco, cavaliere gerosolomitano, appartenente alla famiglia de Vultabio, dal luogo in cui nel 1160 ebbe i natali. Quale fosse il suo aspetto fisico non è dato sapere e d’altra parte di questo casato appartenente alla nobiltà minore (poi confluita nei Grillo) non è rimasto nulla ad eccezione dello stemma gentilizio. Angelo Maria Scorza, nel suo Le famiglie nobili genovesi (1924) così lo descrive: bandato di otto pezzi d’argento e d’azzurro al capo d’oro all’aquila nascente, coronato di nero.
Come sopra accennato, studiosi come L. Tacchella o J. C. Rostagno non concordano nell’identificare il Guglielmo templi fundator con il “nostro” fra’ Guglielmo da Vultabio per motivi anagrafici. Altri invece sostengono il contrario. Il più convinto è Vincenzo Peirano che nel 1879 pubblicò uno studio dedicato alla figura del frate voltaggino. Peirano riferisce una serie di rogiti notarili che, fra il 1200 ed il 1232, citano espressamente un Vulielmus frater de Vultabio minister Hospitalis de Capite Arenae. Egli ritiene ragionevole, fino a prova contraria, identificare quest’ultimo con il fondatore del complesso, non riscontrando alcuna incongruenza anagrafica. Anzi ritiene che la seconda lapide, quella nella cappella di S. Ugo, altro non fosse che un completamento della prima incisa nel campanile. Pare naturale che i confratelli riconoscenti lo abbiano ritenuto degno di una iscrizione che ricordasse ai posteri i suoi pregi ed i suoi meriti. Guglielmo da Voltaggio, dice infatti, fu
uomo tale da acquistarsi per le sue virtù la massima stima di tutti ed in special modo del Governo della Repubblica che ad ogni momento lo incaricava di importantissime missioni.
Un rogito del notaio Federico di Segestro, datato 17 dicembre 1225, registra: Fra W.mus De Vultabio procuratore e ambasciatore per la Repubblica di Genova a Pecoraro Novomercato di Verona. E ancora nel maggio del 1228 viene indicato come ambasciatore del Comune di Genova alla Republica di Venezia, con la quale aveva concluso onorevoli capitula pacis et concordiae . Gli annali di Genova del Giustiniani testimoniano poi, che nel 1230, il monaco e diplomatico voltaggino fu chiamato, con altri, a dirimere una controversia sorta fra gli Alessandrini e la Repubblica di Genova per il possesso di Capriata. Per la cronaca fu Genova ad aggiudicarsi Capriata con sentenza scritta per mano di Nicolao da Voltaggio, nipote di Fra Guglielmo. Il suo ritiro dalla vita pubblica, se non addirittura la sua morte, si fa risalire al 1232, giacché dopo tale data non si fa più menzione in alcun documento notarile di un Fra Guglielmo da Voltaggio largus, amans, lenis. prudens. solamen egenis,