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ll Teologo Ozzano e la bandiera nel Tempio – 3

TERZA PUNTATA

Ancora più indietro, tre anni prima, martedì 14 febbraio 1888, sede dell’Associazione dei Reduci delle Patrie Battaglie, in via Maestra. Contestualmente, Ospedale San Giuliano

C’era ghiaccio lungo via Maestra. I badili del sindaco stentavano ad uscire e i sacchi di sale giacevano ancora addormentati nelle carriole comunali.

Giuseppe Fossati e Luigi Berutti si riscaldavano alla belle e meglio nella sede dell’Associazione dei Reduci delle Patrie Battaglie. Berutti guardò di sghimbescio il compagno d’armi. Gli occhi si incollarono preoccupatissimi a quelli dell’altro.

“Che vuol dire non sta bene?”

“Quello che ti ho detto” rispose Giuseppe Fossati “non so molto di più. Il Dottor Figini lo ha ricoverato al San Giuliano. Forse un infezione dove si beccò la pallottola a San Martino”.

Berutti si alzò dallo scranno e avvicinatosi alla porta pulì col dorso della mano il vetro appannato.

“Ci mancherebbe anche questa. Già abbiamo perso Balbi!”

“Siamo vecchi, caro mio. Carne da macello da giovani per gli ideali, carne da macello ora per legge naturale.”

“Corne… in bel belèin!” si girò di scatto verso il Fossati “Ti porti ‘na jela bagasa!”

Berutti nel tentativo di toccar ferro si aggrappò  scaramanticamente al cannone della stufa. Urlò di nuovo per il dolore “Brusa, Cristofuru!”.

“Jela? Te ti che t ‘è ‘n imbecile” sghignazzò Fossati.

Il Berutti si era già fiondato in bagno, tenendo le mani sotto l’acqua.

“Che mo’! Va da Giacoboni e fate dò ‘na pumò!”

E mentre l’altro uscendo si buttava nel freddo pungente di via Maestra, gli gridò dietro:

“E passa anche da Cambiaggi. Cata ‘n po’ ‘d pàun e testa ‘n caseta che a mangèmu ki. Du resto i s’manifestu un se scriva no da sulu!”

La giornata tanto aspettata si avvicinava. Bisognava sbrigarsi. Bisognava comporre il testo per il manifesto, portarlo in tipografia e poi correre anche a Novi per farlo pubblicare su la “Società”, un bel giornale laico, ma lì ci volevano almeno due giorni di preavviso perché il tipografo l’èa loungo cme a quaresima…

I due passarono il pomeriggio chiusi nella sede della Società dei Reduci, alternando le righe, poche, dello scritto a qualche boccone e un po’ di vino che Fossati aveva acquistato facendo un passo presso la Trattoria dell’Angelo. Ustione o no, la penna la impugnò sempre Berutti, con la mano fasciata alla bell’e meglio. Del Fossati l’altro aveva sempre ammirato il coraggio in battaglia, ma a scrivere era un disastro. Oddio, non che lui… E infatti progressi nella scrittura se ne vedevano pochi… Verso le cinque, quando avevano  deciso che più di quello non cavavano, arrivò Ferrari. Di solito si faceva precedere dal suo buon umore e dalla risata che potevi udire da Porta Genova fino a Porta Milano. Non fu così quella volta. La faccia era inchiodata in una smorfia.

“Fratelli, Bartolomeo va male. L’ho saputo da Maddalena Gandolfo, la levatrice. Si è vista col Condotto perché c’era da usare il forcipe con la moglie del Notaio Poggi. Lì tutto bene. Ma in ospedale no.”

“Ma è cosciente?”

“Ma sì, anzi la levatrice mi ha dato questo foglio…. Bartolomeo ha scritto il testo del manifesto perché secondo lui noi…”.

Berutti e Fossati si guardarono l’un l’altro senza dire una parola. Poi iniziarono a leggere:

Il 24 Giugno  avrà luogo la solenne inaugurazione del nuovo Ossario sul colle di S. Martino, ove si pugnò e si contese il terreno a palmo a palmo nel giorno della gloriosa e memoranda battaglia!

Commilitoni!

Nei nostri petti ove brilla il distintivo dell’Onore, deve pur battere sacro l’amore di patria e di fratellanza; e quindi la Direzione è certa che numerosi accorrenti ad inscriversi per andare il 24 Giugno su quel colle a deporre un ricordo sul sarcofago che racchiude gli avanzi dei nostri cari fratelli d’armi che da valorosi caddero pugnando”.

Trasudava retorica in ogni parola ma lo stile c’era, dovettero ammetterlo. Ancora una volta la sezione dei Reduci delle battaglie risorgimentali di Serravalle sarebbe stata la capofila nell’organizzazione della grande spedizione dei patrioti del novese verso il Lago di Garda!

Il foglio scritto da Campora partì insieme a Berruti per Novi, e il loro foglio servì a fasciare quel che restava della testa in cassetta…

In quello stesso giorno di metà febbraio 1888, più imbufalito che malato secondo lui, malato seriamente secondo il suo medico, in un letto dell’Ospedale San Giuliano giaceva dunque Bartolomeo Campora, patriota combattente del Risorgimento e Presidente della Società fra i reduci delle patrie battaglie di Serravalle Scrivia.

Il San Giuliano era una delle più antiche istituzioni di Serravalle. Nel Settecento era situato verso Porta Genova, al termine della via ancor oggi intitolata all’Ospedale Vecchio, e poi dal 1817 nei nuovi e più funzionali locali dell’ex convento degli Agostiniani posti al di sopra dell’Oratorio dei Bianchi.

 “Il sigaro me lo avete portato? E un bel fiasco di vino?” disse Campora con fatica vedendo entrare il dottor Giacomo Figini.

“Avete poco da celiare!” esclamò Figini “O proviamo con la cura del Professor Forlanini, o la Grande Falce, con queste emoftoe, verrà a cogliervi! A Torino in qualche ora ci siete, oppure v’accompagno, se volete! In treno se vi aggrada, oppure in carrozza”.

  “Vi ringrazio, ma sono troppo stanco. Um po d’ese ‘nta cà ‘d Bergnife!”  fece Campora pallido e defedato

“Eppure il pneumotorace vi gioverebbe! Non si scherza con la tisi, Campora. Adunque decidetevi per la cura. Il consulto garantitovi da Pietro Tarchetti di Alessandria vi impone questa decisione.”

“Vediamo, vediamo… piuttosto io ho lasciato indietro quella faccenda e con quei somari c’è poco da fidarsi. Avete consegnato il mio testo? Tutto a posto?”

Le preoccupazioni di Campora non andavano alla sua malattia o alla sua famiglia, ma alla grande iniziativa patriottica a cui lavorava da mesi. Campora era un reduce della battaglia di Solferino e San Martino, aveva fatto parte delle truppe che agli ordini diretti del  Re Vittorio Emanuele II aveva tenuto il fronte a San Martino, una battaglia tutta condotta e vinta dai soldati del Regno di Sardegna!

A giugno di quell’anno, nei pressi di Desenzano del Garda, avrebbero inaugurato l’ossario dei caduti della battaglia, un’occasione che rendeva particolarmente importante l’annuale spedizione  organizzata ogni anno da Campora con il coinvolgimento dei reduci del novese.

“Il manifesto, il manifesto… L’hanno portato in tipografia? I superstiti e i Reduci muoveranno da ogni città per rendere un tributo ai gloriosi fratelli che diedero la vita per la Patria! L’hanno scritta questa frase?”

“Campora, il manifesto a quest’ora è sicuramente in tipografia, le frasi ci sono tutte, come l’avete dettate voi, Berruti lo ha portato anche a Novi alla redazione de “La Società”, però io vi ho chiesto…”

“Ecco, giusto, così, bene! Ora sentite, adesso bisogna anche avvertire…”

“Adesso bisogna decidersi! Andrete a Torino?”

Campora a Torino ci andò, ma non volle ascoltare i consigli dei medici. Il 24 giugno 1888 fu presente all’inaugurazione dell’ossario, ma non fu una grande idea perché nove mesi dopo compì quell’altro più triste viaggio profetizzato dal dottor Figini…