La storia di Domenico Alice e i fiori americani dei Serravallesi
Domenico Alice (Serravalle Scrivia, 12 marzo 1882 – Spokane 8 maggio 1965)
Domenico Alice rimira la sua giacca con un sospiro di sollievo, non ci sono segni di gessetto. E’ quasi fatta, sta per mettersi l’oceano alle spalle.
Come si marchiano le bestie, ad Ellis Island sarebbe bastata la X di un medico sulla schiena e avrebbe dovuto sottoporsi a una seconda visita con la paura di tornare all’inferno. Avrebbe rischiato di essere rispedito in mare su una nave che da “boat of hope”, la nave della speranza, si sarebbe trasformata in “boat of tears”, la nave delle lacrime, spezzando per sempre il sogno americano.
Non riesce nemmeno a immaginare di essere scartato e rimandato in Italia, altri sette giorni di navigazione. Gli sono bastati il viaggio da Serravalle a Napoli e la traversata in condizioni allucinanti, 4660 passeggeri come sardine in una scatola di latta.
Invece, dopo ore e ore di attesa stipato in una stanza colma di inferiate e umanità di ogni genere, l’ispezione è superata.
Manca solo la Registration Room, la stanza dove gli agenti federali lo aspettano per l’interrogatorio. Ma ora è sicuro di farcela: è un giovane di buona costituzione e soprattutto ha una destinazione e qualcuno sul posto che può dargli una mano.
Sul foglio gli esaminatori appuntano altezza 5’5” (1,66 cm), occhi blu, nessuna cicatrice né segno particolare, professione contadino, sa leggere e scrivere, non ha precedenti penali, il biglietto è stato pagato dal cognato Giovanni Guido, marito della sorella Caterina. Dichiara che la madre si chiama Maddalena Fossati. E’ sufficiente: dall’isola di Ellis Island può salire sul ferry boat per raggiungere Manhattan.
Il 22 aprile 1911 Domenico contempla all’orizzonte l’enorme statua della Libertà che da poco più di vent’anni si erge davanti alla baia dell’Hudson e ha ancora un bel colore rosso rame. Sembra di buon auspicio, un rassicurante simbolo di libertà. La stessa libertà che lo ha portato così lontano da Serravalle, avendo 29 anni ma non una moglie e una famiglia tutta sua. E’ libero di tentare la sorte; suo fratello Giuseppe invece di figli ne ha già tre e Felicita è di nuovo incinta, mia nonna Lina nascerà l’8 di agosto.
New York è un via vai di gente, strilloni che vendono giornali, garzoni, signori con abiti eleganti, carrozze, carri pieni di merce d’ogni sorta e automobili mai viste. Alzando gli occhi, palazzi e grattacieli da non vederne la fine, da togliere il fiato.
Senza capire nemmeno una parola, il viaggio fino al lato opposto degli Stati Uniti su su a nord fin quasi al confine col Canada è sbalorditivo. Il coast to coast ancora oggi offre continue sorprese.
Esattamente un anno prima lo stesso percorso lo ha fatto il suo caro amico Angelo Lavagetto, nato a Serravalle nel 1887, i cui due fratelli Paolo e Giovanni sono da tempo in America.
La meta finale è Spokane, nella periferia di Garden Springs, dove i fratelli Hoyt dai primi del ‘900 hanno costruito sette serre per la coltivazione di fiori, l’ultima per le rose, completando l’attività nel 1905 con la rivendita al dettaglio.
Nel cielo si staglia una ciminiera con alla sommità la grande scritta “Hoyt” e all’ombra di questa torre c’è costante offerta di lavoro, in primo luogo per uomini avvezzi a coltivare campi. Qui hanno trovato impiego i fratelli Lavagetto. Angelo ha scritto a Domenico delle lettere raccontando di come si vive, dei dollari guadagnati con il sudore della fronte.
E’ una comunità che comprende un vasto numero di italiani; non è facile essere emigranti italiani e cattolici. Sono quasi spinti a vivere nello stesso quartiere, isolati dal resto della città, ma i Lavagetto e Domenico non sono tipi da perdersi d’animo.
Con loro ci sono altri connazionali, anzi serravallesi o perlomeno dei nostri dintorni: Luigi Gandini, Severino Moncalvo e Luigi Montecucco. nomi che suonano familiari.
Nei primi tempi, oltre che nelle serre, faticano nella fabbrica di mattoni Mica Brick Yard.
Un canto degli immigrati dice “Sono venuto in America credendo che le strade fossero lastricate d’oro, ma quando sono arrivato ho visto che le strade non erano lastricate affatto e che toccava a me lastricarle».
Sono anni di lavoro, lavoro e ancora lavoro, intervallati da giorni di festa seduti in cerchio con chitarre, fisarmoniche, piatti di pasta e vino fatto in cantina. L’unione fa la forza e come formichine mettono da parte ogni singolo centesimo.
Dopo dieci anni però Domenico decide di rientrare in Italia, ha l’impressione di non riuscire a tenere il ritmo di una vita sempre più frenetica. Ora può permettersi di pagare il biglietto.
Parte da New York il 22 agosto 1922 e dopo una settimana rivede la vecchia patria.
Si accorge ben presto che Serravalle e l’Italia non sono più casa, l’America è il destino.
Per completare il suo futuro rientra con Giulia, che ha sposato a Borghetto il 28 ottobre del 1922, lo stesso giorno in cui Mussolini marcia su Roma per rivendicare il potere sul regno d’Italia.
E’ possibile che il clima che sta avvelenando la penisola lo convinca a tornare a Spokane velocemente. Dichiara in nave di avere 50 dollari per il viaggio e una dote di 800 per sé e la moglie.
La ragazza accetta di sposarsi dopo solo due mesi da quando Domenico è tornato: si conoscevano? si scrivevano? o solo le loro famiglie erano in contatto?
Giulia perde la mamma, Angela Traverso, all’inizio del 900 quando è poco più di una bambina. Il padre si chiama Giovanni Guido; Caterina, la sorella di Domenico, ha sposato un uomo di nome Giovanni Guido e a me nasce la fantasia che la stessa persona possa aver sposato in seconde nozze Caterina. Omonimia o è il collegamento tra loro?
Anche Angelo Lavagetto fa il viaggio a ritroso a Serravalle e torna negli States con Lisa Pallavicini.
E’ consuetudine imbarcarsi soli, sistemarsi e, una volta raggiunta una certa sicurezza economica, tornare a prendere la propria moglie che attende da anni in Italia, oppure contrarre matrimonio appena prima di partire.
Alle donne sole è negato l’ingresso se non accompagnate da mariti o figli maggiorenni. Persino sbarcando con il fidanzato è necessario sposarsi direttamente ad Ellis Island per poter entrare regolarmente negli Stati Uniti. A volte capita di doversi sposare con perfetti sconosciuti pur di non essere respinte.
Comunque sia, la storia di Domenico e Giulia è fortunata, è una coppia ben assortita e affiatata. Hanno tre figli, Joe, Leo e Mary.
I “serravallesi” di Spokane superano insieme la grande depressione che morde gli Stati Uniti negli anni ’20 e ’30 e la caduta della borsa che sprofonda migliaia di americani nell’indigenza assoluta.
E’ il senso di appartenenza, di unione tra famiglie lontane dalla terra di origine a dar loro la forza di resistere. Riescono a spedire denaro ai parenti in Italia e addirittura a comprare terreni e allestire serre.
Severino Moncalvo le acquista intorno al 1929 e la famiglia manterrà l’azienda fino al 1983.
Luigi Gandini avvia l’attività Sanset Florists; Luigi Montecucco apre un negozio di fiori in centro a Spokane; Giovanni Lavagetto diventa proprietario di una serra degli Hoyt.
Nel 1928 Domenico, al quale viene dato il soprannome Red per i capelli rossi, compra un terreno dove costruisce la sua casa e fonda la Liberty Park Florist and Greenhouse insieme a Giulia.
Per riscaldare la prima serra si ingegna e riporta in funzione la vecchia caldaia di una nave a vapore dismessa e presto dà il benvenuto in garage al primo furgone per le consegne, una Ford modello A 1931.
Per tutti i nostri compaesani americani iniziano anni di successi: il giro d’affari dell’azienda di Domenico Alice nel 1946 supera i 10.000 dollari. Un fantastico traguardo per uno arrivato col biglietto pagato dal cognato 35 anni prima.
Negli anni ’50 e ’60 quando delle serre si occupano i figli, Domenico e Giulia possono finalmente riposare e trascorrono i pomeriggi sotto il grande portico insieme ad Angelo, l’amico di tutta la vita.
Red fuma gli inseparabili sigari De Nobili mentre la moglie cura i gigli del davanzale. Per il nipote Mike è sempre un gran giorno quando è pronto il minestrone. Corre dalla nonna a prendere la pentola, attento a non sprecarne neanche una goccia.
Minestrone, pasta fatta a mano e sulla credenza non manca mai una scatola di “hershey kisses”, che vagamente ricordano i nostri baci di dama.
Un’altra signora nata a Serravalle nel 1920 è conosciuta a Spokane per essere una grande cuoca: le sue specialità sono gnocchi, ravioli e cotolette alla milanese.
Si chiama Ida Montecucco e ha gestito un negozio alla Barbellotta fino al 1954, poi con il marito Franco e i due figli è emigrata in America. C’è un legame con il vecchio Luigi Montecucco? Qualcuno li ricorda?
Nel frattempo Domenico è diventato Dominic, Giulia Julia, i Luigi ora sono Louis, Giovanni Lavagetto è Joe e Franco Montecucco si chiama Frank.
In qualsiasi modo li si voglia chiamare qualcosa di Serravalle con loro ha attraversato l’oceano: grandi ricette, tradizioni e soprattutto innumerevoli esempi di ingegno, tenacia e perseveranza.
Da parte mia è dovuto questo racconto per ringraziare il cugino Mike, nipote di Domenico Alice. Sono sue le ricerche e i ricordi che mi hanno dato la possibilità di scoprire antiche storie di Serravallesi e fili che si intrecciano anche a migliaia di chilometri di distanza.
Dimenticavo: se passate da quelle parti, la Liberty Park Florist and Greenhouse di Giulia e Domenico è ancora aperta!