Ramadān, رمضان
Nel nome di Dio Il Clemente, il Misericordioso
La pace, la Misericordia, e le benedizioni di Dio siano su di voi
Per molti nuovi Serravallesi il primo d’aprile è iniziato il Ramadān, nono mese del calendario islamico, che si compone di 12 mesi lunari, e che vedrà la sua conclusione il primo maggio.
Al 31 dicembre 2020 a Serravalle eravamo in 5.872 residenti, con un saldo negativo rispetto all’anno precedente di 52 unità e una variazione in percentuale di – 0,88%. Qui sotto è possibile osservare il grafico della popolazione dal 2001 al 2020, che evidenzia un trend negativo durante tutto l’ultimo decennio.
Il grafico più in basso, detto Piramide delle Età, rappresenta la distribuzione della popolazione residente a Serravalle Scrivia per età, sesso e stato civile al 1° gennaio 2021. I dati tengono conto dei risultati del Censimento permanente della popolazione. La popolazione è riportata per classi quinquennali di età sull’asse Y, mentre sull’asse X sono riportati due grafici a barre a specchio con i maschi (a sinistra) e le femmine (a destra). I diversi colori evidenziano la distribuzione della popolazione per stato civile: celibi e nubili, coniugati, vedovi e divorziati.
Il perché di questo contributo lo si può comprendere analizzando i grafici seguenti.
La popolazione straniera residente a Serravalle Scrivia al 31 dicembre 2020 è pari a 1.302 unità (22,2%). Il gruppo predominante proviene dal Marocco (419, pari al 7.17% del totale dei Serravallesi)
Ci sembra giusto prendere in considerazione, in questo momento dell’anno, che cosa rappresenti il Ramadān per i cittadini di religione musulmana. Pur essendo presenti a Serravalle altre etnie aventi la medesima confessione, solo la popolazione marocchina è riuscita ad organizzarsi con un proprio Centro Culturale Islamico, del quale si parla nel link.
Ramadān
La parola, originariamente in arabo, significava “mese caldo”, o “mese torrido” o “essere riscaldato”, da cui si può dedurre che anticamente un tempo fosse un mese estivo. Sicuramente, il mese di Ramadān, come d’altronde gran parte degli altri mesi del calendario islamico, ha un’origine pre-islamica ed era legato essenzialmente alle attività della comunità. Il termine Ramadān deriva dalla parola araba Ramad che significa “ardente” e quando c’è cosi caldo che fa diventare la sabbia scotta e quella terra cosi calda viene chiamata dagli arabi “Ramdhaa“. Gli Arabi usavano dire Ramidat al ghanam che significa: “si sono bruciate le pecore”; oppure Ra’at fii Arramdaa: “erano pascolo in una terra torrida”.
Per introdurre brevemente la questione si fa presente che il calendario islamico è basato sul ciclo lunare sinodico (29,53 giorni siderali circa) ed ogni inizio mese, ricorrenza, festività cade in un periodo diverso ogni anno (solare), essendo i due periodi annuali di diversa durata: l’anno lunare è circa 11 giorni inferiore (12 quando l’anno è bisestile, mediamente 10 giorni e 21 ore) rispetto a quello solare (su cui si basa il calendario gregoriano occidentale), per cui ogni festività ad esempio, cade ogni anno 10 o 11 giorni prima rispetto l’anno precedente. Il ciclo si chiude in circa 33 anni, per far coincidere nuovamente l’inizio dei dei periodi.
Ramadān, secondo la tradizione, è uno dei mesi benedetti per i musulmani; è il mese dell’astensione e della purificazione, durante il quale oltre a praticare il digiuno alimentare, (cibo, bevande e acqua compresa), il digiuno sessuale e quello spirituale dall’alba al tramonto, si intensifica anche l’attività di preghiera, con la lettura intera del Corano, con una preghiera particolare in moschea (tarāwīh), con il ritiro spirituale in moschea (I’tikaf), con la meditazione, con la carità zakāt ul-Fitr.
Il digiuno di Ramadān inizia il primo giorno dell’omonimo mese che, come tutti i giorni del calendario islamico, comincia al tramonto e si continua normalmente a mangiare e bere, si fa la preghiera del maghrib (tramonto) e, generalmente, dopo quella successiva dell’ʿIshā‘, (ma a volte si inizia anche tra le due con la salah al-witr) si fa tarāwīh, che è una preghiera straordinaria aggiuntiva che si svolge durante questo mese benedetto.
Prima della salah al-fajr, che a seconda della scuole, ma generalmente avviene sempre prima dell’alba civile, si fa suhūr, l’ultimo pasto per affrontare la giornata e poi si prega al fajr. Per tutta la durata dell’arco diurno fino al tramonto non si mangia nulla, non si beve nulla, non si hanno rapporti sessuali, si adotta un comportamento autocontrollato e ci si immerge nella spiritualità.
Al tramonto, all’ora della preghiera del maghrib si rompe il digiuno (Iftār) preferibilmente stando attenti a ciò che si mangia, iniziando con poco uno o due datteri e acqua, si fa la salah al-maghrib e si mangia all‘Iftār, il pasto della rottura del digiuno e via di seguito così per un mese lunare; si conclude con l’inizio del successivo mese islamico di Shawwāl, (anch’esso determinato tramite l’avvistamento della crescenza della nuova luna), nel quale si celebra la festa della rottura del digiuno, chiamata ‘Aīd (u)l-Fitr.
Il digiuno del mese di Ramadan celebra la ricorrenza della rivelazione dei primi versetti (Corano Al-‘Alaq 96,1-5) di quello poi sarà il Corano (Qur’an – lettura, recitazione, primo significato: raduno, riunione (Ibn ‘Arabī)) al profeta Muhammad.
“Leggi! In nome del tuo Signore che ha creato,
ha creato l’uomo da un’aderenza.
Leggi, ché il tuo Signore è il Generosissimo,
Colui Che ha insegnato mediante il calamo,
che ha insegnato all’uomo quello che non sapeva”
(Corano meccano Al-‘Alaq 96,1-5 trad. H. Piccardo)
In particolare la tradizione ritiene probabile che la discesa rivelata dei primi versetti nei tre giorni avvenga a cavallo della cosiddetta “notte del destino” (“laylatu al-Qadr” – che tradizionalmente si colloca nella notte fra il 26 e il 27 di Ramadān, tenendo conto che il giorno islamico inizia al tramonto, ma che, in realtà andrebbe ricercata all’interno delle ultime 10 notti dispari del mese: 21, 23, 25, 27, 29 di Ramadān). La rivelazione sarebbe avvenuta in una grotta denominata grotta di Hirāʾ sul monte Jabal An-Nūr, vicino Mecca, nella regione dell’Hijāz.
C’è disaccordo fra le varie scuole sulla data di celebrazione della laylatu al-Qadr, dalla prima decade, alla metà del mese, alle ultime dieci notti secondo la maggioranza, Ibn ‘Arabī (1165-1240 d.C.) stesso, ammette che, pur essendo commemorata a maggioranza il 27 di Ramadān, la notte del destino può essere collocata in ogni altro mese, come affermò anche Ahmad ibn Hanbal (780-855 d.C.).
“Il Ramadān è il mese in cui è stato rivelato il Corano come guida per gli uomini (lilnnāsi), prove chiare di giuda (l-hudā) e di discernimento (wal-fur’qāni). Quando/Chiunque (faman) vedete/veda/sia testimone (shahida minkumu) il mese (l-shahra), dovrebbe digiunare in esso (falyaSum’hu) e chi è malato o in viaggio digiunerà in seguito per altrettanti giorni (min ayyāmin ukhara). Dio vuole l’agio per voi, non vuole il disagio per voi e vuole che portiate a termine il numero dei giorni e rendiate gloria a Dio che vi ha guidato, affinché Gli siate riconoscenti”
(Corano medinese al-Baqarah, 2,185)
“Invero, lo abbiamo fatto scendere nella Notte del Destino.
E chi potrà farti comprendere cos’è la notte del Destino?
La Notte del Destino è migliore di mille mesi.
In essa discendono gli angeli e lo Spirito, con il permesso del loro Signore, per (fissare) ogni decreto.
E’ pace, fino al levarsi dell’alba”
(Corano meccano Al-Qadr 97,1-5 trad. H. Piccardo)
Da notare che in quest’ultimo più antico versetto meccano si colloca la prima rivelazione nella notte del destino (laylatu (a)l-Qadr), mentre nel più tardo versetto medinese si parla genericamente di Ramadān, fissando tradizionalmente il digiuno per l’intero mese. Il fatto che vi sia incertezza sulla datazione della laylatu al-Qadr suggerisce una retrodatazione presunta già all’epoca medinese.
Un famoso hadīth recita, riportando le parole del Profeta Muhammad:
«Iddio Potente e Glorioso ha detto: “Ogni azione del figlio di Adamo gli appartiene, eccetto il digiuno, che appartiene a Me, ed Io ne dò ricompensa; il digiuno è un’armatura, e quando sia giorno di digiuno per uno di voi, non nutra propositi osceni né vociferi, e se qualcuno lo ingiuria o lo combatte, dica: ‘Sto digiunando’; e per Colui nella Cui Mano è l’anima di Muhammad, l’alito cattivo che promana dalla bocca di colui che sta digiunando è migliore davanti a Dio del profumo del muschio. Chi digiuna ha due motivi di cui rallegrarsi: si rallegra quando lo rompe, e si rallegrerà del digiuno fatto quando incontrerà il suo Signore» (Riyād al-Sālihīn, Il Giardino dei devoti, Detti e fatti del Profeta di an-Nawawī, IX, 38)
Ragionando, però sul piano puramente coranico, sebbene, il versetto medinese (2,185) sia genericamente spesso tradotto con “quando vedete la luna nuova digiunate per l’intero mese“, in realtà, non sarebbe la traduzione corretta, in quanto, prima di tutto non si fa menzione dell’avvistamento della crescenza lunare dopo la luna nuova, (certo può essere implicita la cosa, ma non è la traduzione corretta), inoltre, in arabo, non è specificato “digiuni per l’intero mese“, ma bensì: “digiuni in esso”. A livello coranico, quindi, ciò che emerge è che il digiuno prescritto nel Libro dovrebbe esser fatto dal musulmano all’intero del mese sancito dalla testimonianza di chiunque ne sia testimone dell’inizio di Ramadān.
Dall’esegesi di questo versetto emergono alcune considerazioni:
- D’obbligo il condizionale in merito all’obbligatorietà (quasi un’esortazione in questo versetto, in (2,183) invece troviamo il verbo kutiba traducibile con scritto/prescritto/decretato/ordinato/registrato)
- Chiunque può testimoniare l’inizio del mese
- Il digiuno è prescritto all’interno del mese di Ramadān
Il versetto (2,184) fissa genericamente il digiuno “per giorni contati/per un dato numero di giorni” (ayyāman ma’dūdātin), non specifica assolutamente “tutto il mese”. Nonostante ciò, con tutta probabilità, sin dai tempi del Profeta, i musulmani hanno sempre digiunato per l’intero mese.
Il giorno di ‘Āshūrā’, quindi, è stato con tutta probabilità, il primo (e unico, allora) giorno di digiuno obbligatorio per la neo-comunità islamica a Medina, mentre il Profeta continuava un digiuno di circa 3 giorni al mese volontario e personale. Questo sicuramente prima della rivelazione sūrah al-Baqarah (2,183).
In seguito, il digiuno venne allargato anche ad altri giorni, ma rimase facoltativo e non necessariamente della durata di un mese, ma probabilmente si trattava di qualche giorno solo all’interno degli ultimi dieci giorni di Ramadān, chi voleva digiunava, chi non voleva pagava una fidyah, (mora, ammenda), che consisteva nello sfamare un povero.
Successivamente, probabilmente già dopo la morte del Profeta, il digiuno dell’intero mese di Ramadān diventò gradualmente obbligatorio, con l’esonero dei malati e dei viaggiatori, ai quali era concesso di non farlo, a patto che recuperassero i giorni mancanti.
E’ palese constatare che quello che in seguito è diventato il digiuno dell’intero nono mese, agli inizi era necessariamente legato al ritiro ascetico nella grotta di Gira, prima e successivamente al ritiro in moschea che univa la commemorazione alla ricerca spirituale. Quindi, probabilmente sawm, i’tikàf,e erano tutt’uno in un periodo ristretto a qualche giorno.
La tradizione vuole che il digiuno di Ramadān sia stato stabilito nel mese di Sha’bān del secondo anno dell’Egira (quindi il primo Ramadān digiunatorio sarebbe avvenuto circa il 26 febbraio 624 d.C.), a seguito delle rivelazioni medinesi. Il periodo climatico, comunque non sarebbe però, lo stesso di quello del periodo della rivelazione, né quello che dell’originarietà etimologica del mese di Ramadān. Quest’anno (624) segna una svolta nella comunità islamica nascente, determinando l’indipendenza dei propri riti da quelli delle comunità monoteistiche abramitiche precedenti: il cambio di direzione della preghiera (da Gerusalemme alla Ka’aba), le modalità di esecuzione del pellegrinaggio, il collegamento storcio della Ka’aba con la tradizione abramitica e, naturalmente, il passaggio dal digiuno del giorno di ‘Ashūrā’ al digiuno del mese di Ramadān.
Da www.islamitalia.it