DADONE, Olga Alba
Olga Alba Dadone (di Giorgio Giacomo Dadone e Anna Marcella Sacerdote / Genova, 1 dicembre 1931 / ?).
Olga Alba Dadone nacque a Genova il 1 dicembre 1931, figlia di Giorgio Giacomo Dadone, impiegato, rappresentante di commercio e di Anna Marcella Sacerdote, casalinga. Secondogenita, dopo il fratello Enrico Davide Dadone, nato l’8 agosto 1920, sempre a Genova. Il 3 febbraio 1943 la famiglia Dadone – appartenente alla Comunità Ebraica Genovese – sfollò dal capoluogo ligure, trovò ospitalità a Serravalle e prese casa in Via Abbazia. Passarono i mesi e dopo l’Armistizio anche Serravalle venne occupata in forze dalle truppe tedesche.
Tra i residenti della piccola via nel cuore del centro storico dove vivevano i Dadone vi era anche anche una dipendente del Comune, Caterina Cartasegna Bruni, detta “Rina”. La cui casa era poco distante da quella degli sfollati liguri. Un giorno arrivò in Municipio un drappello di nazisti, soldati delle SS, che portavano con se con una lista di nominativi. “Rina” che si trovava al lavoro, coraggiosamente riuscì a leggerne il contenuto e comprese subito che i Dadone erano in pericolo. Pochi i dubbi sulle reali intenzioni dei soldati germanici. Incurante dei rischi per la propria persona, Caterina terminato il suo orario di servizio, corse ad avvisare la famiglia genovese del rischio mortale incombente. I Dadone così fuggirono senza indugiare e per loro fu la salvezza. Si rifugiarono temporaneamente fuori dal paese, accolti in un cascinale nella campagna tra Serravalle ed Arquata Scrivia, in località Picareto, riuscendo poi a fare perdere le proprie tracce. Il 23 marzo 1944, la madre, Anna Marcella Sacerdote, venne cancellata dai registri degli sfollati del Comune di Serravalle con la motivazione “assente al censimento”.
La famiglia Dadone proveniva da Genova, città dove la comunità ebraica era numerosa, come narra il sito dell’Unione delle Comunità Ebraiche (www.ucei.it): «…dopo la prima guerra mondiale, giunse a superare le duemila unità ed appariva chiaramente inserita nel contesto sociale ed economico della città… L’inaugurazione della nuova Sinagoga, nel 1935, con una solenne cerimonia svoltasi alla presenza delle autorità cittadine, parve essere emblema di un più forte legame, in grado di rappresentare al tempo stesso il punto di riferimento per tutti gli ebrei di Genova e il segno concreto di una significativa presenza nel contesto cittadino. Sembrava l’inizio di un’epoca brillante, era invece la vigilia del periodo più tragico… Nel 1938 le leggi razziali… determinano… un drammatico risveglio per gli ebrei italiani. La situazione a Genova è ancor più complessa; nuovamente, come quattro secoli prima, il capoluogo ligure diviene meta, a partire dagli anni ’30 e fino all’ autunno del ’43, di un intenso flusso di profughi, questa volta dalla Germania e dall’Europa centrale, in fuga dal regime nazista e alla disperata ricerca di qualche meta di salvezza. Trovano ad accoglierli i volontari della Delasem, la società di soccorso per i profughi ebrei… dell’Unione delle Comunità israelitiche italiane… Con l’8 settembre del ’43, e la susseguente occupazione tedesca, la situazione precipita; gli arresti e le deportazioni degli ebrei di Genova hanno inizio ai primi di novembre del ’43, quando le SS fanno irruzione nella Sinagoga e costringono il custode a consegnare l’anagrafe con gli iscritti alla comunità; un primo gruppo di ebrei viene quindi catturato in sinagoga con un tranello, il giorno seguente viene arrestato il Rabbino Riccardo Pacifici, molti altri lo seguirono nella tragica sorte. L’ aiuto coraggioso di alcuni cittadini, l’intervento concreto ed autorevole della Curia genovese… con la collaborazione di Don Repetto e di altri sacerdoti, in coordinamento con quel personaggio straordinario che fu Massimo Teglio – “la primula rossa“ – contribuirono ad assicurare la salvezza e ad alleviare le sofferenze di molte famiglie… Non mancarono tuttavia spregevoli episodi di delazione che segnarono la tragica sorte di altri ebrei. Alla fine dei tragici eventi si contarono 261 ebrei deportati, ne tornarono 20. In queste scarne cifre si sintetizza l’esito in vite umane della Shoà in Liguria...». Nell’immagine in alto, tratta dal sito www.mentelocale.it, l’interno della Sinagoga di Genova.
A guerra finita, nell’ottobre 1945, la famiglia Dadone ritornò a vivere a Serravalle, in quel piccolo paese che non li tradì. Tuttavia nel 1946 i Dadone fecero richiesta di nulla osta per ottenere il passaporto valido per l’espatrio in Svizzera, Francia, Spagna, Regno Unito, Cuba, Brasile e Stati Uniti d’America. Si può quindi immaginare che intendessero lasciare l’Italia. Restarono a Serravalle sino al febbraio 1954, quando si trasferirono a Busalla (Ge). Nello stesso periodo Enrico Davide Dadone espatriò nel Regno Unito.
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