Il Lago Scuro
Da non confondersi con una località voltaggina, triste regno di una leggenda che vede protagonisti due innamorati infelici, nei pressi di Montespineto vi è una stretta valle interamente ricoperta da un fitto bosco localmente chiamato Lago Scuro. Nessun lago dunque, poiché il nome pare derivi dal toponimo latino “Locus obscurum” (Luogo Oscuro). Tra il 1700 ed il 1800 questa zona selvaggia era un sicuro rifugio della banda di Maino della Spinetta ed ancor oggi, penetrando nel bosco, è possibile osservare nell’arenaria ampi ripari un tempo abitati dai banditi. Per i ragazzi più arditi è sempre stata oggetto di perlustrazioni galeotte, lontano dagli occhi dei genitori, perché era facile perdere l’orientamento, smarrendosi. Marco de Brevi è stato “illo tempore” uno dei temerari. Ecco il suo racconto.
AI MIEI TEMPI
A caccia di gamberi nel Lago Scuro
“Si stava meglio quando si stava peggio” era una frase che gli anziani pronunciavano in ogni occasione, soprattutto se il treno che stavano aspettando era in ritardo o quando il postino metteva nella cassetta delle lettere delle bollette in scadenza. Sembrava che si rifiutassero di ammettere che durante il ventennio dai rubinetti di casa non scendeva né l’olio né il vino , spesso mancava anche l’acqua, dagli ugelli delle fontane non zampillava il latte e tanto meno il miele e nelle fabbriche sui muri i padroni avevano scritto a lettere cubitali che era bene lavorare duro, secco, sodo e possibilmente in silenzio.
Avevano anche dimenticato che anche in quegli anni tanto felici, nonostante fossero poco più che ventenni, i dolori alle gambe si facevano sentire ed erano sempre la conseguenza dall’ acido lattico accumulato con i chilometri percorsi in bicicletta per raggiungere le cascine della periferia alla ricerca di un po’di farina o per andare in pellegrinaggio a piedi al Santuario della Guardia per chiedere alla Madonna di deviare le pallottole destinate ai figli e poi dovrebbero anche ammettere che quelli erano dolori che si facevano sentire solo la sera prima di coricarsi e che sparivano dopo una dormita, mentre “i moderni” erano sempre presenti e si annunciavano già la mattina appena svegli e non erano certo la conseguenza di una legge approvata da un governo di centro sinistra ma soltanto degli anni che si erano ammucchiati sulle loro spalle. Oggi qualcuno insiste ancora col dire “ai miei tempi”… beh io posso testimoniare che ai miei di tempi noi, figli di operai, quando arrivava il Natale avevamo dovuto imparare ad accontentaci. Il nostro Babbo Natale ci lasciava sotto l’albero un maglioncino nuovo, dei calzettoni di lana e un giocattolino che quasi sempre non era nemmeno parente di quello che avevamo visto nella vetrina di “Rosinetta” in via Girardengo. Io che abitavo vicino ad un bambino il cui padre era un impiegato dell’Ufficio delle Imposte e la mamma faceva la segretaria alla Pernigotti, provavo a non invidiare il suo carro-armato con i cingoli di gomma con la mitragliatrice che mentre avanzava sparava con tanto di scintille e la novità appena arrivata dall’America, il View Master che permetteva di vedere le foto degli animali feroci in 3D. Papà che non amava le americanate, diceva che l’avevano copiato dal nostro stereoscopio di legno che i bambini di Pola avevano già quando c’era ancora Francesco Giuseppe! Avevo finito già il terzo anno delle superiori quando durante le vacanze estive, in sella alla mia Legnano rossa arrivata come premio per i bei voti presi all’esame di terza media, raggiungevo la a casa del mio amico Eugenio che abitava sulla strada per Monte Spineto in una casetta sita dopo prime due curve della salita alla sinistra della chiesetta di San Michele. Non avendo la possibilità andare a Rimini o a Cervinia, trascorrevamo i nostri pomeriggi a raccontarci balle seduti sul piazzale del Santuario o a cercar funghi, ahimè senza mai trovarne, nei boschetti di castagni che lo circondavano. Quando decidevamo di concederci una trasferta, lui inforcava la sua bicicletta e pedalavamo di gran carriera sino a Costa Santo Stefano di Bosio sperando di trovare l’amico Dino e di far merenda a casa sua con una fetta dell’ottima focaccia dolce che sfornava sua mamma accompagnata da un buon bicchiere di moscato, di quello pigiato in cantina da suo papà con l’uva delle sue vigne. Normalmente i bicchieri diventavano due o tre ma, non avremmo certo trovato alcun problema per arrivare a casa, la strada al ritorno era tutta in discesa! Quell’anno avevamo deciso di accettare la proposta del nostro amico Gianni, era il figlio di un capostazione tanto amante dello sci che quando era un ragazzo anche in estate continuava a coltivare il suo sport preferito sulle piste del Plateau Rosà. Dopo che si era sposato aveva iniziato a trascorrere le ferie estive con moglie e figlio sotto una tenda montata in un Camping della Valle Tournanche a pochi metri dal Cervino. Gianni aveva lanciato un idea veramente favolosa, suo padre gli aveva permesso di prendere tenda per permetterci di trascorrere una settimana in un posticino che lui conosceva bene ed era dietro Monte Spineto. Avremmo potuto di notte andare per gamberi nel Rio del Lago Scuro e lui diceva di conoscere quei posti come le sue tasche ma… era risaputo che era un contaballe, io però mi fidavo di Eugenio che era nato da quelle parti ed accompagnava suo padre a caccia quando cercava le lepri proprio in quei campi. Le discussioni sui preparativi erano durate almeno tutta una settimana, eravamo in cinque e dovevamo provvedere da soli al cibo, tenendo presente che le confezioni sottovuoto non si trovavano ancora e non avremmo avuto a disposizione nemmeno una ghiacciaia, ed alle bevande anche se Gianni spergiurava che avremmo trovato delle sorgenti favolose che offrivano acqua sopraffina a volontà. Quando aveva accennato alla cosa, Eugenio aveva scosso la testa ed aveva consigliato di portare acqua minerale e tanta lattine di Coca Cola. Io ed lui, che eravamo gli anziani del gruppo, dovevamo anche ricordare di farci la scorta di sigarette e fiammiferi in quanto, se fossimo rimasti senza, non avremmo potuto approfittare del pacchetto di papà. Io , da ragazzo previdente e forse un po’ scroccone, ho sempre fumato le Nazionali Esportazioni Super che normalmente fumavano anche papà e la mamma. Avevamo accumulato un tal volume di scatolette, di cacciatorini, di uova e di latte in polvere che probabilmente Compagnoni con tutto quel ben di Dio, sarebbe riuscito ad organizzare una puntatina sull’Everest accompagnato da una dozzina di Sherpa. Naturalmente tutti avevamo contribuito alla spesa e… dando fondo ai risparmi di un anno fatto di “rinunce” ciascuno di noi aveva anche acquistato da Campastro un coltello da caccia. Non dovevamo andare a montare la tenda nel Serengheti ma qualcuno del bar di Gigi, dove generalmente ci riunivamo nel dopocena, aveva accennato all’esistenza in quelle valli di Volpi fameliche e di pericolosi cinghiali. Erano i primi che avevano fatto capolino dalle nostre parti, ma a scuola ci avevano insegnato che in Italia lupi e cinghiali vivevano solo in certe zone della Sila, del Gran Sasso e nel Gennargentu. Per fortuna quella brava persona del papà di Gianni si era prestato a caricare tenda e zaini con le provviste sulla sua macchina e andare a scaricare il tutto nel posto che avevamo scelto, aveva fatto più viaggi in quanto, per non farci stancare, aveva portato laggiù anche noi! Di quella settimana in tenda ricordo principalmente la scomodità derivante dall’ essere obbligati a sdraiarsi su dei materassini del tipo spiaggia che era impossibile gonfiare in modo che ci facesse stare comodi anche solo per un’ora, quando avrebbero dovuto farci sentire tali per tutta la notte. Ma… per merito delle risate che scaturivano spontanee da un non nulla, forse erano il frutto dalla paura che ci faceva sobbalzare ad ogni rumore sospetto, di dormire non se ne parlava proprio. La spedizione organizzata pe la caccia ai gamberi di fiume era riuscita con successo.
Al buio nel fitto bosco che sembrava una Jungla, lungo il Rio Torto, al lume di due lampade ad acetilene, con tanto di avanguardia e di retroguardia armata di coltello pronta ad intervenire nel caso di attacco improvviso di bestie feroci, di gamberi ne avevamo messi parecchi nei secchielli. Qualcuno, come per farci coraggio e non farci pensare alle terribili insidie del bosco, aveva iniziato a raccontare che stavamo passando proprio davanti alle grotte di Mayno della Spinetta e ne parlava come se fosse là dentro ancora vivo, pronto ad assalirci per derubarci di…non si sa cosa, visto che il più ricco di noi forse aveva in tasca ben mille lire! Comunque la spedizione era finita bene, incidenti nessuno, i banditi si erano fatti vivi solo nei racconti solo nei racconti e le bestie feroci avevano pensato bene di non tormentarci. Naturalmente l’incombenza di cucinare per tutti l’avevo presa io ed per il mezzogiorno successivo la battuta di caccia avevo preparato gamberi in salsa rosa! Purtroppo la settimana doveva finire già di Giovedì, eravamo a fine agosto, aveva cominciato a piovere e la tenda anzianotta diciamo che non nascondeva qualche buchetto di troppo. Si era alzata anche la…nebbia costringendoci a trovar riparo e un poco di tepore in un fienile dove avevamo provato a scaldarci stando vicini il più possibile e infilandoci per benino sotto il fieno. Il previdente papà di Gianni, dando ascolto alla sua esperienza di esperto campeggiatore, era venuto a prelevaci. Ricordo che la mamma appena mi aveva visto entrare in casa mi aveva subito chiesto per quale motivo avevo infilato un maglione tanto pesante e non si spiegava come avessi fatto a riempirlo i quel modo di rametti e di quelle palline che si attaccavano ai peli della lana e che per staccarle rappresentava un vero problema. Probabilmente dovevo avere l’aspetto del fante reduce dalla campagna di Russia. E’ stata un’esperienza bellissima, potrei a distanza di sessanta anni descrivere ora per ora tutte le giornate trascorse all’aria aperta liberi dai controlli dei genitori ma, la fine poco esaltante mi ha consigliato di trascorrere le ferie sempre in un albergo o tuttalpiù in una economicissima pensioncina senza pretese. Diciamo che anche roulotte e camper non mi danno fiducia, dormire in scatola e magari con la scacciacani sotto il cuscino non è proprio cosa fatta per me.
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