Lino Dazzi
di Marco De Brevi
Dopo aver letto una sua biografia, ho ritenuto che quelle poche righe fossero insufficienti per riuscire a spiegare esaurientemente chi è e chi è stato Lino. Non posso e soprattutto non voglio essere considerato il suo biografo, non lo conosco abbastanza a fondo e poi non ne ho nemmeno le capacità; mi limito solo a raccontare un piccolo episodio che ci ha visti protagonisti e qualche riflessione scaturita da una frequentazione saltuaria ed alquanto occasionale. Prima di iniziare sento di dover fare una piccola precisazione, nello scrivere non ricorrerò alla fantasia. Chi è diventato serravallese da poco tempo, potrebbe anche essere un curioso desideroso di sapere chi è quel signore anziano che, ad ogni ora del giorno e qualche volta persino anche della Domenica, sosta continuamente davanti a quell’edicola in cui, oltre ai giornali, si vendono le schede telefoniche e i fazzoletti di carta, si possono fare scommesse sulle corse dei cavalli e persino giocare al totocalcio o al lotto. E’ doveroso che costoro sappiano che quel tipo strano, oltre ad essere il titolare della rivendita dei giornali, è stato ed è ancora un esponente di rilievo della comunità di Serravalle. Oggi lo si può annoverare senza tema di smentite tra quei personaggi che hanno fatto la storia di un paese che sta modificando la propria fisionomia forse un po’ troppo velocemente.
Molte sono le persone che possono garantire che è stato eletto più volte assessore e che ha ricoperto la carica di vicesindaco, nonostante avesse avuto il coraggio di presentarsi come candidato in liste sostenute da partiti ogni volta diversi; tutti i Serravallesi possono affermare di averlo conosciuto anche come Sindaco e più di una generazione lo può ricordare come commerciante.
Quando appena arrivato a Serravalle la mamma mi mandava a ritirare maglie e maglioni in lavanderia, lui quasi sempre stava dietro il bancone ad imbustare giacche e camicie lavate a secco o dietro la cassa a ricevere soldi e compilare ricevute. Avevo intuito subito che lui era il titolare e che la signora bionda, molto carina e sempre sorridente, doveva essere sicuramente sua moglie. La lavanderia era quella sul lato sinistro di via Papa Giovanni XXIII, tra la Cassa di Risparmio e il supermercato VeGè. Il Supermercato VeGè, penso che sia stato il primo ad essere inaugurato a Serravalle, aveva meritato un successo inaspettato per cui, in breve tempo si era ritrovato ad essere troppo piccolo per accontentare tutti i clienti. Per ovviare all’inconveniente aveva deciso di traslocare ed aveva trasferito i suoi scaffali negli spazi che erano stati per anni occupati da una sala da ballo che avevano chiamato sala“Ambra”. Prima che le nuove discoteche la dichiarassero obsoleta, era stata il locale dove si andavano ad esibire i “ballerini e le ballerine”di tutto il Basso Piemonte e della periferia di Genova. Nei tempi d’oro era riuscita persino a vincere il confronto con la “Sala Italia” di Novi
Al posto del VeGè era nata la pasticceria “Delizia” che con l’aiuto di una moderna macchina per il caffè espresso, si era trasformata nel Bar più elegante del paese. Piero di Ser Peter quando mi parlava del suo amico fraterno Dazzi, lo descriveva come uno dei pochi negozianti della città che potevano vantare una mentalità da manager del commercio e non certo da bottegaio di paese. Piero aveva perfettamente ragione.
Nonostanteche la quantità dei prodotti che aveva posto in vendita nella tabaccheria fosse esageratamente consistente al pari della nutrita varietà, aveva fatto installare anche due macchinette mangia soldi ed una per il caffè. Riusciva a dare a tutto la giusta collocazione e sapeva bene come sfruttare al meglio anche gli angolini più reconditi che potevano offrirgli le due camere del negozio. Nelle due vetrine di quello che avrebbe dovuto essere semplicemente una rivendita di sigarette, di sale e valori bollati, esponeva, quasi sempre in modo ordinato, gli articoli da richiamo che sceglieva ad arte dopo aver verificato con meticolosità sul calendario quale fosse la stagione in corso. Ricordando oggi come aveva organizzato quella bottega sempre gremita di clienti, è inevitabile che mi vengaspontanea questa riflessione, senza timore di esagerare: Lino lo si può tranquillamente considerare un autentico antesignano dei moderni Centri Commerciali, il suo negozio si poteva paragonare aduna piccola “Italia in miniatura” non dedicata ai monumenti ed alle opera d’arte ma al piccolo commercio.
Che non sto esagerando nel fare questa considerazione lo posso anche dimostrare facilmente riportando un esempio che proprio non si discosta minimamente dalla realtà; il giorno di Ferragosto in casa mia ci accorgemmo che mancava la cosa necessaria per la felice riuscita del nostro pic-nic a Monte Spineto. Non esitammo a fare un salto in Tabaccheria, sapendo che Lino avrebbe risolto tutti i nostri problemi.
Questo uomo sono certo che vada inserito di diritto nell’elenco dei tipi caratteristici di Serravalle, uno di quelli che purtroppo, col passar degli anni, si devono ritenere in via di estinzione. Tra le tantissime persone che lo conoscono, sono in molte a parlarne bene e lo dimostra il fatto che, nonostante i cambi di partito, ad ogni elezione aveva sempre raccolto un considerevole numero consensi e poi… non possiamo nasconderci che la volta in cui era stato eletto sindaco, la vittoria gli era arrivata dalle urne e non da un colpo di stato organizzato da una banda di suoi fans compensati con i proventi del suo commercio.
Se sono in molti a lodarlo, altrettanti lo criticano aspramente, forse questi ultimi gli invidiano quel suo morboso attaccamento al lavoro che lo obbliga, nonostante gli ottanta anni compiuti, ad alzarsi tutte le mattine di buon ora per correre a consegnare il quotidiano ai suoi fedeli habitué. Loro lo aspettano ansiosi per conoscere i suoi commenti sulle novità scaturite dall’ultimo consiglio comunale, lui sa sempre di chi sono state le proposte ed i suoi informatori gli riferiscono in anteprima chi le ha approvate e chi le ha respinte.
Gli invidiosi dovrebbero anche sempre tener presente che lui non distribuisce solo giornali ma deve consegnare anche le bombole di propano liquido a tutti gli immigrati che non si possono permettere di far fronte alle gravose bollette che arrivano dall’Agenzia del Gas oppure non si possono concedere il lusso di affittare un appartamento che usufruisce di un impianto a metano. Come potrebbero i cercatori di funghi affrontare i boschi senza impugnare uno dei suoi cestini? Constatando con quale slancio affronta il suo impegno quotidiano, viene spontaneo credere che dietro il lavoro di “giornalaio” si nasconda una vera e propria missione, un servizio indispensabile a cui la popolazione non può rinunciare. I cittadini di Serravalle oggi non possono far finta di ignorare che nel suo negozio si è sempre fatta della politica seria, si sono costruite le alleanze giuste che hanno amministrato il paese per anni e si sono raccolti e concretizzati tutti quei suggerimenti che hanno reso la città sempre più vivibile. Abitiamo nello stesso rione e quasi tutte le mattine lo incontro, lui va a lavorare ed io, nonostante sia più giovane, mi devo accontentare di portare il cagnolino a far la pipì.
Non esiste una mattina che non trovi un nuovo appiglio per lanciare anatemi contro l’amministratore di turno, quello che in quel momento, per motivi suoi, gli è antipatico, come sempre pone fine alle sue aspre critiche ripetendo la solita frase:
-Alle prossime elezioni, noi due dobbiamo fare di nuovo una lista! E, se ci infiliamo dentro le persone giuste, questa volta vinciamo sicuramente, credimi!
Non credo che abbia dimenticato i tristi risultati che avevamo ottenuto con quell’avventura che mi aveva coinvolto e che invece avrebbe dovuto dare come risultato la sua rielezione a Sindaco. Nonostante fossimo affiatati e sicuri di riuscire ad surclassare gli avversari, le sue previsioni, fatte in base al numero di elettori che gli avevano promesso il voto, ci davano netti vincitori,era arrivata una sconfitta da Forche Caudine. Ridendo, forse ricordando i tempi che lo avevano visto vincere nonostante fosse sempre costretto a combattere contro i mulini a vento, sale su una Panda che probabilmente è un fondo di magazzino trovato in un salone di un Concessionario amico suo che era fallito negli anni ottanta. La nostra era stata un’autentica avventura,a me aveva affidato tutta la parte burocratica ed io, valutando la sua esperienza, ingenuamente avevo accettato l’incarico senza fare riserve. Lui si era riservato il finanziamento della campagna elettorale e la raccolta dei consensi, confidava ancora nel suo vecchio e nutrito“portafoglio clienti”
Per me erano cominciati i problemi e le difficoltà,mai più avrei supposto di dover affrontare una burocrazia di tal portata. Erano decine i fogli da compilare, ed erano centinaia le firme da raccogliere e da far autenticare ed erano tutte corredate da questionari da compilare, non ricordo nemmeno più in quante copie avevo dovuto preparare l’elenco dei candidati e naturalmente lo avevo corredato della foto e delle descrizioni anagrafiche. Ero stato obbligato ad improvvisarmi “grafico”per inventare un Logo,un simbolo originale a colori che doveva essere stampato sulla scheda elettorale. Tutto il malloppo dei documenti, una volta pronto, lo dovevo consegnare, in un giorno ben preciso, all’ufficio elettorale e la consegna comportava l’obbligo di arrivare per primo a portare a termine l’operazione. Secondo Lino era necessario arrivare per primi, era importante che il logo andasse ad occupare il primo posto sulla scheda elettorale, era quello in alto a sinistra. Era quella la posizione che lo faceva notare meglio e, a detta di coloro che vantavano una esperienza maggiore della mia, che proprio non ne avevo, era un espediente che faceva raccogliere qualche voto in più. In quella tornata elettorale lo scopo primario di Lino non era quello di ritornare a sedere sulla poltrona di sindaco ma,col pretesto della necessità portare una ventata di gioventù tra gli amministratori era stato escluso dalla lista che lo aveva voluto Sindaco.
Si sentiva obbligato a rompere le scatole a chi lo aveva escluso ed il modo giusto era quello di creare la confusione necessaria per far perdere voti a chi non lo aveva voluto.
Pensandoci bene la nostra lista comprendeva degli autentici proletari, due o tre commesse, un imbianchino, un nulla facente, che forse era in pensione e quando decideva di elencare le sue capacità, qualche parola non in calabrese riusciva persino a tirarla fuori. Ad alzare il livello “culturale” ci avevano pensato un medico ed uno strano tipo che aveva assicurato a Lino, in cambio della sua nomina a vice sindaco, l’appoggio di un ministro importante amico suo e quell’opportunità, senz’ombra di dubbio, avrebbe determinato la nostra vittoria. Per presentare i candidati, scimmiottando le campagne elettorali a favore dei Presidenti USA, Lino si era fatto convincere ad organizzare uno show in Villa Caffarena. Per attrarre un buon numero di persone era necessaria la presenza di un divo o del cinema o della televisione e lui si sarebbe incaricato di parlare bene di noi. Per chiudere la serata in bellezza l’Ospite d’Onore sarebbe rimasto con noi in una mega cena definita di“ beneficienza” che, se ben organizzata, avrebbe contribuito a finanziare la Campagna elettorale, purtroppo nessuno aveva pensato quale sarebbe stato il modo per raggranellare dei soldi. Lino fino a quel momento aveva fatto fronte a tutte le spese della Campagna Elettorale senza battere ciglio ma aveva subodorato qualche inghippo, infatti durante la cena aveva voluto che noi due, adducendo come giustificazione che avevamo già cenato e che dovevamo seguire una dieta, non ci sedessimo a tavola ma che ce ne stessimo in disparte a sorseggiare un caffè. Eravamo rimasti tutto il tempo ad osservare chi si abbuffava, curiosi di sapere a chi il cameriere avrebbe poi presentato il conto, non l’avrebbe certo consegnato a noi due che non facevamo parte della tavolata. Non ho mai saputo chi avesse in seguito pagato il Cachet a Jerry Calà e il conto al ristorante. Non lo credo proprio che ci avesse pensato Lino, in fondo non era stato lui ad organizzare quella serata e forse aveva dovuto farne le spese uno dei candidati che si era fatto convincere da quel tale ad occuparsi dell’evento. Naturalmente i 400 voti che aveva scongiurato fossero sicuri non erano arrivati per cui i sogni di gloria che qualcuno stava già pregustando erano svaniti nel nulla ed a me era rimasto solo il senso di vergogna di aver accettato di voltare le spalle a compagni ed a vecchi amici. Comunque l’ex Sindaco, consigliato dalla la sua proverbiale “generosità”, non so quante volte a me l’abbia promesso, naturalmente senza mai mantenere, di offrirmi una cena in un Ristorante Famoso, lui invece accetta e non manca di onorare la tavola di chi lo invita.
A suo favore posso dire che sicuramente è una persona simpatica un autentico compagnone che sa rallegrare chi siede a tavola con lui. Voglio ribadire ciò che ho detto all’inizio, Lino rimane uno degli ultimi esponenti di quella Serravalle che purtroppo sta sparendo e di cui lui per fortuna ne è ancora un degno testimone.
Se qualcuno lo vorrà andare ad intervistare non deve fare tante ricerche per trovarlo, è sempre davanti al negozio, quello in fondo al paese, poco distante dal cimitero che vende anche ceste ed oggetti in vimini, il mangime per gli animali e soprattutto i quotidiani!
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