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Serravalle (una poesia)

Un vento magro scende da Montespineto,
scompone l’ordine dei filari,
strappa il canto dei castagni e lo disperde
nel silenzio vuoto del torrente Scrivia.
Qui, il tempo non corre:
si piega, come il fumo d’un camino spento,
tra le case che s’affacciano, sorde,
a un presepe di luci malferme.

Libarna dorme sotto il peso delle pietre,
ossa di un tempo remoto
che parlano una lingua dimenticata.
Gli anfiteatri spezzati sono gusci vuoti,
ritmi infranti di un passato
che pure, di notte, sembra ancora fremere.
Ma l’erba lenta si riappropria di tutto,
riempiendo i vuoti,
stendendo veli verdi sopra le ferite.

Serravalle, i tuoi giorni sono scalzi,
strade strette che s’arrampicano
come domande senza risposta.
Dietro ogni curva, l’attesa di qualcosa
che non arriva mai,
se non nella quieta promessa
di un campanile lontano,
che batte l’ora e la disperde.

Montespineto, alta e silente,
custodisce segreti che neanche il vento osa svelare.
Serravalle, figlia e madre
di storie che non si raccontano più,
tu resisti, piegata ma mai spezzata,
mentre il fiume ti scorre accanto,
indifferente come il tempo.

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