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L’inaugurazione della Cementir di Arquata – 11 novembre 1959

La storia, non di rado, ama giocare con l’ironia. Succede anche nel caso dello stabilimento Cementier di Arquata, la cui demolizione è stata annunciata proprio nei giorni in cui ricorre il sessantacinquesimo anniversario della sua inaugurazione!

È una vicenda complessa e importante quella dell’industria cementiera, che interessa, nel bene e nel male, non solo la storia della comunità arquatese ma dell’intero Oltregiogo e in particolare della Val Lemme. Nel prossimo futuro Chieketè cercherà di ripercorrerla con precisione: qui vogliamo invece ricordare proprio l’inizio dell’attività dello stabilimento e i suoi primissimi anni di vita, nei quali si ritrovano, già presenti, tutti quei temi che segneranno i lunghi decenni di vita della Cementir.
Sfogliando le collezioni della stampa locale, I primi accenni al nuovo cementificio li troviamo su “La Gazzetta del Popolo” del  17 luglio 1957, che annuncia l’imminente avvio dei lavori per il nuovo stabilimento, “a preminente partecipazione statale”, e sul “Popolo Dertonino” del 25 luglio 1957, che pubblica la cronaca della cerimonia per la posa della prima pietra alla presenza di numerose autorità, tra le quali il Presidente della Cementir Giovanni Malquori:

“Il nuovo stabilimento – si legge sul giornale della diocesi di Tortona – occuperà un’area di circa 160.000 mq, di cui circa 15.000 coperti, ed avrà una potenza produttiva di circa 500 mila tonnellate annue di cemento. L ’occupazione operaia, a stabilimento avviato, sarà di circa 250 persone. La materia prima verrà prelevata dalla cava di Voltaggio, in località Lagoscuro[1].

Tutte le foto che compaiono in questo articolo sono di Gaio Bacci, e sono tratte dal volume “La cementeria di Arquata Scrivia”

Vale la pena rilevare che l’articolo si conclude con alcune righe piuttosto sorprendenti. Secondo il settimanale tortonese la materia prima

giungerà allo stabilimento attraverso una grandiosa teleferica avente una lunghezza di circa 9.500 metri, a sistema trifune e senza stazioni intermedie, che assicurerà una portata di circa 150 tonnellate orarie.

Un’idea suggestiva e fantasiosa, ma non se ne fa nulla: la materia prima arriva allo stabilimento attraverso la ferrovia, con la costruzione di un apposito binario collegato alla stazione attraverso un sottopasso stradale, e soprattutto su gomma.

Dalla tarda estate 1957 i lavori per la realizzazione del nuovo stabilimento procedono celermente, anche se non mancano i problemi e le polemiche.
Il problema più grave e tragico riguarda gli incidenti sul lavoro. Nei due anni necessari per la costruzione della Cementir sono almeno quattro gli incidenti mortali di cui ci è giunta notizia attraverso la stampa, e rappresentano con ogni probabilità solo la punta dell’iceberg di condizioni di lavoro difficili e pericolose. Un problema, quello della sicurezza, o meglio della mancata sicurezza sul lavoro, che attraversa tutta la storia del movimento operaio e giunge sino ai giorni nostri. Per questo ci pare doveroso riportare qui i nomi dei due caduti sul lavoro di cui conosciamo le generalità: Mario Guerra, di anni 32, e Ludaico Botaga, di anni 39[2].

Le polemiche che accompagnano l’apertura del nuovo stabilimento arrivano invece dal casalese, zona nota e importante a livello nazionale per la produzione di cemento.
Il casalese fu infatti una delle prime zone in Italia in cui si sviluppò l’industria cementiera. Fu Giuseppe Cerrano, nel 1876, ad aprire il primo opificio, e di lì in poi l’industria si sviluppò rapidamente sia a Casale che nei paesi limitrofi. Da quel momento la “zona di Casale Monferrato è stata per più di cento anni un importante distretto italiano per la produzione del cemento con oltre 70 luoghi di produzione, 20 società produttrici e 150 concessioni minerarie”.
Nonostante la tragedia dell’Eternit e del suo cemento-amianto, l’industria cementiera resta radicata nella memoria storica casalese per aver dato lavoro, per decenni, a migliaia di maestranze. Proprio negli anni in cui si avviava la costruzione della Cementir, tuttavia, il settore versava a Casale in una situazione di crisi, i cui simboli più evidente furono la chiusura dell’Italcementi nel 1958 e nel 1964 dello stabilimento Buzzi.

In questa situazione, l’apertura dello stabilimento di Arquata, realizzato tra l’altro con il concorso del capitale statale, suscita viva preoccupazione nel capoluogo monferrino perché viene interpretata come una prova ulteriore del ridimensionamento delle attività imprenditoriali, e quindi dell’occupazione, nel territorio casalese. Di ciò si fanno interpreti in particolari i periodici locali (“La Vita Casalese” e “Il Monferrato”) e, a livello parlamentare, il senatore Paolo Desana, che presenta un’interrogazione al governo. La polemica assume toni molto accesi, registrando anche, in particolare sul tema dell’industria a partecipazione pubblica, singolari cambi di posizionamento politico tra uomini dei partiti di governo e di opposizione, nonché una vivace dialettica tra le diverse anime della Democrazia cristiana.

Nel corso dei primi mesi del 1959 la costruzione dello stabilimento continua però a procedere celermente, e ad essa si affiancano altre iniziative con le quali la Cementir intende rimarcare compiutamente il suo impegno e la sua presenza ad Arquata Scrivia e nella zona.
Tra esse bisogna segnalare la realizzazione di 60 alloggi, destinati ai dipendenti, completati con una serie di servizi accessori che ne fanno un vero e proprio villaggio residenziale, sia pure di edilizia economica e realizzata in collaborazione con INA-casa:

Saranno anche costruiti impianti sportivi ed attrezzature ricreative e probabilmente anche un parco-giardino per bambini ed un asilo nido. Per l’ampliamento della strada d’accesso sarà ricoperto il rio Chiappino, con una spesa di oltre sei milioni di lire. […] La Cementir curerà la costruzione e sistemazione delle strade interne del villaggio[3].

All’inizio del mese di giugno 1959 la stampa locale annuncia l’entrata in funzione dei primi reparti del nuovo stabilimento. Dopo il reparto per la macinazione, inizia

a ruotare il gigantesco forno, vero cuore dello stabilimento: è lungo centosessantaquattro metri, con un diametro di metri tre e novantacinque ed un peso di circa milleottocento tonnellate. Nessun inconveniente è stato registrato alla sua messa in funzione. Per tutto lo stabilimento fervono i lavori che vanno avviandosi rapidamente al termine. Si prevede che l’inaugurazione dello enorme complesso possa avvenire prima del prossimo autunno[4].

In realtà occorreranno alcune settimane oltre i tempi previsti per vedere la Cementir in piena funzione, ma finalmente, a novembre, il nuovo cementificio è pronto per l’inaugurazione.

Martedì 11 novembre 1959, alle ore 11, ha inizio la cerimonia ufficiale alla presenza del Ministro delle Partecipazioni Statali Mario Ferrari Aggradi. Dopo i saluti di rito e la benedizione del rappresentante del Vescovo di Tortona, che chiede un momento di raccoglimento per coloro che hanno perso la vita nella costruzione dell’impianto, prende la parola il presidente della Cementir. Malquori inizia il suo intervento sottolineando “la rapidità della costruzione”, ma subito dopo non esita a rivolgere parole molto decise a coloro che hanno criticato e osteggiato la costruzione della fabbrica arquatese:

il nuovo stabilimento non creerà quel disagio che in molti ambienti si è rappresentato – dice il Presidente. È solo l’evoluzione tecnica che crea situazioni insostenibili in quei complessi che meno hanno saputo adeguarsi ai tempi in fatto di modernità e potenzialità d’impianti. [..] Se situazioni di disagio dovessero verificarsi nei | mercato, a soffrirne sarebbero i solo le aziende marginali ed antiquate, non certo i complessi nuovi ed efficienti come questo[5].

Prende poi la parola l’onorevole Aldo Fascetti, Presidente dell’IRI, e neppure lui evita i toni polemici:

La Cementir, azienda a preminente partecipazione statale, senza godere di alcun privilegio ma operando su un piano di parità con le aziende dell’iniziativa privata, stimola il mercato con una produzione eccellente a costi sempre più bassi. Il Successo della Cementir è il successo della tecnica e dell’organizzazione; se l’iniziativa privata non vuole essere battuta, non ha che da seguire la stessa strada della Cementir [6]

Parole con un destinatario preciso e facilmente individuabile: e infatti da Casale le critiche e le proteste non tarderanno a riprendere.
Terminati gli interventi di rito (ma non troppo, come si è visto…), inizia la visita all’impianto che sorge su “un’area di 160.000 metri quadrati” e produrrà, a regime, 500.000 tonnellate corrispondente al “4 per cento della produzione annua di cemento”[7].

Come annunciato, la nuova fabbrica dà lavoro a oltre 250 dipendenti, senza contare i nuovi posti di lavoro nell’indotto, dove spicca l’apertura di un moderno “Sacchificio” destinato esclusivamente alla produzione dei sacchi per la Cementir, e “il nuovo impulso e sviluppo anche per l’artigianato e l’industria locale di ogni genere: ristoranti e alberghi, trasporti, officine meccaniche, falegnamerie, eccetera”[8].

La nuova fabbrica arquatese si impegna da subito anche in una ampia serie di attività che vanno al di là dell’ambito del lavoro e della fabbrica, dando vita a una sorta di “sistema Cementr”.
Si è già detto della costruzione degli alloggi per i lavoratori, che rappresenta sicuramente la realizzazione più importante nel progetto di promozione dell’immagine dell’azienda e soprattutto di fidelizzazione dei dipendenti: nel febbraio 1960 vengono consegnati i primi 12 alloggi, e poi via via tutti gli altri.
La Cementir interviene anche nella sistemazione di diverse strade provinciali, e in particolare nella costruzione delle nuove circonvallazioni di Carrosio e Voltaggio per le quali si accolla la metà del costo totale[9]. Numerose anche le iniziative di carattere culturale, sportivo e ricreativo rivolte ai dipendenti e alla cittadinanza: viene aperta una biblioteca e un centro di Assistenza sociale all’interno della fabbrica; si avvia una colonia estiva per i figli dei dipendenti a Fara di Chiavari; vengono organizzate e finanziate diverse competizioni sportive, utilizzando anche i nuovi campi da bocce e il piccolo campo da calcio annessi al villaggio per i dipendenti.
Da segnalare anche il tentativo di dar vita a una propria collana editoriale, esperimento interessante anche se di corto respiro. In particolare, nel corso del 1960 vengono pubblicati due volumi editorialmente assai ricercati.

La prima pubblicazione, La cementeria di Arquata Scrivia[10] è una iniziativa promozionale ma molto attenta alla qualità dei contenuti proposti. Il volume, di grandi dimensioni, è composto da un saggio di Silvano Giannelli, critico d’arte, giornalista e autore televisivo[11], dal titolo Elogio del cemento, nel quale traccia una breve ma stimolante riflessione sull’uso del cemento nell’architettura contemporanea (“Il cemento ha suggerito alla nostra epoca un nuovo contenuto formale che ritroviamo in ogni aspetto dell’architettura e dell’edilizia e ha profondamente modificato la condizione e le prospettive stesse della vita dell’uomo”[12]), e da un ricercato apparato fotografico affidato a Gaio Bacci, grafico e fotografo assai noto all’epoca, le cui foto abbiamo scelto come supporto iconografico per questo articolo.

La seconda è un testo, ormai quasi introvabile, di ancor più rilevante valore formale e contenutistico, stampato proprio in occasione dell’apertura dello stabilimento arquatese. Si tratta di Arquata e le vie dell’Oltregiogo[13], probabilmente il primo tentativo di ricostruire la storia dell’Oltregiogo dall’età preromana sino all’Unità d’Italia che conserva ancora molti spunti originali e meriterebbe una attenta ristampa.

Con queste attività la Cementir si propone come una azienda lungimirante e attenta alle esigenze dei propri dipendenti e del territorio. Sono iniziative che per un verso richiamano alla memoria il paternalismo industriale di matrice Ottocentesca, per l’altro offrono della Cementir un’immagine di azienda moderna e proiettata verso il futuro e con grande attenzione al contesto sociale e culturale in cui opera.

Naturalmente, i primi anni di attività del nuovo cementificio sono anche carichi di problemi. Riprendono infatti quasi subito le polemiche con l’altro polo cementifero della provincia, perché a Casale si guarda con preoccupazione al preventivato raddoppio della fabbrica arquatese, di cui del resto si era già diffusa la notizia ancor prima dell’apertura dello stabilimento.
L’inizio dei lavori per l’ampliamento provoca nuove interrogazioni parlamentari che, tuttavia, non sortiscono effetti significativi poiché già all’inizio del 1963 entra in funzione il secondo forno: l’inaugurazione dell’impianto, anche questa volta alla presenza del ministro delle Partecipazioni Statali, dicastero nel frattempo assunto da Giorgio Bo, si svolge il 16 marzo in contemporanea, vale la pena sottolinearlo, con l’atto di apertura ufficiale del nuovo e grandioso stabilimento Italsider di Novi Ligure[14].

Sul piano interno allo stabilimento il problema più grave rimane invece quello della sicurezza sul lavoro. Sulla stampa locale troviamo notizia di un incidente mortale già nel marzo1960. Avviene a Voltaggio, nella cava di Lagoscuro, dove trova una orribile fine Francesco Barbieri di 31 anni. Poi, qua e là, altri segni di una situazione non facile e la notizia certa di almeno un altro incidente mortale un paio di anni dopo. Ma, come quasi sempre accadeva (e accade, nonostante il proliferare delle fonti e dei mezzi di informazione), molti incidenti, anche gravi, non restano nella memoria pubblica. Così, solo una ricerca più puntuale potrà restituire i termini reali del problema. Tuttavia gli scioperi, che hanno sempre nella loro piattaforma rivendicativa la questione della sicurezza sul lavoro, ottengono adesioni quasi unanimi tra gli operai, e diventano la spia più significativa di una situazione complessa e difficile.

Infine, come era prevedibile nonostante le assicurazioni fornite nella stessa cerimonia di inaugurazione dello stabilimento (“Particolare cura è stata posta nella depurazione delle immissioni all’atmosfera”[15]), si rivelano subito rilevanti i problemi ambientali, di inquinamento atmosferico e di congestione del traffico sulla direttrice tra la cava di Voltaggio e la fabbrica.

Appena pochi mesi dopo l’apertura dello stabilimento iniziano le proteste, anche a livello istituzionale, per le polveri e le esalazioni che provengono dallo stabilimento. “Nonostante le assicurazioni che la modernità delle attrezzature avrebbe impedito qualsiasi emanazione di polvere o esalazione molesta […] la polvere c’è, e abbondante”[16], dicono dal consiglio comunale di Arquata nel settembre 1960, mentre il Sindaco decide d’inviare una lettera di protesta e diffida alla direzione dello stabilimento:

Da quando il vostro stabilimento è entrato in esercizio, la polvere e le esalazioni da esso emanate hanno raggiunto una gravità tale che non è più possibile sopportare.
Vi invitammo ed insistiamo ancora vivamente perché con serietà d’intenti provvediate alla eliminazione di detti gravi inconvenienti.
Il Vostro modo di procedere, non tenendo in minima considerazione le esigenze della popolazione né i danni alle persone ed alle cose, né dei richiami di questa Amministrazione, ci induce a rinunciare a ogni forma di collaborazione fino a che non saranno soddisfatte le nostre legittime aspettative[17].


È solo il primo atto di ripetute e gravi tensioni che accompagneranno la storia dei rapporti tra lo stabilimento e il territorio.

Altrettanto grave si presenta il problema del traffico e del conseguente inquinamento.
Accantonata subito l’idea suggestiva della “grandiosa teleferica”, la materia prima giunge alla Cementir, come detto, attraverso un poderoso movimento su rotaia e su gomma. Ogni giorno arrivano e partono dallo stabilimento sessanta carri ferroviari e duecento autocarri rigorosamente con rimorchio[18]. Un flusso difficilmente sostenibile, nonostante i miglioramenti alla rete viaria ai quali anche la Cementir ha sostanziosamente contribuito. E così, la lunga teoria di camion che percorrono a velocità sostenuta la strada tra Voltaggio e Arquata, diventa quasi un aspetto integrante del paesaggio per lunghi decenni, con gli inevitabili problemi di traffico e di inquinamento connessi.
Ma ormai siamo “dentro” un’altra storia, quella dei 65 anni di vita della Cementir, che esula dall’obiettivo di questo articolo. Vogliamo allora concludere con una piccola e divertente curiosità.
È proprio grazie alla Cementir se tra i cittadini illustri nati ad Arquata Scrivia possiamo annoverare un vincitore del Festival di Sanremo.
L’edizione 2000 del festival viene vinta, un po’ a sorpresa, dalla Piccola Orchestra Avion Travel, una band tutta casertana doc il cui cantante e leader è Peppe Servillo, fratello dell’attore Toni e attore a sua volta, il cui padre è direttore della Cementir dal 1959 al 1963. E siccome Peppe è un classe 1960, ecco servita un’altra ironia della storia (della musica italiana): uno dei vincitori della cinquantesima edizione del Festival di Sanremo è nato ad Arquata.


[1] Una nuova cementeria sta sorgendo ad Arquata, “Il Popolo Dertonino, 27 luglio 1957.

[2] Le notizie dei due incidenti mortali sono su “Il Popolo di Novi”, del 30 ottobre 1958, e su “Il Popolo Dertonino”, del 14 maggio 1959.

[3] La strada di accesso al villaggio Cementir, “Il Popolo Dertonino”, 26 febbraio 1959.

[4] Cronaca da Arquata, “Il Popolo Dertonino”, 11 giugno 1959.

[5] Con l’intervento del Ministro Ferrari-Aggradi inaugurata ufficialmente la Cementir di Arquata,“Il Popolo Dertonino” 12 novembre 1959.

[6] Nuova fabbrica di cementi inaugurata ad Arquata Scrivia, “La Stampa”, 11 novembre 1959.

[7] “Il Popolo Dertonino”, 12 novembre 1959, cit.

[8] “Il Popolo Dertonino”, 27 ottobre 1960.

[9] “II costo delle due circonvallazioni ascende a 300 milioni (metà a carico dell’Amministrazione Provinciale e metà della Società «Cementir », che ha pure messo a disposizione parecchi quintali di cemento pregiato per le opere murarie)” cfr. Inaugurate sabato le circonvallazioni dei Comuni di Carrosio e Voltaggio, “Il Popolo di Novi”, 24 luglio 1960.

[10] La cementeria di Arquata Scrivia, ILTE, 1960 (data di edizione incerta, ndr). Un ringraziamento alla Biblioteca Civica di Voltaggio, una delle pochissime a possedere la pubblicazione, per averci fornito la scansione del volume.

[11] Silvano Giannelli, autore di numerosi saggi e volumi, fu il responsabile della sezione arti figurative della trasmissione televisiva “L’approdo”, contenitore culturale molto famoso che restò in onda per oltre 10 anni, e fu critico d’arte per il quotidiano democristiano “Il Popolo”.

[12] La cementeria di Arquata Scrivia, cit., p. 5.

[13] Arquata e le vie dell’Oltregiogo, a cura di Carlo Ceschi, Teofilo Ossian De Negri, Noemi Gabrielli, ILTE, 1959.

[14] Inaugurato a Novi Ligure il nuovo centro Italsider, ”La stampa”, 17 marzo 1963.

[15] Con l’intervento del Ministro Ferrari-Aggradi inaugurata ufficialmente la Cementir di Arquata, “Il Popolo Dertonino” 12 novembre 1959.

[16] L’Amministrazione comunale di Arquata protesta per le emissioni e le esalazioni Moleste, ”Il Popolo Dertonino”, 6 ottobre 1960

[17] L’Amministrazione comunale di Arquata protesta per le emissioni, cit.

[18] Con l’intervento del Ministro Ferrari-Aggradi inaugurata ufficialmente la Cementir di Arquata, cit.

Un pensiero su “L’inaugurazione della Cementir di Arquata – 11 novembre 1959

  • Giovanna Repetto

    Lettura interessante per chi, come me la Cementir l’ha vista nascere anche se da lontano, ma non me conosceva nè la storia nè i retroscen. Grazie

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