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Santa Limbania. Il viaggio prodigioso di una santa bambina

Premessa

Avevo incontrato le prime tracce di Limbania nell’ottobre del 2004, visitando l’oratorio di Rocca Grimalda, aperto in occasione della presentazione degli itinerari che ripercorrendo le antiche vie che dal mare di Genova (capitale della cultura in quell’anno) salivano verso l’Oltregiogo. Un cammino protetto da Limbania, dai canti che salivano dal suo antro, dal suo cuore generoso, dalle voci delle sorelle monache, che lenivano le paure di chi a loro si affidava prima di avventurarsi su sentieri impervi, temerari, carichi di insidie, senza la certezza di portar in salvo i beni né la vita. Arrivata dal mare, da un’isola la cui storia è costellata di scontri cruenti e intessuta di leggende terribili, trova l’accoglienza anelata e realizza i propri ideali. Il mare è ancora l’inizio, oggi come allora: potente e fatale, allo stesso tempo attraente e maliardo conduce o strappa le vite di chi si affida alle onde per trovare approdi che non seppelliscano le speranze, come avviene davanti ai fili spinati, ai piedi dei muri o nelle sabbie dei deserti nativi.

Artemio Vannini,
Vita e miracoli della Beata Limbania Vergine et
monaca del Monasterio di San Tomaso di Genova, 1615.

Il racconto

Cipro: il XIII secolo è agli albori e l’isola è da tempo teatro di proficui scambi commerciali con i trafficanti veneziani e genovesi. Il porto di Famagosta è una confusione di dialetti e grida, andirivieni di un’umanità multiforme di nobili e plebei, venditori, religiosi, mendicanti…vini, zuccari, lane, cottoni comprimono le stive delle galee, ai cui remi si avviluppano robuste braccia di schiavi.
La casa di Limbania, non distante dal porto, sembra in festa, qualcuno schiamazza, altri suonano, una voce: “Ti seià cuntenta. A to truvò u màio, u te faià sta bén, u ga ‘n mugiu de palanche”. Il cuore dodicenne della bellissima fanciulla arde ormai, ma per un altro sposo! Quel Gesù di cui la pia nutrice le ha raccontato facendoglielo amare. “A nu vogiu quelu lì. Nu vogiu ese maià!”. Confabula in segreto tutta la notte con la balia, determinata ad affrontare l’unica soluzione possibile per evitare l’imposizione dei familiari e mantenere la promessa di verginità fatta a Dio: abbandonare l’isola, lasciare la casa paterna.
Un condottiero di nave battente bandiera della repubblica genovese dapprima acconsente a farla salpare, nella notte invece si allontana senza avvisarla. La sua nave, levate le ancore, si immobilizza poco distante dal porto, a nulla valgono gli sforzi degli aspri e inquieti marinai. Il capitano sfinito si ricorda dell’impegno preso e inverte la rotta, si avvicina al luogo dove le donne si erano nascoste in attesa dell’imbarco e, impressionato, scorge Limbania accarezzare e ammansire teneramente fiere selvatiche, che le lambiscono la veste. La nave lascia finalmente lo scalo cipriota e, spinta da venti favorevoli, avanza ad un nuovo profilo di scogliere che, alte e prorompenti sul mare, diverse da quelle appartenenti all’isola natìa, richiamano l’attenzione della fanciulla. Una spontanea e allegra esclamazione si eleva fra il muto stupore dell’equipaggio: “Che belu! Amìa, amìalà, de dàto ghe na cruze, ‘ndemu là!” La nave sembra seguire una sua rotta inspiegabile, come se una forza misteriosa impedisse di raggiungere il consueto attracco e la spingesse verso il promontorio di Caput Arenae, su cui sorge il convento benedettino femminile di San Tommaso, così, già ammainate le vele, indugia come ormeggiata davanti alla scogliera e non si smuove se non dopo che Limbania e la nutrice son fatte scendere e accompagnate a riva, poi su, fino al convento. Accolta benevolmente dalle monache, diventa la loro prediletta e il loro orgoglio. Una fanciulla così umile e volitiva nelle preghiere e nel lavoro: “A ghemu na munghetta tantu brava. A ghe dimu id pregò pe vuiatri assì”. Ottiene di vivere nella meditazione assoluta, cancellandosi nella cripta del cenobio, alla maniera di certo eremitismo orientale, cibandosi sempre meno, fino al digiuno, mortificando il corpo con un pettine da lino.

Gavi, Oratorio dei bianchi

Gavi, settembre 2017, Oratorio dei Bianchi.

La statua lignea settecentesca si eleva austera, vigorosa, solenne, nei colori del grigio e avorio. Il volto fiero stretto dal sottogola, dei capelli si intuisce una linea scura sulla fronte, lo sguardo è distante, fermo e assorto. Nella mano destra, impugnato come un testimone, uno strano utensile1. La mano sinistra sorregge forte il vangelo.

Gavi, Anonimo, Santa Limbania,
Oratorio dei bianchi,

Un manto scuro avvolge il corpo in un incrocio sul davanti, al modo delle monache, come uno scapolare, a mostrare appena la veste chiara. Di anonimo scultore, custodita nell’Oratorio dei bianchi fin dal Settecento, salvata dalle scorrerie napoleoniche, la osservo, mi sorgono domande, cerco e scopro interminabili e incredibili sfaccettature di una vita leggendaria.

Limbania fra storia e leggenda

Limbania è ricordata il 16 giugno nel calendario dei santi genovesi, a proteggere pescatori, naviganti, carrettieri e cavallari, mestieri legati alle attività portuali di un tempo, a vegliare sui pellegrini e a preservare dai pericoli le merci, lungo la via dei Giovi, sui dirupi della Cannellona2. Il culto di Limbania si diffonde così, fin dai primi anni dopo la sua morte, nel genovesato e nell’oltregiogo; abbienti e generosi devoti erigono cappelle ed oratori, commissionano statue ed effigi, i guariti per sua intercessione donano ex voto.

Santino di S. Limbania che sorregge una nave

Limbania esce dall’isolamento, la sua fama si unisce al tema del viaggio e alla sua provenienza orientale. In alcune effigi è rappresentata con in mano una nave, strumento di salvezza.… vanne superba o nave di quella d’Argo assai più gloriosa… (dal Madrigale, Antonio Casamara, Vita, et miracoli di Santa Limbania vergine, monaca del monastero di S. Tomaso di Genoua, 1683). La immagino a proteggere coloro che affrontano le onde, pigiati sui barconi alla deriva, in cerca di rifugio dalla miseria e dalla guerra, come lei, che cerca aiuto, ancora bambina, su una nave. La sua città, verosimilmente Famagosta3, fu presa da Fregoso più di un secolo dopo la sua nascita, avvenuta forse intorno al 11904.

Una bambina, tenace e ribelle, salda nella fede insegnatale dalla balia, già viva e diffusa nella Cipro bizantina5. Per preservare la fede e il voto di verginità non esita a fuggire al padre che l’aveva venduta sposa6). Una storia non rara. Quante vicende, antiche e attuali, di martiri, di promesse spose bambine… che pagano con la vita, o con l’annullamento di sé il prezzo della libertà, il gesto della disubbidienza. Di tragici fatti familiari sentiamo ogni giorno e bambine, donne o adolescenti ribelli vanno spesso incontro a un destino di sangue e di orrori. A Limbania, per così dire, va bene, le sofferenze e le rinunce sono per lei una scelta voluta, un progetto di vita. La sua fuga inizia avvolta da enigmi e meraviglie che seguitano lungo la sua vita e oltre, portandone lontano la fama. Una storia, o meglio una leggenda, che la vede, come San Francesco, accarezzare e ammansire feroci belve7), nel luogo dove attende nascosta la partenza della nave che la condurrà a Genova. Una fuga pianificata e segnata dall’arcano. Il capitano della nave e il rude equipaggio, qualsiasi truce pensiero od osceno gesto abbiano in mente, lo cancellano alla vista dei prodigi. L’àncora è levata ma la nave non si muove! Solo all’arrivo della fanciulla il vento soffia sulle vele. Da Cipro a Genova… il vento in poppa, l’equipaggio è silenzioso, il mare non mugghia…solo gridi di gabbiani misti all’eco delle preghiere di Limbania si alzano nel sole e nelle stelle. La comparsa a Genova è altrettanto straordinaria, eppure la giovinetta non teme, anzi prosegue nella fermezza di voler attuare il piano concordato con Dio, che riempie il suo cuore.

J. F. Smith, Bastione e campanile di san Tommaso, dal mare, metà secolo XIX Acquerello su cartoncino, Collezione Topografica del Comune di Genova 

Le chiare e possenti mura del monastero di San Tommaso8, salde sulla scogliera, l’accolgono come un abbraccio. La nave si blocca, non può raggiungere il vicino porto, non prima che Limbania sia sbarcata a chiedere ospitalità alle suore, per se stessa e per la balia. Tutto sembra realizzabile. La badessa presagisce odor di buono e la fanciulla è graziosa, gentile, sa tanto di fede nonostante la giovanissima età. Passano i mesi e il monastero riecheggia di preghiere. Le sorelle vedono che Limbania è votata alla meditazione, pazienza se non partecipa al lavoro consueto, una contemplativa è una bella immagine che il monastero porge.“Raccomanderemo alla nostra sorella di pregare per voi, vedrete… A ghemu na fia, zuena cume l’egua, ma divota, mi a la vegu santa…
La giovane interpreta la preghiera come pura estasi e annullamento, fino all’identificazione nel dolore, come quello del Cristo al quale si è promessa e che vuole imitare (sposa di Cristo e imitatrice fui…).Tormentata e valorosa, fattasi sofferenza, cancella il proprio corpo nel digiuno, lo avvolge nella mortificazione. Dal porto di Cipro all’attraversamento del mare, all’alto del monastero e infine giù allo scavo interiore, alla chiusura al mondo. In alto e poi in basso, dalla luce allo scuro, che per lei assume un significato di purezza e verità. In uno scantinato vive Limbania, dai fasti della casa di quando era bambina cipriota, al pertugio sotterraneo nel quale vuole stare per sempre. Così la trovano le monache, in ginocchio, che prega ancora, circondata da luce e da profumo. Poco prima che muoia, la badessa ha un presentimento e si reca a visitarla, ma una luce abbagliante le impedisce di entrare fino a trapasso avvenuto9. Con amorevolezza e devozione le sorelle lavano il suo corpo e lo avvolgono nel lino, lo espongono lacrimose e solerti ai fedeli, il 16 agosto; dovremmo essere poco oltre la metà del XIII secolo.
La sua morte si accompagna a eventi prodigiosi10 e il culto diventa un onore per il monastero, che si fa centro di pellegrinaggi, riferimento importante della devozione genovese fino al secolo XIX. Le notizie sul richiamo esercitato dai suoi resti prima della fine del Duecento e su di un trecentesco processo di canonizzazione sono tarde, trasmesse in forma compiuta da un testo del XVII secolo (A.Vannini, Vita, et miracoli della beata Limbania), trovano riscontro nella presenza dell’insolito nome nelle intitolazioni e nell’onomastica, il nome Limbania compare nei documenti almeno fino alla seconda metà del XIV secolo.

FONTI

Artemio Vannini, prete di San Girolamo della Carità, Vita, et miracoli della beata Limbania vergine, et monaca nel monasterio di san Tomaso di Genova, raccolta, et descritta sinceramente dal molto rev. Padre Artemio Vannini senese sacerdote di S. Girolamo della carità, teologo secolare, in Genova: appresso Giuseppe Pavoni, 1612 (in Roma, 1615). Il volume è consultabile presso la biblioteca dell’Istituto internazionale di Studi liguri Clarence Bicknell, di Bordighera;

Thomaso Porcacchi, Descrittione dell’isola di Cipro, in L’isole più famose del mondo, appresso Galignani Fratelli, 1620;

Giovanni Battista Testi, La costanza esaltata negli accidenti di santa Limbania, opera morale, e sacra dell’abbate Gio. Battista Testi, 1681;

Antonio Casamara, Vita et miracoli di santa Limbania Vergine, Monaca nel Monastero di San Tomaso di Genova, Genova 1683;

Acta Sanctorum, Miracula B. Limbaniae Virg. Monialis, septembris, tomus II, 1748;

Matteo Vinzoni, Il Capitanato di Voltri, in Atlante dei Domini della Serenissima Repubblica di Genova e Terraferma, 1773;

Carlo Giuseppe Ratti, Instruzione di quanto può vedersi di bello in Genova, in pittura, scultura, ed architettura ecc…, Genova 1780;

Gio. Battista Semieria, Secoli cristiani della Liguria, ossia Storia della metropolitana di Genova, Vol 1, Torino 1843;

Carlo Pendola, Gli edifizi antichi della città di Genova e sobborghi annessi, Genova 1896;

Rombaut Van Doren, Limbania, vergine, beata, in Biblioteca Sanctorum, VIII, Roma, 1966;

Atti della Società Ligure di Storia Patria, Nuova serie, XII (LXXXVI) FASC. I, Genova, 1972; Valeria Polonio, Devozioni di lungo corso: lo scalo genovese, da Atti del convegno internazionale di studi, Genova-Venezia, 10-14 marzo 2000, pp. 349-393 © dell’autrice -Distribuito in formato digitale da “Reti Medievali”;

Roberto Benso, Gli affreschi di santa Limbania a Rocca Grimalda, in URBS, trimestrale dell’Accademia Urbense di Ovada, gennaio-marzo 1988, anno I, n. 1;

Alessandro Laguzzi (a cura di), Rocca Grimalda: una storia millenaria, Memorie dell’Accademia Urbense-Ovada, Ovada, 1990;

Gerolamo Camoirano (a cura di), Santa Limbania, monaca benedettina venerata a Voltri (Genova), GE-Sampierdarena 1991;

Carlo Cairello e Valerio Rinaldo Tacchino, Limbania, una santa tra mare e oltregiogo: appunti sulla leggenda e sul culto, in URBS, trimestrale dell’Accademia Urbense di Ovada, giugno 2003, anno VI, n. 2;

Antonella Rathschuler, Due sculture restaurate a Santa Limbania di Roccagrimalda, in URBS, trimestrale dell’Accademia Urbense di Ovada, giugno 2013, anno XXVI, n. 2;

www.ceraunavoltagenovablogspot.it, in memoria di Giovanni Assereto, disegnatore e collezionista, immagini e cartoline tratte dalla sua raccolta e dai suoi lavori, 2013;

L’eco di Santa Limbania, notiziario dell’antica confraternita di N.S. del Rosario dei Turchini, Voltri, numeri di aprile e di agosto 2018;

www.accademiaurbense.it.

Note

  1.  La tessitura, plausibile attività svolta al monastero, potrebbe spiegare la presenza di questo utensile. “Et quella, che eccede ogni meraviglia, non contenta di flagelli e cilici, per il desiderio di quanto più poteva assomigliarsi al suo Sposo, e di render sangue, a chi trafitto di spine, versato aveva per lei copiosi rivi di sangue, avvertite (per non essere né veduta, né impedita) le ore, nelle quali usciva fuori di casa la sua Nutrice, che, come dissi, era rimasta in sua compagnia, e i servi del Monastero ,ella con un pettine da lino dai ben acuti e pungenti ferri lacerava in modo compassionevole le innocenti e delicate sue membra” (Antonio Casamara, Vita, et miracoli di Santa Limbania vergine, monaca del monastero di S. Tomaso di Genoua, 1683, p. 45 []
  2.  La via chiamata “della Cannellona” dal nome di una località dell’entroterra voltrese, era una delle antiche strade di collegamento tra il basso Piemonte ed il mare. Si trattava di una strada mulattiera che saliva rapidamente al valico lungo un crinale ed era utilizzata per trasportare il minerale di ferro dall’isola d’Elba nella valle Stura e per portare al porto di Voltri i prodotti delle ferriere. La strada è stata utilizzata sino all’apertura della carrozzabile del Turchino nel 1872. Era percorsa anche dai pellegrini e di ciò danno testimonianza gli “ospitali” documentati a Voltri nel XIII secolo. []
  3. Famagosta, verosimile baia dove collocare vascelli genovesi fra il XII e il XIII secolo, o, altra congettura, in Cairello-Tacchino, Accademia Urbense, è il porto di Limassol, nella parte meridionale dell’isola. []
  4. Un breve excursus storico. Secondo indicazioni sicure, verso il 1294, la testa di una santa o beata chiamata Limbania era venerata nella chiesa di S. Tommaso a Genova. Tuttavia sull’identità di Limbania, o l’epoca in cui ella sarebbe vissuta, non si ha alcun dato storico. Secondo la leggenda, il capo venne staccato dal corpo di Limbania per consentire di esporlo alla devozione dei fedeli. Al 1296 risale il prodigio che diede origine alla festa principale di Limbania. Il capo si sollevò dalle mani del sacerdote che lo stava portando ai fedeli, dubitando però in cuor proprio della correttezza di una devozione verso una monaca non canonizzata, e volò sull’altare.
    Il processo di beatificazione è assegnato al 1344, quando, su istanza di Giovanni di Lasasco, sindaco del monastero di San Tommaso, viene avviato un processo di beatificazione (giuridica inquisizione delle grazie e dei miracoli attribuiti), di cui fu inquisitore Federico di Molongo, vicario arcivescovile.
    Nel 1432 un altare fu consacrato al suo nome e nel 1562 venne fusa una campana che portava la sua effigie. Il libro dei Miracula fu redatto verso il 1600. La festa di Limbania fu celebrata nella chiesa di S. Tommaso il 16 agosto e, a Genova, il 16 giugno. Il culto della santa si estese. L’entusiasmo verso Limbania diede luogo a leggendarie narrazioni e ovunque si raccontavano miracoli avvenuti per sua intercessione. In data 16 agosto 1609 fu celebrata la messa in onore di Limbania, presso l’altare a lei dedicato, in seguito all’approvazione dell’Ufficio proprio della santa, da parte del Papa Paolo V, dopo ricorso formale delle monache.
    Nel 1615 Artemio Vannini, sacerdote e teologo senese, pubblica Vita, et Miracoli della Beata Limbania Vergine, et Monaca nel Monasterio di San Tomaso di Genova. Nel 1683 Antonio Casamara riprende il testo del Vannini e dà alle stampe Vita et miracoli della Santa Limbania, Vergine, Monaca nel Monastero di San Tomaso di Genova. []
  5.  Pietro Fregoso prese il regno di Cipro a tutta forza per avere il re Pierino messi a morte i genovesi, che sostener vollero la dignità della repubblica col possesso della precedenza contro i veneziani…. Congiuntissima fu con la veneta la repubblica di Genova, dimodochè reciprocamente usavansi di portare le insegne nei vascelli per accordo fatto per mezzo del Papa l’anno 1238… pena di 10.00 marche e scomunica se le due repubbliche non si fossero accordate sull’imperio del mare…
    Genova all’epoca spartiva con Venezia i tributi cui Cipro veniva sottoposta ed insieme i vascelli con bandiera veneziana e genovese navigavano nel mediterraneo sud orientale (delle convenzioni esiste l’originale in archivio di stato). Era il 1238: Doge, Giacomo Tiepolo; papa, Gregorio IX.
    Cipro conobbe una prima diffusione del cristianesimo durante l’impero di Claudio (41-54 d.C.) e quindi all’epoca di Adriano (117-138 d.C.). Dopo la dominazione di Teodosio durante la quale si era venuta affermando la chiesa greco ortodossa, passò sotto la giurisdizione di Costantinopoli; da allora e fino al 1191 rimase sostanzialmente sotto il controllo bizantino. Conquistata da Riccardo cuor di leone durante la terza crociata, fu da questi ceduta a Guido di Lusignano, re di Gerusalemme, nel 1192. Sotto i Lusignano rimase per quasi tre secoli durante i quali si introdusse il sistema feudale e si affermò la chiesa latina. Genova nel 1384 stabilì la propria signoria su Famagosta. []
  6. Ascolta figlia e vedi e porgi le tue orecchie e dimentica il tuo popolo e la casa di tuo padre… (Salmo 45, 11-12 []
  7. Sceso dalla nave (il capitano) se ne andò subitamente nella vicina selva. Nell’avvicinarsi al luogo dove con la compagna era nascosta la donna, vede diverse fiere selvagge che inchinate con segni d’umiltà ai piedi di Limbania andavano lambendone l’orlo della veste. Atterrito egli prima rimase, poscia partendosi le fiere senza far nocumento ad alcuno, quindi comprendendo quale fosse la Santità di Limbania, chiesto umilmente perdono del fallo commesso, con non minor riverenza, che cortesia, menolli tutti tre alla Nave, conceputa ferma speranza di avere a terminare mediante l’intercessione di lei, felicemente quella Navigazione… (Casamara, op. cit, pp 26-27 []
  8. La chiesa di San Tommaso aveva origini antiche (secondo alcune fonti addirittura al 726) e comunque già nel 1134 era stata eretta a parrocchia. Con l’annesso convento fu uno dei monumenti più interessanti del romanico genovese e uno dei siti religiosi più remoti della città. Il complesso monastico sorgeva su un promontorio roccioso detto Caput Arenae. Nel x secolo fu occupata da monache benedettine fino alla fine del XIV o inizi XV secolo.Nel XII secolo il cenobio accrebbe i propri possedimenti ed assunse una struttura romanica, rimaneggiata successivamente, fino all’aspetto consegnatoci dalle vedute di artisti ottocenteschi, che lo ripresero prima della completa distruzione della chiesa, avvenuta nel 1884 per la costruzione della stazione marittima. Distrutta nel 1176, fu riedificata 10 anni dopo e quindi restaurata nel 1488. Nel 1509 la chiesa di S. Tommaso passò alle suore Agostiniane, che collegarono Limbania al loro Ordine. Nel 1537 l’allargamento della cinta muraria aveva già sacrificato parte del complesso, per questo non sono rimasti documenti espressi dal monastero delle benedettine. La cura delle monache richiama curiosi e fedeli fino al XIX secolo, quando l’antica chiesa fu demolita e le reliquie di Limbania deposte in un’urna con quelle di altri santi e trasferite. La festa di Limbania, già soppressa nel 1783, non fu più ripristinata. Il monastero fu soppresso nel 1798 e successivamente abbattuto per far posto alla galleria ferroviaria, chiamata Santa Limbania, di collegamento con la stazione Principe. Nel 1905 fu ricostruita una nuova chiesa di San Tommaso in via Almeria. []
  9. Era un giorno andata la Madre Priora con alcune altre gentildonne alla fossa, dove dimorava Limbania, per visitarla, e mentre alquanto si appressano, la veggono circondata attorno di tanta luce, e la grotta ripiena di tanta chiarezza, che abbagliandoli loro la vista, ne potevano sopportare sì grande splendore, né in modo veruno entrar dentro quel luogo. Furono tosto chiamate a questo spettacolo tutte le altre Monache, le quali meravigliandosi di così improvviso e nuovo avvenimento, stavano lì con animo sospeso curiosamente aspettandone il fine. E già se ne era passata un’ora quando mancando quell’insolito splendore, entrate tutte insieme nella stanza, ritrovano il corpo della Vergine con le ginocchia piegate in terra, con la faccia alzata al Cielo, e con le mani elevate, in atto appunto di chi è in orazione: e sebbene era esso privo di vita, riteneva però tanto di calore, che facilmente si poteva comprendere che la gloriosa anima circondata dianzi da quel Celeste lume, sciolta dai lacci della carne, se n’era poco prima volata alla gloria del Paradiso. Non sì può facilmente esplicare di quanta mestizia e dolore fossero in subito ripiene quelle divote persone nel cuore per cotal perdita, se ben per altro si rallegravano, che Limbania fosse già pervenuta all’eterno riposo, si consolavano di aver acquistato una tale Avvocata nel Cielo, così assicurandole l’amore scambievole, la sincera reciproca congiunzione degli animi, che sempre era stata fra lei e tutte loro. Presero quel santo corpo con molta venerazione, lo avvolsero in lenzuola, fra inni e cantici, dirottamente piangendo, teneramente accomodarono in una bara, per esporlo poi la mattina, che era il dì sedici di agosto,nella Chiesa, a vista d’ognuno e con solenne cerimonia mandarlo alla sepoltura. (Casamara, Op cit, pp 49-51). []
  10.  L’entusiasmo verso Limbania diede luogo a leggendarie narrazioni e ovunque si raccontavano miracoli avvenuti per sua intercessione. Il libro dei Miracula fu redatto intorno al 1600. Nella narrazione riportata dal Casamara, p. 117 e sgg, sono raccontati numerosi e curiosi prodigi, fra i quali: come guarì un occhio ad una Donna ferita; come guari il piede di una Donna (di Acqui Terme) trafitto da acutissima spina; come ritenne il braccio ad un marito geloso, che voleva uccidere la moglie divota della Beata; come in tempo di guerra e sacco la Beata assecurò il Monastero dal pericolo; come salvó miracolosamente più persone, ch’erano vicine ad annegare in Mare. []

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