Caduti sul lavoroDizionarioFerrovieriOltregiogo - Gavi

Ultima fermata, Ponte Galeria. Giacomo Dameri, ferroviere caduto sul lavoro.

Ferroviere, Caduto sul lavoro.

Giacomo Dameri (Gavi ? / Ponte Galeria, Roma, 13 novembre 1891).

Il rapporto tra la comunità di Serravalle e la ferrovia è profondo, non solo dal punto di vista geografico ed economico, ma anche dal punto di vista sociale. Fin da quando la “strada ferrata” fece di Serravalle e della sua stazione ferroviaria uno dei nodi principali del traffico merci e passeggeri del Novese e del Basso Piemonte, generazioni di lavoratori serravallesi e dei paesi del circondario trovarono nell’impiego in “Ferrovia” un’alternativa al lavoro nelle campagne e nella manifattura, ma anche un’opportunità concreta di riscatto e di progresso del proletariato.

Guardando alle storie di alcuni di questi “pionieri” del lavoro e dei diritti dei lavoratori, come Domenico Graziani, manovratore ferroviario, socialista ed antifascista, Giuseppe Bisio, manovale ferroviario, attivista del Partito Comunista genovese, Pietro Carlo Sciutto, ferroviere, antifascista, si può affermare che per questi uomini non si trattò solamente di rispondere alla pressante necessità di trovare un’occupazione che consentisse loro di contribuire ai magri bilanci famigliari, di avere l’opportunità di sposarsi e di portare a casa quanto necessario per sfamare i propri figli, ma sicuramente si trattò anche di una “vocazione” a vestire orgogliosamente il cappello del ferroviere. Una “fede” laica, in un mestiere che imponeva dure condizioni di lavoro e di vita, estremamente faticoso e pericoloso, ben presto asceso a paradigma della modernizzazione del Paese, ed intriso di un diffuso spirito di eguaglianza e solidarietà tra i lavoratori, ammantato di un’aura “rivoluzionaria”.

Il “ferroviere” personifica l’avanguardia nella lotta per i diritti dei lavoratori, di ogni lavoratore: un nome su tutti, Cesare Pozzo, macchinista serravallese, promotore visionario ed instancabile dell’associazionismo mutualistico tra i lavoratori delle ferrovie, uno dei fondatori del Partito dei Lavoratori, poi divenuto Partito Socialista d’Italia. Figura che sicuramente era ben nota ad ogni serravallese che si apprestasse a vestire l’uniforme delle Ferrovie. Queste considerazioni trovano dimostrazione in come la comunità serravallese partecipò, assumendolo come fosse proprio, al dolore pubblico per la tragica morte di un ferroviere originario della vicina Gavi, Giacomo Dameri, deceduto sul lavoro, vittima di un tremendo incidente ferroviario, passato alla storia d’Italia come il “Disastro di Ponte Galeria”, verificatosi il 13 novembre 1891, sulla linea Roma – Pisa, nell’omonima località dell’Agro Romano, posta tra Roma e Civitavecchia. Un pauroso scontro notturno tra due treni che coinvolse il convoglio su cui Dameri era in servizio come conduttore e che causò 4 morti e numerosi feriti: Evento che impressionò l’opinione pubblica, mobilitò la Capitale, e destò anche la commozione della Famiglia Reale e l’interessameno del Sovrano in persona, Vittorio Emanuele III.

Questa la cronaca dei funerali dello sfortunato ferroviere, in un’articolo pubblicato da “La Gazzetta Piemontese” del 22 novembre 1891: “…Col treno N. 2 in partenza da Roma, la sera del 19 corrente novembre, veniva trasportata sino a Genova e da Genova poi a Serravalle Scrivia la salma del povero conduttore Dameri Giacomo, che perdette miseramente la vita nel disastro di Pontegaleria. La cerimonia riuscì imponente e mesta. Scortavano la salma il capo-conduttore Tomasini del deposito di Roma e parecchi colleghi del Dameri, venuti espressamente da Torino, da Alessandria e da Novi, alla testa dei quali vi era il capo-conduttore principale Beimandi. Le Società tra il personale viaggiante di Torino e di Alessandria intervennero ufficialmente con le bandiere. A Serravalle la bara fu posta sopra una vettura che passo passo la trasportò a Gavi, paese nativo del povero Dameri. Seguiva a piedi il mesto corteo degli amici e dei colleghi del Dameri. Al cimitero il conduttore Olivero di Torino disse parole di affetto e di saluto eterno sulla salma di quella povera vittima del dovere. Sulla bara deposero corone le Società Personale Viaggiante di Torino e di Pisa…“.

Il fatale occorso ebbe grande eco sulla stampa nazionale. Così il quotidiano torinese “La Stampa” del 14-15 novembre 1891, dà una prima telegrafica ricostruzione dei fatti: “…14, ore 9,10 ant. Giunge notizia in questo momento che stanotte il treno diretto partito da Roma alle 10,25 per Torino si scontrò alla stazione di Pontegaleria col treno passeggeri proveniente da Pisa. Le prime informazioni recano che vi furono conseguenze gravi. Sono partiti subito treni di soccorso… Il treno diretto era composto di 24 vetture ed i viaggiatori erano numerosi… 14, ore 10,5 ant. … La notizia del disastro fu telegrafata dal capo-stazione di Pontegalera a quello di Roma verso le undici e un quarto…“. (Immagine a lato, monumento a Cesare Pozzo, a Milano),

Dalla Stazione Termini della Capitale vennero organizzati i soccorsi: “…venne allestito un treno su cui salirono vari medici, ingegneri, picchetti di truppe del genio e della Croce Verde… La stazione pareva bloccata. La trepidazione era grandissima mancando i particolari sino alle quattro della mattina, ora in cui giunse il treno da Pontegalera recante i primi feriti e altri viaggiatori. Fu un assalto generale sia per dare soccorsi sia per avere informazioni. I viaggiatori avevano l’aspetto ben miserevole, specialmente le donne e i bambini, che erano numerosi… Mentre si sbarcano i feriti, per i quali le varie Croci hanno apprestato le barelle, si raccolgono altro notizie. Il treno diretto partito da Roma giungeva a Pontegalera allo 10,5; quivi era fermo il treno omnibus di Pisa, arrivato in ritardo. Gli impiegati della stazione di Pontegaleria, che stavano sui marciapiedi, notarono subito che il treno di Roma, anziché entrare sul secondo binario, era entrato sul terzo, dove stava fermo il treno di Pisa; diedero grida d’allarme; vennero alzati i lumi rossi; il macchinista del treno diretto… ebbe la prontezza di dare il contro-vapore, stringendo il freno Vestinghouse, mentre dalla sua parte… il macchinista dell’omnibus… faceva indietreggiare il suo treno. Si udirono le grida reciproche dei macchinisti: Aiuto! Salvatevi! Ma l’urto, inevitabile, terribile, avvenne sotto gli occhi del personale della stazione! Le due macchine… si accavallarono, le vetture-bagagli andarono stritolate; tutte le altre balzarono fuori del binario; molte furono rovesciate. Fu fortuna che la vettura Pulmann del treno diretto ponendosi attraverso al binario servi quasi di cuscinetto al treno diretto, ma comunque la catastrofe fu gravissima. Sotto le macchine, sotto i vagoni si udivano grida ed urli...”.

Il cronista prosegue nel suo drammatico racconto: “…Gli impiegati accorrevano con torce e fanali; vi era anche la luna splendida, quindi la scena era iI vieppiù visibile nel suo orrore. I viaggiatori non feriti portavano aiuto agli altri. Furono estratti cadaveri due frenatori: Giuseppe Agosti, Carlo Carlini; indi il cadavere di Valentino Sanni, appuntato di cavalleria, indi del conduttore del treno, Giuseppe Dameri… I feriti sono 17, quasi tutti addetti alla ferrovia, compreso il macchinista… Tutti gli altri sono un po’ ammaccati, senza contare alcuni viaggiatori che se ne andarono senza chiedere medicature. I danni maggiori furono riportati dal treno-omnibus; quivi viaggiavano i cavalli di Pinerolo destinati alla Scuola di Roma. Sei cavalli sono morti, altri sbandati, altri feriti. Pare che nessuno dei viaggiatori del treno diretto abbia riportato danni notevoli. In tale treno vi erano vari viaggiatori delle classi signorili, alcuno coppie di sposi. Eravi il senatore Guala colla famiglia. I racconti delle scene avvenute nel momento del disastro sono indescrivibili. Viaggiatori balzati a terra correvano all’impazzata. Gli urli, gli svenimenti rendevano più difficile l’opera di salvataggio. Accorsero dallo vicine campagne i contadini… II capo-servizio del Movimento e Traffico di Torino ci comunica: « Ieri sera, 13, mentre si eseguivano a Pontegalera alcune manovre al treno 215, parte di questo treno venne urtata dal diretto N. 4, in transito. « Si hanno a deplorare quattro morti e sette feriti, e da informazioni ricevute si ritiene che fra essi sianvi cinque agenti ferroviari e due soldati…“.

Nell’edizione del giorno successivo i lettori poterono apprendere ulteriori particolari sul disastro: “…Verso le 3 del mattino fermassi a Pontegalera un treno per i viaggiatori che vollero proseguire per Torino. Pare che tra i feriti giunti a Roma e portati all’Ospedale della Consolazione, un fuochista ed un capo-treno dovranno subire amputazioni… I feriti appartengono tutti alle Provincie centrali e meridionali d’Italia… Mentre si facevano i salvataggi, nella confusione generale erasi dimenticato che stava per sopraggiungere l’altro treno direttissimo di Pisa. Un facchino ebbe la presenza di spirito di correre con un segnale avviso incontro al treno fermandolo; cosi fu evitata un’altra chi sa che terribile catastrofe. Stasera i cadaveri vennero trasportati a Roma…. Per il disastro di Pontegaleria si sono aperte tre inchieste… I cadaveri furono trasportati stanotte a Campoverano. Il Re telegrafò da Palermo che si soccorra con la sua cassetta privata la famiglia del soldato morto, dando un sussidio ai feriti…“.

Immagine in alto, illustrazione d’epoca, tratta dalla rivista “L’illustrazione Popolare“, Volume XXVIII, 1892.

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