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Il cioccolato del bar Borasi

Chi mi conosce sa quanto io detesti camminare. È una faccenda che arriva da lontano nel tempo, indubbiamente per grane fisiche varie ma che, fin da piccolo, si accentuava quando ero costretto ad accompagnare mia madre in giro per negozi.

Milano, Via Monte Napoleone negli anni 60

Non vorrei impelagarmi in polemiche di genere tirando a mezzo la mia vecchia, ma tant’è: avete presente le vignette di quelle donne che entrano in un negozio, lo rovesciano come un calzino ed escono senza comprare nulla? Bene, mamma è così. Il dramma dei miei piedi si trasformava in vera e propria tragedia podologica quando la meta designata era Milano, la grande città, ricca di luoghi eleganti con merci di ogni genere più o meno abbordabili economicamente, ma soprattutto con tantissime strade e vie chilometriche da percorrere, allora non servite dalla metro.
“Non c’è nulla di interessante” chiosava la mia genitrice ad ogni commerciante abbandonato agonizzante sul suo bancone.
Tuttavia, al di là di questi sporadici episodi oltre Ticino, il mio mal di piedi poteva anche essere elicitato nel nostro paesello ed era direttamente proporzionale al mio totale disinteresse per la meta proposta, indipendentemente dalla distanza metrica da percorrere.

“Belle Cose Vecchie”, con Riccardo e Simona Lera vigilati, in versione dark, dalla madre Tina Bugané
(Foto di Cesare Lera, 1964)

La faccenda ha i colori della domenica pomeriggio quando io me ne sarei restato volentieri a casa ad ascoltare alla radio le appassionanti voci di Ameri, Ciotti e Bortoluzzi mentre invece i desiderata materni, spalleggiati da mio padre, individuavano come obiettivo “Belle Cose Vecchie” del Signor Donati, emporio di antiquariato sito in via Cassano. Cercate di comprendermi: sapete quanto possono interessare ad un bambino di otto anni gli intarsi e le maniglie dei mobili appartenuti, con tutto il rispetto per carità, a benestanti ormai defunti e sepolti, mentre la mia Inter del grande Helenio Herrera era impegnata in un importantissimo derby con i cugini del Milan?
Se avete risposto meno di zero ci siete (quasi) andati vicino.

Il negozio di Mantero

Il mio mal di piedi era dunque già presente quando, con tutta la famiglia, sorelle comprese (una delle quali munita di mezzo di locomozione, il passeggino da me sospinto), uscivo di casa davanti al cinema Astor, peggiorava davanti alla torrefazione del Caffè Piacentino ed era già lancinante quando si passava fra l’ingresso della Fidass e la pompa di benzina di Costante Mantero.

L’ingresso della Fidass

Davanti a Rovegno e poco più in là nei pressi del vecchio bocciodromo, ora sede dell’Eurospin, ero colpito da visioni mistiche sorgenti in cadenzata sequenza da “e bugiòun” (1).
Fortuna vuole che mio nonno lavorasse come casellante all’ingresso della Camionale, tutto distinto e come sempre silenzioso nella sua bella divisa. Mamma non poteva bypassare il proprio genitore come se nulla fosse, anzi rammento come gli fosse affezionatissima.

A sinistra mio nonno Giuseppe Buganè, il secondo da destra Pippo Ballestrero

Lui, se poteva, ci veniva incontro presso il bar Borasi e proprio lì, in quel locale frequentatissimo da camionisti e da proprietari di mezzi motorizzati a due e quattro ruote, avveniva un miracolo podologico. L’entrata del bar Borasi era raggiungibile sia dalla statale che dall’autostrada miscelando così gli avventori locali con i forestieri di passaggio.

L’edificio che ospitava il bar Borasi
(foto Anna Focante, 2024)

In quel locale era possibile acquistare un quadrato di cioccolato con le nocciole grande come il palmo della mia mano (ero già grosso allora); lo addentavo famelico come Lupo Ezechiele avrebbe voluto fare con i tre porcellini. Colomba Gatti, la cassiera, tagliava quel quadrato dalla stecca e me lo porgeva: non aveva la stagnola intorno, né etichette indicanti la marca, ma era, francamente, buonissimo. Voi non ci crederete, ma al primo morso il mal di piedi scompariva completamente, permettendomi di raggiungere con la famiglia il negozio del Signor Donati, forse in pensiero per i nerazzurri, ma in perfetta salute.

L’ingresso del Bar Borasi (foto R. Lera. 2024)

Quando al giorno d’oggi passo davanti a ciò che rimane di quel bar, abbandonato per la mancanza di parcheggio e forse economicamente messo in difficoltà dalla presenza del vicino bar dell’Agip (ora Suissa), la mia memoria vola sul quel pezzettone di cioccolato e sulle sue capacità medicamentose e taumaturgiche. Con tutti i dolori che hanno invaso ogni segmento del mio corpo quel dolciume mi potrebbe essere maledettamente utile. Chissà… potrebbe funzionare ancora?

Da sinistra: Simona Lera, Donata Donati e l’autore. Alle loro spalle “Belle Cose Vecchie”, il negozio di antiquariato di via Cassano (Foto: Cesare Lera, 1964)
Alessandra Lera, l’unica che non poteva lamentarsi per il mal di piedi (Foto: Cesare Lera, 1964)
  1. E bugiòun, il bucone, era una grossa scarpata che occupava l’attuale piazza Matteotti e l’area dove si trova attualmente il ristorante Pesca e Mangia.

Riccardo Lera

"Io nella vita ho fatto tutto, o meglio un poco di tutto" (Uomo e galantuomo di Eduardo De Filippo) Pediatra, scrittore per diletto, dal 2002 al 2012 assessore alla cultura di Serravalle Scrivia; ex scadente giocatore, poi allenatore e ora presidente del Basket Club Serravalle.

5 pensieri riguardo “Il cioccolato del bar Borasi

  • Andrea Traverso

    Bellissimo racconto di tempi che rappresentano un unicum storico – temporale .
    Oggi che andiamo tutti di corsa , viviamo in un posto e siamo connessi con il mondo con distrazioni esiziali inevitabili , rivivere e ricordare la magia di questi luoghi è molto bello .

    Grazie mille , Riccardo .

  • Giuseppe Marchioni

    Osseloricordo “l’autogrill” di Borasi all’ingresso dell’autostrada, la domenica mattina andavamo a fare un giro per il paese e poi andavamo a bere li.

  • Giorgio Semino

    bellissimo racconto signor Lera, mi sono immedesimato in quel mondo leggendo il suo scritto. io, anche se un poco più giovine, ma non troppo, adoro quei tempi anche se piuttosto duri. Ancora grazie.
    Giorgio

  • Riccardo Lera

    Grazie a lei!!

  • Riccardo Lera

    Grazie Andrea!

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