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L’Antico Forno “Pulini” di Bosio

Il caffè è sulla moka che gorgheggia, mentre canestrelli e baci di dama sono già sul tavolone di marmo con tre sedie pronte a ospitare una piacevole chiacchierata. Aria di casa, anche per chi scrive che, non appena varca la porta del retrobottega, si sente dire: “Lo sapevi che mio nonno era il fornaio nel negozio del tuo bisnonno?”. Una piacevole sorpresa, quella che racconta Maria Alba Merlo, per tutti, a Bosio e non solo, Pucci. Seconda generazione del forno Pulini; la terza è rappresentata dal figlio Emiliano. Sono loro gli attori principali di questa storia che racconta di prelibatezze locali, memoria e modernizzazione. Senza dimenticare l’amore per il proprio paese. E la voglia di lottare e tenere duro, in barba allo spopolamento delle valli di montagna e delle decisioni, spesso insensate, di chi lascia i piccoli artigiani al loro complesso destino. Sono quasi le sette e l’ultimo cliente ha salutato pochi minuti fa. La luce cala anche su questo borgo adagiato sotto il monte Tobbio. Prima di chiudere la serranda, c’è qualche minuto di tempo per parlare. Il filo della narrazione lo lasciamo a Emiliano, mentre Pucci interviene di tanto in tanto, memoria storica tra il banco pieno di delizie dolci e salate.

Un illustre riconoscimento al lavoro di “Pucci” ed Emiliano

“Sono nato qui dentro. Sono cresciuto mangiando esattamente su questo tavolo. Era la mia casa. Dentro queste mura hanno lavorato prima mio nonno e poi i miei zii. Io facevo un altro mestiere, ma ero rimasto appassionato di questo mondo. Il forno, il pane, i dolci. L’amore per la semplicità, le ricette tramandate in famiglia. Tredici anni fa, sono ritornato a casa”.

Emiliano Guido raccoglie il testimone dai fratelli di mamma Pucci, non prima di avere imparato il mestiere e i suoi segreti da un esperto pasticcere. Parla con la passione di chi ama ciò che fa; “nonostante certi giorni io e lei litighiamo già di prima mattina” afferma sorridendo mentre guarda sua mamma annuire. La gavetta, necessaria per intuire che non bisogna stravolgere un’attività che funziona. L’idea, basta quella giusta.

“Avevamo capito che il tempo di puntare solo sul pane era finito. All’epoca di mio nonno era l’alimento fondamentale dentro ogni casa, ma gli anni passano e i gusti cambiano. Da un chilo di pane a famiglia siamo passati a qualche panino. Ecco perché ho scelto di allargare la gamma dei prodotti di pasticceria”.

Se a elencarli dentro un foglio di Word viene appetito, immaginatevi a vederli dal vivo, freschi di giornata. Una carrellata di prelibatezze che in val Lemme sono note a tutti. Baci di dama, strappato con le uvette, focaccia stirata, canestrelli di pastafrolla (“il nostro simbolo” afferma Emiliano, “insieme al rustico e alla torta eccellenza, merito della mamma”). La ricetta rimane la stessa. Pochi ingredienti, ma giusti.

“Tradizione, qualità e piccole migliorie per alzare il livello dei nostri dolci. Da un lato, cerchiamo di non scordarci delle nostre origini. Le radici bosiesi che mio nonno ha creato, sin dai tempi in cui lavorava nel forno, mentre la nonna gestiva il negozio, nel lontano 1934. La qualità, che deve rimanere alta. I nostri prodotti buoni li sono sempre stati, ma dopo aver appreso il mestiere ho capito che servivano dei perfezionamenti”.

Per il futuro prossimo, intanto, sono previste novità che preferiamo non svelarvi. Meglio dare voce a Pucci, anche lei una vita tra il banco e il retro.

“Il bello di questi negozi resta la gestione famigliare. Si fatica, si lavora duramente, ma ogni giorno hai il riconoscimento migliore. Quello dei nostri clienti, che non smetteremo mai di ringraziare. Con loro si è creato, nel tempo, un rapporto di fiducia e con alcuni di amicizia”.

I protagonisti di questa storia: Mara, Pucci, Emiliano

Resistere, parola che tra il Lemme e l’Ardana ha connotati storici importanti, è una lotta quotidiana. Problemi della provincia italiana, che si danna l’anima affinchè i suoi abitanti sfuggano al richiamo della comodità metropolitana. “Abbiamo passato momenti difficili” prosegue Pucci “sia a livello famigliare che a causa dello spopolamento di Bosio e della valle. Tempo fa, i tre mesi estivi erano quelli dove non si smetteva mai di lavorare. Anche le vacanze cambiano. Le famiglie preferiscono il mare alla seconda casa e salgono in valle soprattutto ad agosto. Grazie a mio figlio, però, ci siamo ripresi, ci siamo aggiornati e abbiamo aumentato la nostra offerta. Il tutto, dando un’impronta regionale a un negozio locale”. Come? Con meritati riconoscimenti. Quello di Eccellenza Artigiana su tutte. Senza dimenticare l’inserimento nella guida Il Golosario o la visita della rappresentanza del FAI.

“Di un progetto siamo molto orgogliosi” interviene Pucci mentre porta in tavola i suoi canestrelli “ed è Botteghe Scuola. Abbiamo partecipato per dodici anni, grazie al bando della Regione. Insegnavamo il mestiere a un giovane, il quale veniva a lavorare da noi per sei mesi. La persona riceveva uno stipendio e imparava un lavoro e noi avevamo la possibilità di decidere se investire su uno di loro, una volta terminato il contratto”.

Puntare sui giovani per trasmetterli la passione dei sapori di una volta. Passato e futuro che si mescolano insieme, come il burro con le nocciole tostate che vanno a creare quei baci dal sapore unico. Innovare ricercando nuove ricette. Tradizione che a Bosio fa rima con San Bernardo. La festa patronale che ogni 20 agosto riempie il paese. La messa, la processione, i fuochi d’artificio, il Major, le feste nelle aie, balli e vino. Pagine di ricordi. Istantanee novecentesche di un borgo immerso tra i profumi dei vigneti e i boschi dove si va per funghi. Dove, ogni 19 agosto, giorno che precede la grande celebrazione, mamme e nonne si mettono in cucina per un solo scopo: realizzare le immancabili torte di riso. “La tradizione di cuocere per conto terzi” spiega Emiliano “non si è mai fermata. Nemmeno oggi. Mio nonno cuoceva 300 torte di riso, portate dai Bosiesi, in un giorno solo. Io ”prosegue sorridendo“ mi sono fermato a 90, ma ti assicuro che è un buon numero, visto che non siamo più popolosi come una volta”.

Bosio conta circa mille abitanti. La paura della fuga verso la pianura resta, anche se Gavi dista solo cinque minuti, Serravalle un quarto d’ora. “Sarebbe bello se si incentivassero le persone a restare nel loro paese” dice Pucci mentre ci saluta. Loro, intanto, tengono duro. Il sorriso di chi lavora con il cuore. Il sudore di un’altra giornata che è appena finita, ma che precede di poche ore la prossima fatica. La Festa si avvicina. Emiliano si rimette all’opera, pronto a sfornare i suoi nuovi capolavori.

Un pensiero su “L’Antico Forno “Pulini” di Bosio

  • Andrea Gian Battista Traverso

    Ho letto volentieri questi bellissimi ricordi che , per fortuna , continuano a vivere e a dare frutti .
    Mi piace la dedizione al lavoro e la precisa ricerca della qualità vera degli ingredienti che era distinitiva anche alla mia Famiglia.
    Il più grande ” in bocca al lupo ” e un abbraccio .

    Ad maiora semper !

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