ERIZZO, Pierluigi
Avvocato, Scrittore e Astronomo – (Padova 1884 – Serravalle Scrivia 1962)
Figlio dell’avvocato padovano di origine, ma trapiantato a Genova, Paolo Francesco Erizzo, intellettuale di vaglia, amico di letterati genovesi (Sem Benelli, Enrico Tumiati, Virgilio Brocchi, Gilberto Govi, e molti altri), ha scritto oltre ai libri, testi teatrali (tra gli altri, Le trappole del Bosco, rappresentato all’Excelsior di Milano dalla compagnia Melato–Tumiati il 5 dicembre 1933). Dotato di uno spirito arguto, quasi al limite della crudeltà (si vedano a questo proposito alcune pagine de “Il regalo del Mandrogno”), aveva il dono della risposta fulminea e tagliente: una sua nipote (figlia della sorella, Bianca) aveva sposato un signore che portava il cognome di Gnone; lui non perdeva occasione, ogni volta che gli rivolgeva la parola, di chiamarlo “Caro Gnone…”, per il solo gusto della battuta arguta.
Aveva combattuto nella Prima Guerra Mondiale, come il fratello Ettore, con il grado di sottotenente degli Alpini. Ferito da uno shrapnel nella Battaglia dell’Altipiano a Tribil di sotto (Stregna) il 15 maggio del 1916, fu congedato. Come il fratello Ettore, anch’egli ferito – e più gravemente ad un piede – non volle mai parlare di quegli anni e di quell’esperienza.
Fu amico e mecenate, dal 1923 fino alla sua morte, del pittore ed illustratore Vsevolode Nicouline, spesso ospite estivo a Villa Erizzo al Montespineto.
Il suo studio legale in Genova lo vide continuare l’opera professionale del padre, Paolo Francesco, insieme al fratello Ettore, con il quale aveva l’abitudine di scrivere a quattro mani ogni atto, comparsa o documento: da questa inveterata abitudine scaturì la scrittura del più celebre degli scritti a firma dei due fratelli: Il regalo del Mandrogno.
Così lo ricorda la nipote Dorothea (figlia di Ida Erizzo):
Era un grande avvocato: lo definivano “principe del foro”; era un astronomo di fama e un fotografo dilettante eccezionale, ma per me era semplicemente il nonno. Il mio unico nonno. Il nonno Rodocanachi era morto l’anno della mia nascita e non lo avevo praticamente conosciuto. Ho un ricordo vivissimo del nonno Piligi o Pielle come lo chiamavo da bambina; mi ha insegnato tante cose entusiasmanti e affascinanti e mi ha fatto scoprire il mondo magico delle stelle. Notti d’estate a Serravalle, notti scure.
Lontano a venire l’inquinamento luminoso di Outlet e centri commerciali, qualche luce sul piazzale dell’autostrada ma su da noi il buio. Per stare più all’oscuro possibile lui portava il suo telescopio in una radura in fondo a un bosco di castagni. Io lo seguivo curiosa e inquieta; il bosco era pieno di fruscii, di voci, di movimenti. Mi pareva di essere Biancaneve, abbandonata nella foresta dal cacciatore, e trasalivo ad ogni rumore. Il nonno aveva intuito la mia paura e voleva liberarmi dai timori; così talvolta, a metà serata, mentre armeggiava col telescopio dopo avermi mostrato i mari secchi della luna o gli anelli di Saturno mi confessava di aver dimenticato a casa qualche pezzo fondamentale e mi pregava di andare a prenderlo. Poche centinaia di metri ma… Con il cuore in gola mi precipitavo, la torcia in mano, col terrore che si spegnesse. Trattenevo quasi il respiro per l’ansia, ma mai mi sarei sottratta a quella prova che mi fruttava anche i complimenti di genitori e zii per il coraggio dimostrato. La ricompensa era grande; mi sembrava di percepire quasi fisicamente la sua stima e ne ero molto gratificata. Adoravo anche i suoi racconti sulla famiglia, sulla guerra [la seconda, non la prima – N.d.r.], su quando erano sfollati a Serravalle e lui, con suo fratello Ettore, scriveva “Il regalo del Mandrogno”. Storie di fantasia e storie reali si intrecciavano allora in un grande affresco del tempo passato che mi affascinava e mi conquistava. I mesi trascorsi a Serravalle, ogni anno dalla fine della scuola fino ai primi di ottobre erano il periodo più bello della mia vita; troppo presto siamo venuti via da Genova e potevo godermi i nonni solo durante quelle lunghissime estati, piene di lucciole, di cicale e di magia. Fantasticavo di notte su come mi sarebbe piaciuto avere una vita come la sua. Pensavo a tutte le sue esperienze, ai ragazzi nascosti nello sgabuzzino delle biciclette mentre i nonni prendevano una tazza di tè con soldati tedeschi a caccia di partigiani, sfoggiando un impeccabile tedesco. Quante cose ho imparato da lui! Adesso che sono nonna anch’io mi auguro con tutto il cuore che le mie nipoti provino un giorno per me la stessa affettuosa venerazione che io provo per il suo ricordo.
Bibliografia:
– Conoscere il cielo – Cavallotti 1948;
con il fratello, Ettore Erizzo:
– La vita dell’avvocato – Cavallotti 1936 (cinque edizioni – tradotto in sette lingue)
– Il regalo del Mandrogno – Cavallotti 1946 (nove edizioni).