Montespineto – Il colle e il Santuario
IL NOME
Una voce di enciclopedia dedicata a un colle dovrebbe partire senza esitazione dall’etimologia.
Facile a dirsi, perché le ipotesi si accavallano e si contraddicono. Eppure non sembrerebbe, con quel nome all’apparenza così facile da classificare!
Però provate a scorrere qualche motore di ricerca. Punto uno, di Montespineto ne esce uno e uno solo! E anche a scorrere le più aristocratiche enciclopedie cartacee le cose non cambiano. La Treccani, cartacea e online, non si cura neppure del nostro Montespineto. Insomma, già questo è un bel record ed è anche sorprendente per un colle con un nome così comune, mica Pirchiriano o Corna Camozzera…
Punto secondo, a proposito di etimologie, ipotesi sicure non se ne trovano e le fonti cui affidarsi sono davvero poche. Elenchiamo le più accreditate.
La prima ipotesi fa discendere il nome del colle dal biancospino. In quell’incrocio incerto tra storia, leggenda e narrazioni di tradizione popolare si colloca il racconto che vuole Stazzano invaso dai soldati del Barbarossa. Gli abitanti si rifugiarono sul colle in trepida attesa e in preghiera. Ritiratisi i nemici venne eretta una cappella in ringraziamento per lo scampato pericolo. All’inizio del XVII secolo Stazzano fu nuovamente minacciata di saccheggio dalle truppe francesi, e gli abitanti tornarono a rifugiarsi introno alla cappella in preghiera. Quando videro una colomba posarsi a più riprese sempre sullo stesso cespuglio di biancospino poco distante lo interpretarono come un segno. Tornarono a valle e trovarono il loro paese intatto, “miracolosamente” risparmiato dagli invasori. Questa volta decisero di edificare un Santuario quale segno di ringraziamento.
La seconda ipotesi è, per così dire, la versione laica della precedente. Il luogo deve il suo nome all’intrico di rovi e cespugli irti di spine che ne facevano il nascondiglio ideale per i banditi, tra i quali il celeberrimo Mayno della Spinetta il quale proprio qui aveva uno dei suoi rifugi.
Terza ipotesi. Il nome deriverebbe dalla significativa presenza di pini, poco presenti in zona ma qui numerosi come relitto della foresta planiziale preglaciale (e diversi pini in effetti ancora ci sono). In questo caso il nome sarebbe il risultato di una storpiatura, non infrequente, del nome latino: Mons (monte) Pinetum diverrebbe dunque Monte-spineto.
La quarta ipotesi rimanda alla vicenda complicata e misteriosa dei templari. A una ventina di chilometri di distanza dal colle si trova il piccolo Comune di Spineto Scrivia, per alcuni studiosi avamposto Templare sulla via per Genova e dai quali prende il nome (la spina è uno dei simboli dell’ordine dei Templari); per questi studiosi anche Montespineto sarebbe un’altra tappa templare verso Genova, dunque legato alle loro vicende e da essi prenderebbe il nome.
In effetti le ipotesi possono essere così diverse e contradditorie anche perché le fonti scritte un po’ latitano, ci si affida al racconto orale, al sentito dire a al ricordo. Qualche appiglio in più per la prima ipotesi, ma anche qui… “La leggenda narra”, ovvero una specie di versione scritta dell’oralità.
Se la questione dell’etimologia è complicata assai, le cose non si fanno certo semplici quando si passa alla corografia e alla geografia del monte. Un colle triangolare, come ci ricorda Clelio Goggi, le cui pendici appartengono a tre comuni: Serravalle Scrivia, Stazzano e Vignole Borbera. Anche i confini, nel tempo, sono un po’ ballerini. Di sicuro però la sommità appartiene a Stazzano, dunque il Santuario amministrativamente gli compete (con però, tanto per cambiare, una curiosa appendice…); dal punto di vista religioso, culturale, delle tradizioni i debiti con Serravalle e con gli altri centri della valle Scrivia e Borbera sono invece assolutamente significativi.
DEVOZIONE, GITE, VILLEGGIO
Montespineto, 460 metri s.l.m., è un luogo panoramico di grande suggestione, si presta sia alle passeggiate e alle escursioni sia ai momenti di meditazione.
Tra fine Ottocento e anni Sessanta del Novecento i giornali locali ospitano numerosi articoli e trafiletti dove si racconta di escursioni e pellegrinaggi in cui spesso sacro e profano si mescolano e si confondono. La Diocesi di Tortona lo utilizza frequentemente per dibattiti, momenti di preghiera e ritiri spirituali. Associazioni sportive, ricreative, culturali e, nel ventennio fascista, dopolavoristiche, ne fanno una delle mete preferite dei loro incontri. Molte fabbriche lo scelgono come punto d’arrivo delle gite premio organizzate per i loro dipendenti.
Non sono rare le occasioni in cui sul colle convergono migliaia e migliaia di persone. La vicinanza della stazione ferroviaria facilita infatti l’arrivo di comitive anche da paesi e città abbastanza distanti e favorisce gli incontri a carattere provinciale e interprovinciale.
Volendo esemplificare c’è solo l’imbarazzo della scelta. Nel 1893 a Montespineto si svolge un congresso diocesano di Azione Cattolica che richiama più di diecimila persone. Nel 1935 salgono al Santuario migliaia di iscritti alle diverse organizzazioni del Dopolavoro fascista. E poi più recente un grande raduno di diverse sezioni dell’Associazione nazionale alpini nel 1988.
Tra Ottocento e inizio Novecento Montespineto e le sue vicinanze sono anche tra le più apprezzate mete dei villeggiatura della borghesia genovese molto numerosa in valle Scrivia nei mesi estivi. “la Società”, settimanale dei conservatori novesi vicini a Urbano Rattazzi, così “invita” il 10 luglio 1880 i villeggianti genovesi a raggiungere l’entroterra per il loro riposo estivo:
“Fra gli infocati marmi delle ville di Genova, aduste
Dal solleone, come resisti ancora?
Vieni a goder la brezza che discende dal Monte Spineto,
le fresche aurette qui della Valle Scura”
Percorrendo il colle si possono ancora incontrare diverse abitazioni, a volte in stato di abbandono, in cui soggiornarono le benestanti famiglie liguri in cerca di “brezza” e “fresche aurette”.
ARTE E STORIA
Naturalmente l’emergenza storico-architettonica di maggior rilievo del colle è il Santuario, la cui erezione, e qui si passa dalle leggenda alla realtà, è dovuta alla volontà di Paolo Arese, Vescovo di Tortona dal 1620 al 1644. Nel tempo si sono succeduti diversi ampliamenti e diverse modifiche della struttura originaria, i più importanti nel 1840 (costruzione di due arcate) e nel 1866 (completamento della facciata). Per la visita, oltre all’interno del Santuario, meritano una segnalazione il convitto, la scala santa, la collezione di ex voto e le cappelle della via Crucis.
Il convitto è una grande struttura che consta 44 ambienti; viene inaugurato “domenica 28 luglio [1929] tra grande concorso di popolo e solenni festeggiamenti. […] Si compone di trentasei locali (oltre il pianoterreno) fra i quali due vastissimi saloni. Per tenervi ritiri spirituali, tanto per sacerdoti, quanto per laici, è un posto indicatissimo. C’è tutto: quiete , aria buona e il santuario della Vergine” (“Il Popolo”, 25 agosto 1929). Per alcuni decenni ospita migliaia di pellegrini, soprattutto giovani dell’Azione Cattolica e incontri destinati al clero della Diocesi.
Da diversi anni il convitto è inagibile, ma nel 2009 l’allora Rettore Nello Tombacco commissionò un progetto per la riconversione della struttura in casa vacanza per religiosi rimasto però inattuato.
La Scala Santa viene realizzata in occasione dell’Anno Santo 1950 e ha inizio al termine delle cappelle della via Crucis. L’ultimo restauro è del 2010.
L’idea e la realizzazione del convitto e della Scala Santa sono dovute a Monsignor Vincenzo Guido, Rettore del Santuario per ben 45 anni, dal 1919 al 1965.
GLI EX VOTO
La collezione degli ex voto è una delle più importanti testimonianze di religiosità popolare del Piemonte. Anche se non conserva esemplari molto antichi, la tipologia e i soggetti dei dipinti sono stati oggetto di attenzione da parte di diversi studiosi. Abbandonati per decenni, sono ora sistemati in locali appositamente restaurati ed allestiti per iniziativa del Rettore don Sesto Falchetti. La collezione è nuovamente accessibile al pubblico dal dicembre 2012.
LE CAPPELLE DELLA VIA CRUCIS
Se il Santuario, il convitto e le altre pertinenze appartengono al Comune di Stazzano esiste però una componente importante del percorso devozionale – e del patrimonio artistico di Montespineto – situata interamente nel territorio amministrativo del Comune di Serravalle: lungo i tornanti dell’ultimo tratto di salita, che si trova in territorio serravallese, sono infatti sistemate 14 cappelle ognuna delle quali è dedicata a una stazione della Via Crucis.
Le cappelle sono decorate con notevoli ceramiche realizzate nel 1937 da due giovani artisti, il ceramista biellese Pippo Pozzi e il pittore alessandrino Umberto Rey, titolari del laboratorio “Keramos” di Biella: “In questo nuovo laboratorio è stata ultimata una magnifica Via Crucis su piastrelle: 14 quadri di mt 1.50×1.20 di 45 pezzi ciascuno che sono riusciti magnificamente e che sono già a posto del Santuario di Montespineto” (“Il Popolo Biellese, 18 aprile 1938).
Come diverse altre, anche la Via Crucis di Montespineto propone una quindicesima Cappella installata recentemente per volontà del Rettore Sesto Falchetti: si trova al termine della Scala Santa ed è stata terminata nell’ottobre 2015.
L’OPERA DI DON ORIONE E DON VINCENZO GUIDO
Il Santuario dal 1985 è affidato alla cura dell’Opera di Don Orione; ma gli orionini e don Orione in prima persona hanno avuto un ruolo importantissimo nelle vicende del Santuario nell’ultimo secolo: “Qui don Orione era di casa – raccontò in una intervista rilasciata nel 2010 l’allora Rettore don Ugo Bozzi – Salì più volte come pellegrino ma anche come sacerdote per la predicazione e le confessioni, vi pose i suoi eremiti come custodi fino all’arrivo di don Guido nel 1919” (“il Popolo”, 29 aprile 2010). Di don Orione il futuro Monsignor Vincenzo Guido era stato compagno di seminario.
IL MONTE E LA LETTERATURA
Montespineto ha ispirato anche la letteratura. Molta poesia, come è ovvio, non sempre eccelsa. Poi diversi libri di ricordi e romanzi.
Tra i primi merita di essere ricordato il volume di Silvano Masini, Carpasio, il calesse dei sogni, Imperiese editrice.
Tra i romanzi bisogna sicuramente citare Virgilio Bellone, Mayno della Spinetta, Viglongo, 1935, storia romanzata del celebre bandito stile Robin Hood; Rosario Magrì, Il tempio e la spada, Massimo, 1962, un singolare romanzo ambientato a Libarna che propone una descrizione del colle in età romana; Pierluigi e Ettore Erizzo, Il regalo del mandrogno, Araba Fenice, 2004, la famosa saga familiare serravallese con molte scene ambientate sul colle, ovvero appena dietro casa per i due autori.
Ma a cercare si trova sicuramente altro. Io, per esempio, ho rintracciato un racconto di Mario Soldati inserito nella raccolta 44 novelle per l’estate (Mondadori, 1979).
TRA OTTOCENTO E NOVECENTO: LA GRANDE FESTA NOTTURNA
Per terminare e, chissà, lanciare uno sguardo verso il futuro, conviene dedicare ancora un poco d’attenzione al tema delle feste e delle ricorrenze legate al nostro colle.
Ad attirare il maggior numero di fedeli, e più genericamente di visitatori, sono le feste del mese Mariano (ma maggio è anche il mese della festività dedicata a don Orione), di S. Anna e della prima domenica dopo l’Assunta, festa patronale di Montespineto. Così è oggi e ancor più era in passato.
Tra Ottocento e primi decenni del Novecento in quelle occasioni Montespineto diventava uno dei più importanti centri di richiamo devozionale, escursionistico ed anche commerciale di tutta la Valle Scrivia e del Novese, in un intreccio inestricabile tra momento religioso e festività laica. Un tema al quale vale la pena dedicare un approfondimento. Qui è doveroso e interessante ricordare la principale di queste feste, in programma nella seconda metà di agosto e impostata come una vera e propria “notte bianca” ante litteram:
“La festa della Madonna di Monte Spineto, celebrata la terza domenica di agosto, si svolgeva praticamente durante tutta la notte della vigilia oltreché nel giorno festivo vero e proprio. […] Al Santuario si effettuava una specie di fiera notturna con banchetti di vendita illuminati a petrolio o ad acetilene, era costume anche a notte inoltrata recarvisi per acquistare o comunque per dar pretesto ad una passeggiata notturna facilitata da una frescura di fine estate” (Roberto Allegri, Due secoli di storia, Società Storica del Novese, 1990)
Una festa in cui aspetti religiosi e aspetti laici si confondono, capace di richiamare migliaia di persone per più di ventiquattro ore consecutive. Per l’occasione dall’imbrunire Montespineto brillava di luce: la strada verso il Santuario, fitta di bancarelle, era suggestivamente illuminata prima con torce e falò, poi ad olio e poi nel primo dopoguerra finalmente con la corrente elettrica. Uno spettacolo emozionante e coinvolgente al quale prima o poi forse si potrebbe tornare a pensare, per riproporre, innovandola, una tradizione secolare.
UN FILMATO DI CARLO PUNTA. MONTESPINETO NEGLI ANNI SESSANTA
Infine uno “sguardo” su Montespineto negli anni Sessanta. Sono gli ultimi anni del rettorato di don Guido, e il colle è ancora una meta tradizionale non solo per devoti e fedeli che vi si affollano ma anche per i cittadini che lo raggiungono come meta della loro scampagnata domenicale.
L’autocorriera che arriva sul piazzale del santuario è, nelle giornale primaverili e ed estive, stracolma di donne, uomini e bambini. La videocamera di Carlo Punta ha immortalato una di queste giornate in cui devozione e festa laica si intrecciano strettamente, così come avveniva nella grande domenica d’agosto a cavallo tra Ottocento e Novecento.
Per una descrizione esaustiva del Santuario e delle festività si veda il sito Madonna di Montespineto
Per maggiori notizie sul tema degli ex voto è utile una visita al sito Italia votiva, ricchissimo di informazioni e con molte schede relative agli ex voto di Montespineto.