Uncategorized

Federico Martinotti, scienziato e galantuomo, padre dello Spumante Italiano. Cent’anni dopo. 1924 – 2024

Chi era Federico Martinotti? Un grande e geniale Piemontese. La sua opera è davvero poco nota, e solo una piccola parte di addetti ai lavori del settore vinicolo ne conosce il nome, ma merita di essere ricordato. Nella ricorrenza del centenario dalla morte, cerchiamo di fare chiarezza storica sui suoi meriti misconosciuti.

Nato a Villanova Monferrato nel 1860, morto ad Asti nel 1924, fu un uomo del suo territorio, e per tutta la vita mantenne le radici ben salde tra Monferrato e Piemonte. Qui crebbe, studiò e lavorò, contribuendo a accrescere la centralità che il Piemonte proprio in quel periodo raggiunse in ambito agricolo e in particolare vitivinicolo, anche a livello internazionale. In un certo senso, una figura  modernissima, all’insegna del motto “act local, think global” che oggi è tanto di moda.

La formazione educativa di Martinotti passa per Valenza Po, dove frequenta il Ginnasio, e per il Liceo a Casale Monferrato e Vercelli. Poi due anni alla facoltà di Medicina a Torino, abbandonata per conseguire la finale Laurea in Chimica e Farmacia nel 1887. La sua vita professionale comincia a Torino nel 1888, quando entra come ricercatore alla Stazione Agraria. Da quel momento la sua carriera prosegue con un percorso solido e coerente, dapprima con l’incarico di Assistente nella stessa Stazione, e poi, nel 1901, al ruolo di Direttore della Reale Stazione Enologica Sperimentale di Asti. Nel frattempo, il suo prestigio si accresce, era stato ammesso alla Regia Accademia d’Agricoltura nel 1899, e nel 1909 viene nominato Cavaliere su proposta del Ministro per l’Agricoltura.

I suoi studi e le sue ricerche sono costantemente dirette al progresso agrario, e alla soluzione di problemi tecnici di ogni tipo, dal vigneto alla cantina e oltre. Fu uno studioso di quelli che non smettono mai di migliorarsi, e mettono la propria scienza al servizio degli altri e della collettività, senza preoccuparsi di arricchirsi personalmente. E’ stato un grande divulgatore, attraverso le sue pubblicazioni e le sue pubbliche conferenze, un maestro esemplare alla cui scuola sono cresciuti molti discepoli e l’intero mondo vitivinicolo. Il suo nome dovrebbe essere per sempre legato alla sua invenzione di un metodo di spumantizzazione più rapido e economico del metodo champenoise,  in grado di consentire quantitativi di produzione decisamente maggiori con la rifermentazione in autoclave.  

Il “metodo di spumantizzazione Martinotti”, e l’impianto tecnologico in grado di realizzarlo, sono stati da lui completamente ideati, e brevettati in tutta Europa, nel 1895. La sua invenzione è stata in seguito erroneamente identificata col nome del francese Eugène Charmat, un ingegnere che in realtà era il suo agente-concessionario per la Francia, e che nel 1910 brevettò alcune piccole modifiche all’impianto originale. Di fatto la storia di Martinotti parrebbe uno dei tanti casi di inventori espropriati del proprio genio, quantomeno nel ricordo storico, anche se in vita Charmat MAI pretese di essere il creatore, o di far torto al suo benefattore. In ogni modo il mondo enologico e l’Italia in generale dovrebbero riappropriarsi con orgoglio della verità storica, e Martinotti andrebbe ricordato come merita ogni volta che  si assaggia una fragrante coppa di  Asti o di Brachetto Spumante, o un calice di Prosecco o di altri spumanti. Non a caso sono vini che hanno grande prestigio e credibilità presso i mercati internazionali. Gli spumanti “metodo Martinotti” oggi sono in assoluto i più bevuti nel mondo. Per questo almeno i piemontesi, e tutti i produttori che usano in Italia il suo Metodo, dovrebbero finalmemte smettere di fare gli esterofili e di usare, sbagliando, la definizione “metodo Charmat” sulle loro etichette e nella loro comunicazione. I francesi mica regalano ad altri la parola “champenoise”, anzi: agiscono per vie legali se qualcuno la usa. Orgoglio e difesa della storia e delle nostre radici significano anche sostenibilità e ritorno commerciale.

Tornando al nostro, è sorprendente la lettura delle opere scientifiche che Martinotti ci ha lasciato, le più significative delle quali sono raccolte nel volume biografico “Federico Martinotti – Oltre il Metodo” che con Nadia Biancato abbiamo redatto e pubblicato per la nostra casa editrice APPUNTI nel 2013. Lavori che ci mostrano un ricercatore e un innovatore a tutto tondo, che spazia dall’agronomia all’enologia senza risparmiarsi e sempre con grandi risultati. La sua genialità di inventore è testimoniata dalle pubblicazioni che propongono innovative soluzioni impiantistiche nei metodi di chiusura e tappatura, nelle vasche di fermentazione, nella concentrazione dei mosti e nell’uso del freddo in enologia.

I suoi studi parassitologici sulla peronospora e sulla fillossera ebbero enorme rilevanza: Martinotti teorizzò tra i primi la necessità di innesto delle viti su piede americano, dedicando studi agronomico-vivaistici specifici per identificare le varietà da innesto migliori e contribuendo così a salvare le viti piemontesi dall’incombente disastro totale.

Su scala territoriale, i lavori ampelografici sui vitigni autoctoni del Monferrato Casalese, con gli approfondimenti sul Moscato, suscitano ancora ammirazione a distanza di quasi un secolo e mezzo anche in molti giovani agronomi ed enologi moderni, così come i suoi numerosi “saggi tecnici” sugli Spumanti, ricchissimi di particolari pratici che potrebbero essere una fondamentale base di approfondimento per ogni enologo o cantiniere moderno.  Concludendo il principale di questi saggi, nel 1893, Martinotti esprime tutto il suo motivato orgoglio per il vino italiano: “(…) Sulla bottiglia poi non poniamo più nomi stranieri, ma il suo bravo Spumante Italiano che, conscio del proprio valore, non ha tema di mostrarsi a viso aperto al mondo”. Fu con la forza di questo amore per il territorio che nello stesso anno si occupò di Moscato Spumante, legando così indissolubilmente la sua vita a quello che diventerà l’Asti docg.

Oltre alle opere dell’autore, la nostra biografia raccoglie anche alcuni dei lavori di analisi e attestati di stima che nel corso degli anni gli  furono dedicati da molti esegeti ed epigoni. Anche questi testi, nella loro autonomia critica, sono una autorevole e approfondita conferma delle qualità di colui che fu un grande precursore.

Impianto Martinotti: disegno originale allegato alla pratica di brevetto 1885

Federico Martinotti fu un eccellente funzionario dello Stato, rigoroso e integerrimo, con un irreprensibile senso del dovere. Galantuomo tutto d’un pezzo, di ferrea onestà, che si dimostrò in ogni contingenza dedito esclusivamente al bene comune. Quando il potere politico gli chiese compromessi in cambio di benefici personali, lui non cedette alle pressioni e lusinghe di chi gli suggeriva di “chiudere un occhio” per allentare i controlli e allargare le maglie normative che da lui dipendevano per favorire  certi “grandi elettori” disonesti, che già allora popolavano il mondo del vino. Restò a schiena dritta, e i politici gliela fecero pagare, al punto che gli ultimi suoi anni di vita lo videro decisamente amareggiato e ostacolato professionalmente. Ma accuratezza, serietà, applicazione e cura di ogni dettaglio erano sue doti innate, a cui non rinunciò mai. In questi tempi oscuri, basterebbe questo per ammirare l’uomo. Ma ancor più c’è l’evidenza della sua grandezza professionale di agronomo ed enologo, e l’abilità di innovatore e inventore geniale che traspare da ogni suo scritto, da ogni sua nota tecnica.  Decisamente, Martinotti ha lasciato un grande segno, con discrezione e senza protagonismi.

Se potessimo incrociarlo all’uscita dal suo ufficio di Asti, o per le strade del suo paese natale, ci verrebbe naturale salutarlo come usava a Torino sul finire dell’ottocento, sollevando il cappello con un lieve inchino del capo: “Cerea, monsù Martinotti!”. E probabilmente la nostra stima discreta gli basterebbe, come ricompensa del suo lavoro.

IL METODO DI SPUMANTIZZAZIONE MARTINOTTI

Permette di ottenere spumanti pronti al consumo in tempi più rapidi e con costi inferiori rispetto al Metodo Classico della rifermentazione in bottiglia.  

Questi vini presentano aromi fruttati e molto freschi e un buon perlage. Rispetto al metodo classico, che prevede la doppia fermentazione in bottiglia con sboccatura intermedia, qui la fermentazione avviene in grandi recipienti sigillati (autoclavi) in modo da conservare l’anidride carbonica naturale, e tutte le fasi successive sono effettuate in ambiente sigillato isobarico (a pressione costante).  

Lo SCHEMA PRODUTTIVO è il seguente:  

  • • assemblaggio dei vini-base
  • • filtrazione
  • • aggiunta sciroppo tiraggio
  • • presa di spuma
  • • travaso iperbarico
  • • stabilizzazione tartarica e filtrazione iperbarica
  • • addizione sciroppo spedizione (opzionale)
  • • imbottigliamento iperbarico, tappatura e confezionamento

Si possono ottenere sia spumanti dolci che secchi.  

Per i vini spumanti dolci la rifermentazione viene interrotta riducendo la temperatura a -4°/- 5°C quando il tenore zuccherino raggiunge il grado voluto.  

Tra gli spumanti oggi in commercio che beneficiano del Metodo Martinotti, i più noti sono Prosecco docg e doc, Asti  docg, Brachetto Acqui docg, Malvasia Casorzo doc, Lambrusco, Sekt e molti altri…


Maurizio Fava

Docente e Commissario FISAR, Sommelier, Assaggiatore ANAG,   già primo Direttore del Consorzio del Gavi, direttore di aziende vitivinicole a Gavi e Barolo, consulente di aziende del settore in Toscana, Veneto, Alto Adige, Sicilia, Umbria, Campania,   Primo direttore della Banca del Vino di Pollenzo, direttore del Corso per guide turistiche-enologiche della Regione Piemonte, a lungo responsabile di area per le Guide Vini di SlowFood e Gambero Rosso, collaboratore di varie testate italiane e straniere, autore del volume Le Vie Del Gavi, distribuito da RCS. Ha organizzato per dieci edizioni la manifestazione nazionale Alessandria TopWine per la promozione dei vini del territorio. Alle sue ricerche storiche e di cultura materiale si deve la rinascita del Montebore, oggi punto di forza del turismo enogastronomico in provincia. Dalla fondazione ricopre il ruolo di presidente della SOMS di Novi Ligure.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *