I Binari della mia vita – Su al nord
Nel 1990/1991 la Samp vinse lo scudetto. Allora frequentavo il cantiere di Colle Isarco dove si costruiva una galleria ferroviaria che ebbe numerosi problemi geologici. Pur non essendo uno sfegatato tifoso, mi portai una bandiera che con l’aiuto di un collega issai sotto a quella italiana. Venne anche pubblicata su un giornalino della squadra con il titolo “La bandiera blucerchiata più a nord d’Italia”. Mi pare di ricordare che il capo cantiere, fans dell’Atalanta, si arrabbiò parecchio ma la memoria ormai mi fa brutti scherzi.
La Val di Fleres sbocca nell’Isarco a Gossensass. Lì avevamo il cantiere ma A. e io dormivamo al Brennero nel Deposito Personale Viaggiante delle FS costruito da Cecco Beppe. Alla mattina facevamo colazione nel bar di stazione. Una volta decidemmo invece di fermarci a Gossensass e, dopo aver comprato le brioche nel panificio, ci apprestammo a prendere il caffè. Per inciso i bambini che si recavano a scuola, tutti colorati con i primi pile che vedevo, si mettevano in fila per entrare e ognuno aveva il sacchetto di carta del giorno precedente da riutilizzare: ambientalismo pratico dovuto al DNA. Orbene, entriamo nell’esercizio dove alcuni avventori parlavano il dialetto locale, chiaramente non accogliendoci a braccia aperte. La commessa, o la proprietaria, ci diede il caffè e in meno di un secondo il mio amico le disse:
«Ne ha ammazzati tanti questa mattina con simile bevanda?»
Sempre su al nord, una galleria aveva molti problemi con l’acqua seleniosa e una spinta della roccia mai vista. Con il collega ingegnere decidemmo di chiedere consiglio a un luminare. Questi, disponibilissimo e gentile, ci intrattenne tutta la mattinata con consigli ed esempi di altri tunnel. A mezzogiorno andammo a mangiare, ovviamente non in trattoria. Conversazione brillante, vino d’annata, persino il caffè altoatesino era buono. Devo anticipare che questo mio amico a cui tengo molto e che stimo, aveva il braccino un po’ corto e dovete sapere che la società dove lavoravo non avrebbe rimborsato il pranzo. Arriva il cameriere con il conto e l’augusto professore fa per prenderlo, quando io con scatto felino glielo soffio via dicendo: «E no ingegnere! Le abbiamo fatto perdere un sacco di ore, paghiamo noi». Quando l’altissimo e decoratissimo cameriere si allontanò con la mercede, il mio suddetto amico, con un sorriso compiaciuto, disse al venerando accademico:
«Se l’avesse saputo avrebbe mangiato di più, née!»
A est di Vipiteno c’è la piccola Val di Vizze dominata dal Passo del Giovo dove negli anni ’60 il primo attentato dinamitardo da parte dei separatisti tirolesi causò la morte di tre finanzieri. Il paesino di Fleres è l’unico in questo paradiso incantato e a pochi chilometri vi è una stube fiabesca. La scoprii durante un rilievo geologico agli inizi degli anni ’90. Per me e Ago divenne subito il rifugio di molte serate: per almeno cinque anni una volta la settimana arrivavamo lì verso le 19 – 19,30. La gestivano Anni e sua madre e ben difficilmente trovammo altri avventori se non qualche “tamocco” (così gli italiani di Bolzano chiamano i locali) che si beveva una birra. Orbene, arrivavamo e Anni ci riceveva, né sorridente né arcigna, dall’alto della sua giunonica statura nascosta da un grembiule bianchissimo sopra il costume tradizionale. Forse, dico forse, non le dispiacevamo perché eravamo discreti e mangiavamo qualunque cosa fosse pronta senza sbraitare o comportarci all’italiana. Stavamo fino alle dieci e, dopo l’ultimo bicchierino, ce ne andavamo a dormire. Una sera vi portammo dei colleghi romani in visita alla galleria ormai famosa per i problemi tecnici nell’avanzamento: li ammaestrammo sul comportamento da tenere e lodammo all’infinito lo strudel che la mamma di Anni preparava. Cenato con gusto, venne il momento dell’agognato dolce. «Anni ci porta, per favore, il capolavoro di sua madre?» Mi guardò in modo neutrale e rispose: «Purtroppo non ce n’è». «Ma come? L’ho visto di sfuggita sul tavolo in cucina!»
«Sì, ma non è fresco, è di stamattina!»
I tubi della caldaia all’aumentare della temperatura si dilatano e fanno un ticchettio che tiene compagnia dimostrando l’espandersi del calore in casa. Per me non è così. Una vita fa, insieme a un collega ingegnere, andai a fare un rilievo geomeccanico in un cunicolo esplorativo mi pare lungo 7 km subito dopo Bolzano. Era una giornata festiva e non c’era nessuno in cantiere, tanto meno in galleria: proprio per questo ci inoltrammo lentamente facendo misure e compilando schede perché le lampade dell’impianto erano accese. Forse a metà ci fermammo un attimo, sedendoci su quegli accrocchi utilizzati per evitare di essere investiti al passare dei vagoncini. Improvvisamente, il silenzio fu rotto da un boato e una polvere spessa ci investì; non riuscivamo a vederci a due passi l’uno dall’altro e in più mancò la corrente. Se qualcuno vi dice che in quei momenti è rimasto calmo e ha esaminato le varie soluzioni con sangue freddo, siate certi che non mi assomiglia per niente. In quell’attimo di paura si sentiva la roccia dilatarsi proprio come fanno i tubi: tic, tic, tic … Accendemmo le torce che fortunatamente ci eravamo portati e battemmo il record di corsa nei 2.000 metri in sotterraneo.
I nostri riferimenti erano i metodi austriaci per la realizzazione di gallerie anche se i contratti FS non lo permettevano. Alcuni colleghi della Stiria ci invitarono nel 1993 a visitare un tunnel in costruzione a Leoben: fu davvero interessante per le scelte tecnologiche che avemmo modo di apprezzare. Alla sera il sindaco di Admont, non ricordo il perché, ci invitò nella sua baita. Che panorama stupendo! Almeno quanto il pranzo a base di pollo fritto e altri manicaretti gastronomicamente leggeri, dal lardo ai salumi e ai formaggi di tutti i tipi. Ricordo che ogni qualvolta un commensale gridava PROST bisognava vuotare un bicchierino di schnaps, una grappa di prugne, e poi ricominciare a mangiare: invece non ricordo come arrivai in albergo. So che alla mattina scesi nel bar per farmi fare un the forte: a un tavolino i colleghi austriaci stavano facendo colazione con uovo alla coque, prosciutto, formaggio, birra, spremuta d’arancia e una caraffa di caffè ciascuno. Sono dei 4×4 umani.