CronacaDizionarioMilitariVittima del servizio

Giacomo, l’Alpino portato via dall’ “Orcolat”.

CHIOLERIO, Giacomo
Giacomo Chiolerio (1955-1976).

Operaio, Artigliere Alpino, Vittima del terremoto di Gemona del Friuli.

Intorno ai focolari delle case di Carnia si narra da sempre che, nel buio di una caverna, prigioniero nel cuore delle montagne friulane, viva un pauroso orco. L’ “Orcolat”. Un gigante furioso tradito dagli uomini che sfoga la sua rabbia scatenando i terremoti che da secoli squotono questo splendido angolo delle Alpi. 47 anni fa, un sisma, tra i più drammatici della storia d’Italia, devastò Gemona ed il suo territorio, mietendo centinaia di vite umane. Tra le vittime anche un giovane alpino serravallese.

Nei giorni della 94° edizione dell’Adunata Nazionale degli Alpini, svoltasi quest’anno dall’11 al 14 maggio ad Udine – la Capitale della medievale “Patria del Friuli”- numerose sono state le iniziative per ricordare le vittime del tragico terremoto del 6 maggio 1976 che ebbe come epicentro Gemona (UD), località delle Prealpi Giulie, dove forte è il legame tra la comunità locale e le “Penne nere”.

Tra i quasi mille morti causati dal devastante sisma, anche un giovane Alpino serravallese, Giacomo Chiolerio, che in quella catastrofe perse tragicamente la vita, mentre stava prestando il proprio servizio militare di leva, proprio a Gemona.

Chiolerio, nato nel Pavese, classe 1955, era residente a Serravalle con la famiglia. Operaio presso la ditta “Campanini e Musi” (impresa specializzata nella rigenerazione pneumatici, con sede ad Arquata Scrivia) nell’anno 1976 venne chiamato al servizio militare ed arruolato nelle truppe alpine come Artigliere. Partito il 10 febbraio, trascorse un primo periodo di addestramento militare a Teramo, in Abruzzo. Per le festività pasquali godette di una una breve licenza. Successivamente egli venne inviato alla caserma “Goi – Pantanali” di Gemona del Friuli – presidio su cui sventolavano le gloriose insegne della leggendaria Divisione Alpina “Julia”, 3° Reggimento Artglieria Alpina, Gruppo d’Artiglieria di Montagna “Conegliano” – per seguire un corso da autista, un’interessante opportunità per qualificarsi nel servizio e per accrescere il proprio bagaglio professionale. Conseguire una patente superiore sarebbe potuto tornare utile al ritorno nella vita civile, al rientro in azienda e nel mondo del lavoro.

Nella serata di giovedì 6 maggio, alle ore 21, proprio in Friuli, ebbe inizio una delle sequenze sismiche che l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia descrive – ancora oggi – come una delle più forti e devastanti della seconda metà del Novecento in Italia. L’evento principale raggiunse un valore di magnitudo 6.5, fra i più alti mai registrati nell’Italia settentrionale; l’intensità epicentrale fu pari al IX-X grado della scala Mercalli. La scossa interessò circa 120 comuni delle province di Udine e di Pordenone, per una popolazione complessiva di circa 500.000 persone. Gli effetti più distruttivi si ebbero nella zona a nord di Udine, lungo la media valle del Tagliamento, dove interi paesi e cittadine subirono estese distruzioni; fra questi, solo per citarne alcuni, Forgaria nel Friuli, Osoppo, Venzone e Gemona del Friuli. (Immagine a sinistra: Dritto – Guerrino Mattia Monassi, L’Orcolat l’ere vêr – 1976 Gnot dal sîs di Mai, 1976 argento fusione 95 mm).

In quelle drammatiche circostanze si compì il destino di Giacomo Chiolerio, che al momento della catastrofe si trovava in caserma a Gemona, dove era giunto da circa un mese, per motivi di formazione ed in attesa di essere trasferito ad Udine. La terra tremò con una violenza inaudita. Purtroppo in quei fatali momenti Chiolerio non era in libera uscita come altri Alpini della “Julia“. Lo sfortunato giovane serravallese rimase sepolto nel crollo di uno dei padiglioni della caserma, squassati dalla violenza del sisma per 59 interminabili secondi. Inizialmente fu dato per disperso, alcuni giorni dopo giunse la ferale notizia della morte, il suo corpo venne ritrovato solo il martedì successivo. L’Alpino serravallese, quando venne ghermito dall’ “Orcolat” (ovvero l’ “Orcaccio” in dialetto friulano, l’immaginario mostruso essere capace, nella narrazione delle leggende della tradizione locale, di scatenare i terremoti; una figura della mitologia carnica il cui nome viene ancora oggi associato da ogni Friulano al sisma del 1976), non aveva ancora 21 anni. Nelle medesime circostanze persero la vita altri 28 soldati, tra Artiglieri e Genieri, i cui nomi figurano tra quelli delle 990 vittime complessive del terremoto del Friuli, di queste 400 si contarono solo a Gemona, rasa al suolo dalla forza della natura.

La memoria del dramma consumatosi rivive nelle parole del Colonnello Agostino Ferrari che il 6 maggio del 1976 era un giovane ufficiale in servizio Alla caserma “Goi – Pantanali”. Quando arrivò la prima scossa egli si trovava a casa nel centro di Gemona: “...Usciti dalle abitazioni, raggiunte le piazze, trovato dei militari in libera uscita ci siamo dati da fare a prestare soccorso e verso le 4 di mattina abbiamo deciso di raggiungere la caserma convinti che nella struttura non fosse successo niente… la caserma… ha perso 29 soldati e il reparto della Compagnia Genio ne ha perso 6…“. (https://www.rainews.it/tgr/fvg/video/2023/05/terremoto-e-alpini-il-ricordo-dellufficiale-della-goi-pantanali-f9b04604-863c-41e9-aa1e-cc462452f7ab.html).

Una delle fasi delle complesse operazioni di restauro del Duomo romanico di Gemona gravemente danneggiato dal terremoto

Dalle pagine del quotidiano “La Stampa” del 12 Maggio 1976, la cronaca del mesto rientro della salma a Serravalle, dove ad attenderlo vi era la famiglia, la madre, la sorella ed i due fratelli: “…Oggi alle 15, con un autocarro militare, la bara con la salma del giovane Alpino è stata traslata a Serravalle Scrivia e sistemata nella camera ardente allestita nella Chiesetta dei Bianchi, sull’omonima piazza. La bara è coperta da un cuscino di fiori del Capo di Stato Maggiore dell’Esercito. Domattina alle 10 i funerali (13 maggio ndr.) si svolgeranno nella Chiesa della Collegiata, a spese dell’Amministrazione Comunale…”.

Nel 1977, il Presidente della Repubblica, Giovanni Leone, conferì al Reparto di appartenenza dell’Alpino serravallese la Medaglia al Valore dell’Esercito, con la seguente motivazione : “…Unità tragicamente colpita negli uomini e nelle infrastrutture dal sisma del 6 maggio 1976, interveniva immediatamente, con la totalità dei superstiti, nell’opera di soccorso alla popolazione di Gemona. Sotto la guida dei Comandanti di ogni grado, il personale si prodigava incessantemente per giorni e notti, operando in condizioni di estrema difficoltà ed esponendo spesso la propria vita a manifesto rischio, a causa del perdurare delle scosse e dei crolli, per estrarre dalle macerie i sepolti vivi e, successivamente, i morti. Contribuiva così in modo determinante a ridurre i danni provocati dalla grave sciagura. Rifiutando l’avvicendamento, persisteva nell’opera di soccorso, dando prova di eccezionale saldezza morale, suscitando nella popolazione i più vivi sentimenti di ammirazione e di riconoscenza e tenendo alto il prestigio dell’Esercito”. (Gemona del Friuli, 6 maggio -23 luglio 1976.)..”.

Oggi all’interno della caserma friulana un monumento ricorda gli Alpini della Julia vittime del sisma (Nell’immagine in alto, tratta dal sito www.pietredellamemoria.it).


Fonte: Archivio storico de “La Stampa


Nell’immagine a sinistra, tratta dal sito www.alpinicogoleto.it, foto aerea del crollo di parti della caserma Goi – Pantanali di Gemona del Friuli nel terremoto del 1976.

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