Visita di San Giacomo Maggiore di Gavi
Esterno
Convergendo nella piccola piazza dai due lati della via Maestra (attuale via Mameli) o risalendo dal ponte di Borgonuovo, la collocazione di sbieco del tempio genera caratteristici punti di vista ad angolo, secondo un’impostazione frequente nel medioevo.
La chiesa monumentale di Gavi costituisce una delle più significative espressioni romaniche dell’Oltregiogo, distinta dai maestri comacini e trasmessa dalle maestranze antelamiche, diffuse in ampie aree dell’Italia e nel meridione della Francia, mobilitando sempre la partecipazione di artigiani locali. Pur segnata da massicce opere di riadattamento barocco e percorsa da esiti architettonici e plastici che sconfinano nella fioritura gotica, si inquadra nel filone lombardo dell’arte romanica.
Il paramento è realizzato in conci di arenaria, chiara e duttile pietra locale allestita con perizia in fasce parallele, secondo la tecnica costruttiva sviluppata dai Magistri Antelami. La pietra arenaria era ricavata dagli strati rocciosi sopra il torrente Neirone, a nord del Forte di Gavi.
La facciata a salienti presenta un portale in blocchi di arenaria, accessibile da una breve scalinata. L’ accentuata strombatura è data dall’alternarsi di colonnine e pilastrini, su cui poggiano capitelli scolpiti a crochet. All’interno della prima arcata dello strombo si sviluppa una plastica rappresentazione di arpie e altre figure allegoriche.
La decorazione prosegue nella lunetta, incorniciata da sette archi a tutto sesto di diverso diametro. Le sculture della lunetta presentano analogie con il coevo portale della chiesa dei Santi Pietro e Paolo a Castelnuovo Scrivia, facendo ritenere siano opera di quel magister Albertus che firmò la chiesa di Castelnuovo Scrivia. Nella lunetta è rappresentata in altorilievo l’Ultima Cena con i dodici Apostoli, seduti dietro due tavoli, sei per parte, ai lati del Cristo assiso in trono che sovrasta i discepoli. Le tavole sono imbandite con tre piatti ciascuna, contenenti un pesce. Tra gli apostoli è riconoscibile Pietro, caratterizzato dalle consuete chiavi. La figura rovesciata che sta sotto i piedi del Cristo va forse letta come una rappresentazione simbolica della vittoria del bene sul male. Nella parte superiore, sopra il capo del Cristo, è scolpita una colomba fra due angeli in volo.
Al colmo del timpano del portale, coperto da un padiglioncino cupuliforme (o conchiglia rovesciata quale simbolo di San Giacomo?), è scolpito Sansone che cavalca una fiera.
Ai lati dell’ingresso si aprono due arcosòli ogivali ampiamente incavati, forse destinati anticamente ai pellegrini per la preghiera e il riposo, o forse sepolture o cenotafi. Su uno dei conci alla destra del portale è incisa una croce di Malta, probabile segno che a poca distanza del tempio era il ricovero per i pellegrini tenuto da questo ordine.
L’ingresso è sormontato da un rosone che presenta una peculiare anomalia all’interno della ghiera, simbolo dell’incompiutezza e imperfezione delle opere umane o, secondo la leggenda medievale, stratagemma per fermare il diavolo che, condannato a vagare senza posa, compie i suoi malefici insinuandosi solo in forme perfette come il cerchio. Al di sopra del rosone si apre una bifora con colonnina centrale, sovrastata da tettuccio a doppia falda. Una serie di archetti pensili a sesto acuto, simmetrici e rilevati, si sviluppano poggiando su mensole con immagini antropomorfe. Altri archetti delimitano i primi due ripiani della torre nolare, che presenta una struttura ad ottagono non equilatero. Il ripiano superiore e la cuspide della torre campanaria sono frutto delle sopraelevazioni di inizio ‘700.
Sulla fiancata settentrionale della chiesa si aprono tre lunettoni polilobati e al livello inferiore cinque monofore medievali. Al margine del paramento, al termine della fiancata nord, si sviluppa il perimetro dell’antica absidiola sinistra, poggiata su un cordolo, unica rimasta della fabbrica originaria, restaurata, con monofora e archetti pensili a sesto acuto, su peducci, di coronamento del tetto a ventaglio.
Affianca l’absidiola un portalino sobrio, sormontato da una lunetta con un rilievo parzialmente abraso, assegnabile alla fine del XII secolo, che raffigura un cavaliere su un quadrupede, in lotta contro una fiera, di difficile identificazione; certo è che questo portale costituiva l’ingresso principale al tempio durante la prima fase costruttiva, anteriormente all’apposizione del portale maggiore che avvenne alla fine dei lavori del terzo lotto. Al di sotto della trabeazione del portalino sono scolpite, una per parte, due mani-capitello che stringono una voluta arrotolata come pergamena, forse un segno dell’opera che l’artista ha voluto trasmettere.
L’accesso settentrionale alla chiesa è corredato da una lunetta ornata da un affresco, protetto da vetro, riferibile alla pittura lombarda del XVI secolo, che rappresenta la Madonna col Bambino tra i santi Giacomo Maggiore e Giorgio.
Il fianco meridionale della chiesa prospetta sul torrente Lemme, ha perduto l’antica configurazione a seguito dei rifacimenti settecenteschi: le volte a cupola del porticato, l’edificio della canonica che avvolge l’abside, i quattro finestroni polilobati. Il portale di accesso laterale è inquadrato da due colonne con capitelli medievali. Anche qui si ritrova il particolare della mano-capitello, come nel piccolo antico ingresso del lato nord. Sul paramento del loggiato sono conservate alcune lapidi, originariamente all’interno, mentre nell’area antistante si apriva il cimitero medievale.
Interno
L’interno è diviso in tre navate da una doppia fila di colonne. Qui è più visibile la risistemazione barocca: innalzamento delle fiancate, aumentate dimensioni del presbiterio, spostamento di asse di alcune colonne provocato forse dalla sopraelevazione del campanile.
Le colonne appartengono all’epoca barocca, fabbricate con pilastri in mattoni e pietrame assemblati con malta e coperti di pasta di arenaria.
Particolare il coronamento scultoreo dei capitelli con figurazioni fitomorfe, umane e bestiarie: grifone, leone, lupo. L’immagine del grifo esprime i valori positivi del bene; quella del leone la forza; l’immagine del lupo è simbolo di avidità.
Ciò a conferma della presenza di lapicidi di cultura lombarda tra il XII e il XIII secolo. Due colonne – penultima e ultima sul lato settentrionale – sono corredate da capitelli corinzi neocompositi, risarciti da stuccature e posti in opera nel secolo XVIII.
Il pavimento marmoreo venne collocato nel 1780 sull’impiantito preesistente, di cui residua una traccia alla base di un sostegno murato in prossimità dell’accesso centrale.
L’attuale copertura, fabbricata alla fine del ‘600 in sostituzione delle originarie capriate lignee, presenta una volta a botte per la navata centrale, mentre volte a vela alternate a crociere sormontano le campate delle navate laterali.
Sul paramento della navata destra a lato dell’ingresso principale osserviamo il piccolo dipinto tardogotico che raffigura san Sebastiano e san Rocco.
Segue, risalendo dal fondo della navata meridionale, la pala della Madonna col Bambino tra i santi Giacomo Maggiore e Giovanni Battista, sovrastata dalla lunetta della Natività, opera di Gandolfino da Roreto (nato ad Asti in data non rinvenibile), attivo in Piemonte tra il 1493 e il 1520, interprete della fioritura dell’arte rinascimentale in Piemonte.
Accosto al primo pilastro del tiburio è esposta la statua lignea policroma della Madonna del Rosario realizzata nel 1854 da Luigi Montecucco (Gavi 1805 -1877), allievo di Bartolomeo Carrea, entrambi artefici di potenti ed espressive macchine processionali.
Alla cultura genovese fra, il XVII secolo e l’inizio del XVIII, rimanda l’elegante piccola statua marmorea della Madonna del Rosario, assegnabile alla scuola di Francesco Maria Schiaffino.
Le decorazioni di volta della navata destra sono realizzate nel 1905 da Rodolfo Gambini (Arluno 1855 – Alessandria 1928), manierista neoclassico che campisce trionfi di angeli tra cortine di nuvole e addobbi floreali. Sulla parete destra del presbiterio è collocato il dipinto di Giovanni Battista Carlone (Genova 1603-Parodi Ligure 1684 ca.) che raffigura la Trinità e i santi Gerolamo e Francesco da Paola.
L’altare è inquadrato da due lampadari in argento, prodotto della toreutica settecentesca. Il nuovo altare postconciliare al centro del presbiterio è stato assemblato utilizzando i pannelli del trittico marmoreo dell’arca sepolcrale di Antonio Guasco, marchese di Gavi, collocata, dal 1497, nella fascia mediana dell’intradosso della navata settentrionale e smembrata nei primi anni novanta del secolo scorso.
Al centro del coro ligneo è posta la pala di San Giacomo che scaccia i mori, opera già attribuita a Giovanni Raffaele Badaracco (Genova 1648-1726); in anni recenti, in seguito a lavori di restauro, si è rinvenuta sul retro la firma del pittore Carlo Giuseppe Ratti (Savona 1737- Genova 1795).
Sulla parete sinistra del presbiterio è la tela della Madonna col Bambino e San Gaetano da Thiene, opera assegnata a Giovanni Maria delle Piane detto il Mulinaretto (Genova 1660 – Piacenza 1745).
Le pitture murali che campiscono le due lunette di volta nel registro superiore del coro con episodi della vita di San Giacomo sono realizzate all’inizio degli anni settanta del XIX secolo dall’artista gaviese Francesco Montecucco (1810-1890), mentre gli affreschi del catino (I quattro evangelisti e, al centro, il Salvatore) e della semicalotta (Adorazione dell’Eucarestia e due figure di Santi) sono opera di Rodolfo Gambini, che li dipinse nel 1905.
Al sommo della navata centrale, il tiburio ottagonale poggia su quattro pilastri monolitici rinforzati, appartenenti all’originaria costruzione medievale. Su questi grava la cupola del campanile, sorretta da quattro arconi a risolvere il passaggio dall’ottagono allo spazio quadrangolare originato dai pilastri.
A lato del portale settentrionale, navata sinistra, è collocato un esuberante altare barocco in marmi policromi, assemblato nel 1762 e contornato, nel 1764, dalle pitture su tondo dei quindici misteri del Rosario, che la tradizione locale riferisce a scuola romana del XVIII secolo. Il sacrario è sormontato da una statua marmorea della Madonna col Bambino attribuita allo scultore toscano Carlo Cacciatori (Carrara, intorno al 1730 – Genova, fine XVIII secolo), allievo e collaboratore di Francesco Maria Schiaffino.
Sul segmento finale della parete è posto un Crocifisso che affianca un affresco della Madonna della Misericordia, assegnabile agli ultimi decenni del XIV secolo, occluso sotto lo scialbo di molteplici ridipinture del paramento murario e recuperato nei primi anni Settanta del Novecento. L’opera fornisce la traccia residua dell’originaria decorazione interna di San Giacomo e conferma la presenza nel territorio della corrente d’arte alpino occidentale, diffusa dalla riviera di ponente al monregalese, con esiti significativi anche in Oltregiogo, soprattutto nella valle dell’Orba.
Nel vicino battistero la pittura murale che raffigura il Battesimo di Cristo, restaurata nel 1967, risulta assegnabile alla scuola di Giovanni Battista Carlone.
Gli affreschi che ornano le volte, realizzati da Rodolfo Gambini nel 1904, ripetono le decorazioni della copertura della navata meridionale, con trionfi di angeli e addobbi floreali, con una variante nella quarta campata, in cui il pittore ha raffigurato Santa Teresina del Bambino Gesù.
TESTI
Cornelio de’ Simoni, Annali storici della città di Gavi, Alessandria, 1896
Sartore gen. comm. Federico, Storia popolare di Gavi Ligure, CRAL, Alessandria, 1987
Roberto Benso, Gavi nella storia e nell’arte, Guide dell’Accademia Urbense, n. 54, collana diretta da Alessandro Laguzzi, Ovada, 2004
Roberto Benso, Gavi, Chiesa monumentale di San Giacomo Maggiore, Provincia di Alessandria, 2007
Valentina Filemio, Gavi, San Giacomo Maggiore, edizioni dell’Orso, Alessandria, 2018
RIVISTE E SITI INTERNET
Compostella Rivista del Centro Italiano di Studi Compostellani n. 35 – 2014
URBS, Trimestrale dell’Accademia Urbense di Ovada, anno XXX, n. 3-4, 2017
http://www.santiagodicompostela.it
https://www.ancient-origins.net
https://it.cathopedia.org/wiki/San_Giacomo_il_maggiore
www.accademiaurbense.it