Storia di San Giacomo Maggiore di Gavi
Il più antico riferimento a Gavi è contenuto in un documento notarile del 3 giugno 972 (conservato presso l’Archivio di Stato di Genova). All’epoca la località (un piccolo nucleo rurale, locus, che diventerà burgus nel XII secolo) non aveva una propria sede parrocchiale; gli atti venivano stilati prope castrum Gavi e la popolazione si affidava per il culto alla pieve di Santa Maria in Lemoris, ubicata nella strada che da Gavi conduce a San Cristoforo. Il primo riferimento alla chiesa di San Giacomo risale al 15 agosto 1172, quando, all’interno del tempio (in ecclesia Sancti Jacobi), i consoli di Alessandria, mandatari del loro comune, giurarono fedeltà ai marchesi di Gavi, come è consuetudine dei vassalli, al proprio signore.
La costruzione di una chiesa nel nascente borgo, dedicata a San Giacomo Maggiore, fu voluta dai marchesi Obertenghi di Gavi, insieme alla Curia tortonese, intorno alla metà del XII secolo, ma anteriormente al 1172; infatti a tale data la chiesa doveva già essere presente, almeno nella parte absidale.. Valentina Filemio, nel suo saggio, ipotizza che la costruzione sia proseguita per lotti successivi e si sia conclusa nella prima metà del XIII secolo con la messa in opera del portale maggiore.
Era il momento in cui sugli antichi percorsi romani si sviluppavano le principali vie di comunicazione medievali, che attraverso l’Oltregiogo, collegavano Genova alla Lombardia e all’astigiano, favorendo l’espansione commerciale della città verso la pianura.
Su quelle vie Gavi rappresentava una possibile tappa nei viaggi dei pellegrini, che seguivano gli stessi percorsi dei mercanti e degli eserciti, a piedi o a dorso di mulo, accolti negli ospizi gestiti dagli ordini religiosi. Forse già esisteva un antico ospizio sul luogo del nuovo tempio; forse i pellegrini trovavano ristoro nella Mansione dei Cavalieri di Malta (Ospitalieri o di San Giovanni), sita poco distante dalla chiesa, le cui tracce si leggono nel toponimo esistente di Via Magione. Gli itinerari del pellegrinaggio e delle mercanzie erano anche un tramite per la diffusione di cultura e maestranze artistiche, come avviene nella stessa San Giacomo, che raccoglie i fili di diverse tradizioni. Gavi era collegata ai grandi itinerari di pellegrinaggio attraverso una deviazione della via francigena; i pellegrini, giunti a Genova, potevano imbarcarsi o proseguire lungo la costa per via terrestre, scegliere di dirigersi a Roma o in Terra Santa, oppure verso Santiago di Compostela (1).
Dal momento della sua edificazione, la chiesa costituì il nucleo centrale della vita amministrativa della località: al suo interno si svolgevano le assemblee comunitarie e si stipulavano accordi con i signori dei territori confinanti; deliberazioni dei castellani e atti notarili erano rogati anche sulla piccola piazza prospiciente l’edificio religioso, e, in seguito, nell’androne del palazzo comunale. Potere religioso e civile: consueta contiguità nelle piazze medievali (2).
Nel volgere di alcuni decenni si andarono accentrando in San Giacomo le funzioni parrocchiali, fino all’inclusione nella diocesi di Genova (1248, papa Innocenzo IV), pur non cessando del tutto la consuetudine delle adunanze plenarie all’interno dell’edificio religioso.
Nel 1352 fu installata la campana maggiore con l’impronta del simbolo araldico dei Visconti, all’epoca signori di Gavi. Alcune decorazioni parietali della chiesa sono da riferire alla fine del XIV secolo e l’inizio del XV; di queste permane un lacerto della Madonna della Misericordia nella navata sinistra. La costruzione si arricchì in seguito di significative opere.
Dalla seconda metà del XVII secolo, una serie di interventi edilizi, suggeriti dalla predominante temperie barocca, apportarono rilevanti modifiche alle originarie architetture della chiesa. L’abside sud fu incorporata nella nuova sacrestia; le pareti furono intonacate, sopraelevato il tiburio ottagonale e costruite nuove alte volte in sostituzione delle originarie capriate lignee medievali. Agli inizi del 1700 venne sopraelevata la torre campanaria e messo in opera l’altare maggiore in marmo, insieme all’attuale abside centrale, demolendo quella romanica (alcune tracce emersero durante interventi di restauro del 1960) per lasciar spazio al nuovo presbiterio. Assegnabili al XVIII secolo sono le finestre polilobate, aperte nelle fiancate laterali per migliorare l’illuminazione dell’edificio e il porticato lungo la parete sud.
Nel 1762 fu collocato nell’intradosso della murata settentrionale l’altare del Rosario, in marmo, arricchito due anni dopo della statua della Madonna col Bambino, di Carlo Cacciatori, e da 15 tondi in rame dipinti con i misteri del rosario. Nel 1780 venne realizzata la pavimentazione in marmo, con una spesa di 1000 lire. Con la costituzione della Repubblica Ligure (1797) andò distrutto gran parte del materiale d’archivio.
Ancora nel XVIII secolo la confraternita dei Rossi donò alla chiesa parrocchiale un quadro che raffigura i Santi Gerolamo e Francesco da Paola; un dipinto di Giovanni Battista Carlone, artista dell’Accademia ligustica che, intorno al 1651, aveva lavorato all’affresco del Giudizio Universale per l’Oratorio dei Rossi. Il cimitero medievale sito nel portico meridionale della chiesa venne spostato nel 1811 fuori dell’abitato, alla crosa del Pedaggio.
Negli anni venti del 1800, l’arciprete Giò Bernardo Ricchini, di Voltaggio, fece acquistare il quadro che raffigura San Giacomo che scaccia i Mori, opera di Carlo Giuseppe Ratti (Savona, 1737 – Genova, 1795), e venne posto in opera il nuovo coro in legno. L’attuale organo fu installato nel 1870, sull’ambone soprastante l’ingresso centrale, dagli artigiani pavesi Luigi e Giacomo Lingiardi. L’artista gaviese Francesco Montecucco decorò le lunette di colmo dell’abside maggiore con due pitture murali che raffigurano episodi della vita di San Giacomo. Agli inizi del 1900 il pittore Rodolfo Gambini, di Arluno, affrescò le volte delle navate. Nel 1925 ebbe inizio lo scrostamento delle pareti esterne e il ripristino delle originarie murate in conci a vista.
L’interno ha conservato l’assetto settecentesco fino agli anni cinquanta del ‘900, con i suoi 13 altari: il maggiore al centro del presbiterio, 5 a sinistra e 7 a destra nelle navate laterali. Negli anni della seconda guerra mondiale la chiesa ospitò le funzioni liturgiche delle tre confraternite, Bianchi, Rossi e Turchini, mentre i tre oratori furono utilizzati per ricoverare le opere d’arte del Comune di Genova e di Palazzo Reale.
I restauri del tempio ripresero negli anni cinquanta del Novecento, con un tentativo di ripristino in senso storico e scientifico del monumento, per valorizzarne le parti antiche senza eccedere nelle demolizioni e nei rifacimenti. Sul prospetto esterno settentrionale, rimosso e spostato il monumento ai Caduti, furono recuperate due finestre romaniche. All’interno riaffiorò l’affresco con i Santi Sebastiano e Rocco. Nei primi anni del 1970 fu riportato in luce, a seguito della rimozione dello scialbo sul fondo della murata settentrionale, l’affresco della Madonna della Misericordia, esempio delle pitture di cui doveva essere ornato l’interno del tempio nel XIV secolo. Il 2004 ha documentato una serie di interventi di consolidamento delle strutture lesionate dal terremoto che colpì il territorio nella primavera del 2003.
NOTE
- “[…] è il momento in cui sugli antichi percorsi romani si sviluppano le principali vie di comunicazione medievali, che attraverso l’Oltregiogo collegano Genova alla Lombardia e all’Astigiano, favorendo l’espansione commerciale delle città verso la pianura. Gli itinerari principali erano costituiti dalla strada della Valle Scrivia, che ricalcava l’antica via Postumia e saliva verso Milano; la strada di Gavi, o via della Bocchetta, che ricalcava l’antica bretella romana verso Asti e la Francia. Su queste vie Gavi rappresentava una plausibile tappa nei viaggi dei pellegrini, che seguivano gli stessi percorsi dei mercanti e degli eserciti, costituiti da sentieri da percorrere a piedi o a dorso di mulo, forniti di strutture di servizio per l’ospitalità: i pellegrini erano accolti negli ospizi gestiti dagli ordini religiosi, con annessa la chiesa per il culto, mentre i mercanti trovavano anche stalle e magazzini per le merci. Inoltre, a supporto di ciò, Gavi era collegata ai grandi itinerari di pellegrinaggio attraverso una deviazione della via Francigena, che congiungeva Ivrea con Genova, toccando Torino, Asti, Alessandria. Su questo stesso percorso è possibile ipotizzare l’esistenza di un collegamento più esteso fra la Borgogna e Asti, da cui pellegrini e mercanti potevano raggiungere facilmente Genova, passando per Alessandria, Gavi e i valichi appenninici. Dalla città marinara i pellegrini potevano imbarcarsi o proseguire lungo la costa per via terrestre, e scegliere di dirigersi a Roma, in Terra Santa, ma soprattutto verso Santiago di Compostela, cui ci riporta l’intitolazione della chiesa a San Giacomo Maggiore. […] Le stesse vie percorse da mercanti e pellegrini dovevano essere un tramite per la diffusione di cultura e maestranze artistiche, come è dimostrato dall’esempio della chiesa di San Giacomo, che raccoglie i fili di diverse tradizioni. […] La dedica a San Giacomo Maggiore ci porta a Santiago di Compostela, conosciuta a Gavi certamente attraverso i flussi dei pellegrini che, diretti in Galizia, valicavano i passi appenninici in direzione di Genova […] I pellegrini trovavano albergo nella Mansione dei Cavalieri di San Giovanni, sita nel borgo […] Inoltre […] si insinua il dubbio – mai con certezza risolto – che la Chiesa di San Giacomo fosse addirittura una dipendenza della chiesa e dell’ospedale di San Giacomo de Spatis, ossia di Compostela. Con l’indicazione de Spatis, si vuole fare riferimento al fatto che esso fosse ammistrato dai Cavalieri della Spada […] che gestiva stazioni di sosta e chiese nate lungo le vie che conducevano in Spagna”. (Filemio Valentina, Gavi, San Giacomo Maggiore, edizioni dell’Orso, Alessandria, 2018, pp. 6-8)
- […] certa. cosa è che verso l’Ottocento grandi e numerosi pellegrinaggi di re, di principi e di poveri attraversavano le vie d’Italia e di Francia pel luogo santo di San Giacomo di Compostella in Galizia: miracoloso luogo cui venne anche lo stesso Carlomagno. È quindi fama che, tornando egli di Gallizia, passasse per Gavi e Barbaresco, dove fece erigere ospedali di pellegrini ad onor del santo di Compostella; ed è storicamente noto che le due chiese, allora soli ospedali di pellegrini, erano amministrati a tale scopo dai Cavalieri della Spada, cioè di San Giacomo di Gallizia. Intanto competenti archeologi giudicarono l’antica chiesa nostra contemporanea appunto ai carolingi. Un documento storico ritrovato nel 1705 mentre si compievano lavori di riparazioni verso il coro della chiesa, mise in luce segni evidenti dell’antichissima consacrazione della chiesa, per opera carolingia, perfezionata dal figlio di Carlomagno, Lodovico il Pio”. (Sartore gen. comm. Federico, Storia popolare di Gavi Ligure, CRAL, Alessandria, 1987,p. 130)
FONTI
TESTI
Cornelio de’ Simoni, Annali storici della città di Gavi, Alessandria, 1896
Sartore gen. comm. Federico, Storia popolare di Gavi Ligure, CRAL, Alessandria, 1987
Roberto Benso, Gavi nella storia e nell’arte, Guide dell’Accademia Urbense, n. 54, collana diretta da Alessandro Laguzzi, Ovada, 2004
Roberto Benso, Gavi, Chiesa monumentale di San Giacomo Maggiore, Provincia di Alessandria, 2007
Valentina Filemio, Gavi, San Giacomo Maggiore, edizioni dell’Orso, Alessandria, 2018
RIVISTE E SITI INTERNET
Compostella Rivista del Centro Italiano di Studi Compostellani n. 35 – 2014
URBS, Trimestrale dell’Accademia Urbense di Ovada, anno XXX, n. 3-4, 2017
Home
https://www.ancient-origins.net
https://it.cathopedia.org/wiki/San_Giacomo_il_maggiore
www.accademiaurbense.it
Lavoro molto ben fatto .
Complimenti .
Condivido sulla Classroom dei miei ragazzi della Scuola Media di Gavi .