A spasso per il Centro Storico con i bambini della Scuola
Un’escursione nel Centro Storico di Serravalle con un’allegra brigata di venti fanciulli settenni non è una cosa di tutto riposo! Ma la maestra Cristina e la maestra Laura hanno affettuosa ma efficace saldezza nel guidare la turba!
Prima di muoverci dalla scuola abbiamo mostrato ai bimbi l’arcinota immagine della Statua della Libertà (che i bimbi hanno riconosciuto prima ancora che formulassimo una qualunque domanda) e, a fianco, quella della Colonna traiana. Chiediamo se sappiano qual è la differenza tra statua e monumento; di fronte ad uno scontato silenzio, spieghiamo che una statua è un monumento, ma che non tutti i monumenti sono statue. E aggiungiamo che il termine monumento deriva da una parola latina (monēre) che significa ammonire, ricordare. Tra i monumenti stanno anche le lapidi, le targhe e ogni oggetto, comunque, che sia uno stimolo a ricordare qualche cosa o qualcuno.
Accenniamo anche alle origini dell’abitato di Serravalle, che contrariamente alla maggior parte degli insediamenti italiani, non deriva da un accampamento d’epoca romana (castrum): l’insediamento romano era poco distante, a Libarna! Deriva piuttosto dall’opportunità commerciale del ponte sulla Scrivia che offriva l’occasione di intercettare il maggior numero di viandanti lungo l’unica strada che univa la pianura ai valichi appenninici verso il mare e le valli confluenti alla strada principale. I primi abitanti di quel nucleo saranno stati senza dubbio maniscalchi, locandieri, osti: una specie di “area di servizio” ante litteram.
Poi, appena lasciata la scuola, scendiamo attraverso il parco di Villa Caffarena – il parco dedicato ai Martiri della Benedicta – e subito facciamo loro notare che sulla bella palazzina che ospita la Biblioteca comunale c’è una targa che ne indica l’intitolazione a Roberto Allegri: dunque anche la Biblioteca è un monumento!
Come sono monumenti i grandi alberi del parco che recano ciascuno un nome su una targa: sono – diciamo ai nostri piccoli uditori – i nomi di giovani (leggono con stupore le date e calcolano l’età di ciascuno) che hanno sacrificato la loro vita in nome di un ideale di libertà.
Scendendo ancora, ci fermiamo davanti al monumento a Roberto Berthoud; e la spiegazione del perché sia stato catturato e torturato integra questo percorso di memoria, dolorosa, ma necessaria, che si conclude davanti alla lapide ai Martiri della Benedicta, sulla facciata dell’edificio che ospita la Croce Rossa e il Centro anziani. Perché in così breve spazio tanti monumenti dedicati ad un solo soggetto – la lotta per la libertà – sembrano domandarci con lo sguardo: e spieghiamo loro che l’umanità ha la memoria corta! Meglio ripetere e ripetere ancora certe lezioni. Quei monumenti servono perché certe vicende della storia passata non si ripetano più! O, almeno, questo e ciò che noi ci dobbiamo sforzare di ottenere.
Imboccata da Piazza Carducci la via Berthoud, ci imbattiamo in un altro monumento, diverso da tutti gli altri: una panchina rossa! Spieghiamo ai ragazzi che si tratta di un monito, un invito a schierarsi contro la violenza sulle donne. I bimbi, con la loro gioiosa esuberanza si siedono e sembrano un po’ stupiti che per i grandi quell’oggetto voglia significare qualche cosa: a loro sembra solo una panchina di un colore inconsueto; ma credo che più avanti capiranno. Il seme è gettato.
Ci fermiamo all’incrocio con salita Cappuccini: lì scendevano, dall’altura dove sorgeva, le mura del castello; lo avevamo spiegato in classe, prima di uscire, che c’era sul monte Olivo un castello e sono stupiti che oggi non ne resti quasi traccia.
Ci fermiamo anche all’imbocco di vicolo Figini: raccontiamo della antica statua di San Nicola, con, ai suoi piedi, la raffigurazione del diavolo; e del perché, complice il buio del percorso (nei tempi in cui l’illuminazione pubblica era carente, quando non del tutto assente) e l’arte un po’ primitiva dello scultore, gli abitanti avevano attribuito a quella stretta via il nome di Cuntrò du Diòvu, anche se il diavolo c’entra ben poco, se non come simbolo della paura che quel budello scuro infondeva ai passanti.
Raggiunta la via Ospedale, saliamo fino a via Tripoli. Mostriamo ai ragazzi il vecchio ospedale, l’Oratorio dei Bianchi, raccontando loro in breve la storia di quei luoghi.
Raggiungiamo poi camminando la piazza della Collegiata (piazza Risorgimento). Chiediamo ai nostri uditori di guardare la facciata della chiesa dalla piazza: non ci vuole molto perché notino il disassamento dell’edifico rispetto allo spazio che lo fronteggia. Spieghiamo che prima il palazzo che oggi ospita la Casa comunale aveva una estensione maggiore in larghezza e che, quando era stata edificata, la Collegiata (terminata nel 1574, ma la facciata fu rimaneggiata e completata nel 1939) era centrata rispetto alla strada che saliva dalla Contrada maestra (l’attuale via Berthoud). Le demolizioni parziali dell’edificio comunale hanno prodotto l’assetto asimmetrico attuale.
Ci fermiamo qui, dal momento che i bimbi hanno in programma una seconda escursione nel Centro storico. Scendiamo fino a via Berthoud e, camminando sotto i portici, facciamo una breve sosta a guardare i reperti di Libarna nella vetrina dell’edificio noto come Caffè Roma, entro la quale sono collocati: per loro oggi sono solo dei sassi, ma forse cambieranno idea quando andremo a visitare l’Area museale e la sede del Comune.
Un’ultima fermata davanti alla raffigurazione dell’antico Castello su uno dei muri dei portici – ma ne avevamo già parlato prima di partire per la nostra escursione – e poi, camminando spediti (l’orario incalza!), riguadagniamo la scuola.
Non è riposante accompagnare questi curiosi, garruli, ipercinetici escursionisti: ma la gioia che trasmettono, insieme all’avidità con cui assimilano ogni cosa che viene loro detta, ripaga ad usura la fatica che richiede il farlo.