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Adriano e il Giromondo

Di fronte al cancelletto di entrata del Comune, la tipografia dei Fratelli Frascarolo per decine di anni aveva stampato centinaia di migliaia di manifesti e di locandine e milioni di biglietti da visita.

Il logo del Giromondo

Trasferitasi sul Lastrico, aveva ceduto gli spazi che avevano occupato le macchine da stampa al Giromondo, una nuova iniziativa no profit ideata e voluta dai volontari di AUSER INSIEME PER SERRAVALLE.
Adriano, membro del direttivo dell’Associazione, erano anni che raccoglieva gli abiti usati che gli portavano conoscenti e amici, ne sceglieva i migliori, li sistemava nella sede dell’ANPI, di cui era il segretario, e li donava a chi, in difficoltà economiche, non si poteva permettere di comperarne di nuovi.
La proposta di far diventare la splendida iniziativa di Adriano un’attività ben organizzata aveva fatto nascere il Giromondo, che avrebbe dovuto diventare il fiore all’occhiello di AUSER INSIEME PER SERRAVALLE.

Adriano Adreani con RIccardo Lera
e don Andrea Gallo

Era stato creato proprio per aiutare quegli immigrati che, scappati dal loro Paese in pantaloni corti e ciabatte, avevano bisogno di coprirsi per affrontare un clima a cui non erano abituati e che mai avrebbero creduto di trovare nell’Italia di O sole mio, del mare, della pizza e dell’amore.
Come succede quasi sempre, l’entusiasmo iniziale aveva convinto molti volontari ad adoperarsi per avviare la nuova attività ma poi… con il passare del tempo quella novità si era trasformata in un impegno troppo gravoso.
Erano diventati parecchi coloro che avevano trovato come disfarsi degli abiti passati di moda e di quelli del nonno deceduto e soprattutto erano tantissime le persone che riuscivano a trovare, in quella marea di roba, gli indumenti che stavano cercando.
Il povero Adriano, che mai si sarebbe sognato di smettere di aiutare coloro che, senza averlo chiesto a nessuno, si erano ritrovati a migliaia di chilometri da casa, pur essendo rimasto solo aveva continuato a raccogliere e a distribuire.


I suoi “clienti” nei nostri negozi non erano capiti e naturalmente non riuscivano a farsi capire, mentre lui con i gesti e con qualche parola, magari detta in sampierdarenese, riusciva sempre ad accontentarli.

Lui sentiva dentro di sé il bisogno di aiutare chi era in difficoltà e, facendosi talvolta dare una mano da qualche giovane nigeriano o senegalese che gli passava vicino e che come ricompensa riceveva solo dei sorrisi e tanta amicizia, continuava a gestire decine di giacche, cappotti, pantaloni, libri scolastici, carrozzelle, lettini e vestitini per neonati .

Il Giromondo continuava a funzionare egregiamente anche se qualcuno passando là davanti osava dire che era tutto un “casino” e magari faceva anche finta di non accorgersi che a cercarsi un cappotto c’erano anche dei serravallesi.
Se sto parlando all’imperfetto è perché sono mesi che il Giromondo è chiuso a causa della pandemia.
Lo spazio calpestabile è alquanto limitato, poteva essere sufficiente per Adriano e per un’altra persona; tentare di far fare delle file ordinate a gente che non parla e non capisce l’italiano, far tenere la distanza prevista a mamme in attesa e con dei bimbi in braccio su di un marciapiede largo un metro che delimita una statale praticata da 30.000 automezzi al giorno, al momento attuale è una pura utopia: vedremo come fare.
Il Giromondo però, lo sappiano i benpensanti, non è sicuramente fallito: non appena sarà possibile, tornerà a vestire gli ignudi.

La pandemia sta diventando un brutto ricordo ma Adriano, che era riuscito rispettando diligentemente le “istruzioni” ad evitarsi il contagio, non ha vinto la sua battaglia contro un male che lo perseguitava da tempo.
Ci ha lasciato e le sue ceneri hanno raggiunto le nuvole.


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