LORENZO DEMICHELI candidato alle Elezioni europee
Il 9 giugno sono trascorsi esattamente 43 anni da un articolo de La Stampa in cui vengono presentati ben tre esponenti politici dell’alessandrino, per quelle che furono le prime Elezioni europee, ovvero per il primo Parlamento europeo. Fra i candidati – oltre a Marcello Venturi (Pri) e Adriano Bianchi (Dc) – spicca un nome di primo piano della politica serravallese: Lorenzo Demicheli.
La candidatura europea giunge verso la fine del mandato alla guida della Provincia. Demicheli, infatti, quattro anni prima – nell’agosto del 1975 – era stato eletto alla Presidenza dell’Ente, al termine di una seduta abbastanza travagliata in quanto i due partiti alleati, Pci e Psi, disponevano di 15 seggi su 30. La nuova compagine dava così vita ad una Giunta “socialcomunista” in un momento in cui le “Giunte rosse” si stavano affermando in varie parti d’Italia, a cominciare proprio dal Piemonte sotto la guida del socialista Viglione ma anche nella stessa Serravalle con Michelangelo Grosso.
Tornando all’articolo, rileggendo le dichiarazioni dell’allora candidato all’Europarlamento ho ritenuto interessante condividere alcune riflessioni con i lettori.
Prima di tutto vale la pena richiamare le sue brevi ma lucide e interessanti parole rilasciate al giornalista: «Vogliamo un’Europa equilibrata e unita – dice Demicheli – e non la formazione o il consolidamento di un’Europa “nordica” progredita e di un’Europa “mediterranea” (nella quale finirebbe per confluire il nostro Paese) sottosviluppata o depressa. La strada non è né facile né breve, ma solo percorrendola si potrà parlare dell’Europa come dì un’entità in corso di formazione e non di qualcosa vicino all’Europa delle patrie che vedrebbe trionfare un asse franco-tedesco». Parole per certi versi dure, ma che nella loro brevità tratteggiano – siamo nel 1979 – alcune fragilità dell’impianto europeo.
Il sogno – o l’incubo, a seconda di come la si pensi – di un’Europa unita, o perlomeno liberata dai conflitti, risale a diversi secoli fa. Nella storia contemporanea possiamo citare pensatori come Nikolaus Coudenhove-Kalergi o Aristide Briand, fino a giungere a coloro che riuscirono a dare una forma concreta a tale progetto: Jean Monnet, Robert Schuman, Konrad Adenauer fin ad Alcide De Gasperi.
L’intuizione di fondo, attuata con la gestione OECE del Piano Marshall, fu quella di costringere” i Paesi europei (ad eccezione di quelli aderenti al blocco comunista) a cooperare insieme, lasciando maturare il seme dei legami “deboli” che alla lunga producono relazioni forti.
In effetti, è innegabile che il percorso dell’integrazione europea, costellato da piccoli passi avanti e clamorose battute d’arresto, abbia comunque permesso all’Europa occidentale di restare sostanzialmente in pace per quasi ottant’anni.
Errore di fondo – ma con il senno di poi si è tutti bravi – fu quello di non affiancare all’integrazione economica quella politica (CEP) e di difesa militare (CED). Errori – evitabili o meno è compito degli storici – che oggi si pagano a caro prezzo.
Con queste premesse, le parole dell’allora Presidente socialista della Provincia di Alessandria da un lato assumono l’aspetto di una lucida constatazione delle dinamiche fin da allora presenti a livello europeo e, dall’altro, rivestono l’aura della profezia.
Quella dichiarazione di principio «Vogliamo un’Europa equilibrata e unita» sta ad indicare, è lecito supporre, un’Europa dall’orizzonte federalista cooperativo.
Il rigetto della prospettiva di «un’Europa “nordica” progredita e di un’Europa “mediterranea” sottosviluppata o depressa» è, sostanzialmente, la chiara presa di posizione contro l’idea di un’Europa «a due velocità», ma rappresenta anche una critica ante litteram a quanto accaduto con la crisi economica greca, senza contare che, per certi versi, risulta essere una precognitrice critica alle politiche di austerità economica che quella crisi l’hanno gestita. A tal riguardo è innegabile constatare che tali politiche economiche, progenie di un impianto neoliberista, abbiano notevolmente influito sugli esiti di quella crisi e sulle relative conseguenze. Dichiarazioni che fanno riflettere, quelle di Lorenzo Demicheli, se si pensa che in quel giugno 1979 l’asse neoliberista capeggiato da Margaret Thatcher e Ronald Reagan non aveva ancora prodotto i suoi effetti.
Ad ogni modo, la parte a mio avviso più interessante e densa della dichiarazione è quella finale, quando Demicheli dice «La strada non è né facile né breve, ma solo percorrendola si potrà parlare dell’Europa come di un’entità in corso di formazione e non di qualcosa vicino all’Europa delle patrie che vedrebbe trionfare un asse franco-tedesco». Capire che l’Europa sia una «entità in corso di formazione» è fondamentale proprio per comprendere quanto lavoro ci sia ancora da fare e, di conseguenza, comprendere quanto l’Europa sia sostanzialmente un ibrido istituzionale che, inevitabilmente, finisce per scontentare le due sponde. Anche in questo caso è legittimo ipotizzare che quando Demicheli parla di evitare una Europa delle «patrie» intenda dire un’Europa degli Stati-nazione.
Venendo al presente, dopo ben 43 anni da questa intervista. sintetica ma stimolante, qualche riflessione conclusiva è bene farla.
Sostanzialmente, negli ultimi decenni il cammino di integrazione politica dell’Europa – che paradossalmente si è allargata – si è notevolmente rallentato. L’Europa delle Patrie o Stati-nazione è tuttora la forma politica in vigore ed è, a mio parere, il peccato originale delle tante mancanze dell’attuale assetto istituzionale. Fino a quando gli Stati-nazione saranno forti – e dunque faranno prevalere il loro «egoistico» interesse – l’Europa sarà debole, palesando tutti i suoi limiti, come nell’attuale crisi ucraina.
Naturalmente, qui le strade si dividono fra coloro che ritengono che si debba tornare indietro e coloro che intendano andare oltre: il dibattito è aperto.
In conclusione possiamo osservare che già nel lontano 1979 – sembra un secolo fa – Lorenzo Demicheli aveva toccato quelle che erano le fragilità di un’Europa che, dal suo sguardo dell’epoca, già aveva mostrato le grandi potenzialità in essere ma anche i rischi che, purtroppo, in buona parte sono ad oggi ancora presenti.