I fontanini degli anni ’60
Foto in evidenza: Un rabdomante al lavoro, da Pierre le Brun, Histoire critique des pratiques superstitieuses, (Jean-Frederic Bernard, 1733-1736).
Per noi Boomers, cresciuti giocando in strada come ora non è più possibile fare, da bambini era importante sapere, specie nel caldo d’estate, dove fosse possibile dissetarsi. Il poter localizzare un rubinetto accessibile al pubblico o un fontanino zampillante d’acqua era un patrimonio culturale necessario a qualsiasi ragazzino serravallese. Che si giocasse a pallone, o si sparasse con le cerbottane o ancora ci si divertisse con qualsiasi cosa ci fosse saltato in testa, la mappatura delle fonti d’acqua era una questione vitale. Al giorno d’oggi la quasi totalità di questi incredibili pit stop idrici è scomparsa, a volte sostituita da un più elegante accesso all’acqua. Questa sorta di emancipazione idraulica del paese può essere forse ricordata dalla generazione X, difficilmente dai Millenials e ovviamente per nulla dagli Zeta. Ma per questi ho in mente una sorpresa. Forse.
Iniziamo da sud. Arrivato al mulino dei Roveda, girando a destra verso la diga e costeggiando la riva sinistra della Scrivia vicino alla roggia, trovavi, sotto alti alberi, un fontanino sempre ricco d’acqua. Un rubinetto esisteva in Piazza XXVI Aprile, poco sotto l’imbocco di Salita Depretis e lungo Vico San Martino troneggiava una pompa pubblica, accanto a un pozzo tuttora esistente.
Un altro rubinetto faceva la sua bella mostra in Piazza Bianchi.
E’ facile fotografare ciò che esiste, impossibile con ciò che non è. A dispetto di questa pretestuosa e semifilosofica premessa, qualcosa si riesce ancora ad immortalare; in Piazza Bianchi, sotto la rampa d’accesso per l’Ospedale San Giuliano, il muro appare crepato là dove un tempo era posizionata una fontanella. Un altro “fontanino che non c’è” si intuisce in Via Fabbriche, sulla sinistra, sotto i ponti dell’autostrada (vedi foto più avanti).
Problematico era il rinnovo idrico quando giocavi nel campetto della Chiesa. Se non era aperto il bagno della Casa del Giovane, dovevi sperare nella Sacrestia, perchè se anche questa fosse risultata chiusa, per poter bere a Porta Genova o in Piazza Bianchi, perdevi il turno di gioco e forse, tutto il pomeriggio.
In Scrivia, poco a nord del lago dei Cavalli, trovavi anche la rinomatissima acqua di zolfo, dall’odore penetrante e ‘flatulento’, riconosciuta da taluni come rimedio necessario a qualsiasi male. Non solo, il luogo, assai frequentato da tutta la comunità, ispirava sarti e reporter della moda serravallese con sfilate di modelle in abiti prêt á porter.
In pellegrinaggio verso la Madonna del Monte, ti dissetavi poco prima di San Michele, nei pressi del sottopasso ferroviario e poi più su, verso Monte Spineto, accanto al vascone di Villa San Biagio.
Un rubinetto, tuttora esistente e arrugginito, ti soccorreva a metà di Via Palestro ed un altro in Piazza del Mercato, dietro maleodoranti cessi pubblici. Un fontanino lo incontravi scendendo alla Campea, non si sa quanto pulito, così come in via Fabbriche sotto i ponti dell’autostrada. Ancor oggi, pur coperto dal cemento, l’umidità ne rivela l’antica presenza.
Un getto d’acqua sgorgava all’inizio di Via Monterotondo, sulla sinistra, poco sopra i nuovi palazzi nati con il riempimento “de e bugiòun”. Giocando in Valletta i più arditi bevevano direttamente da Rio Gazzolo, ma il Re dei fontanini lo incontravi nel bosco, a nord ovest del campo sportivo, a mezza costa sopra la Valletta. Ci scendevi a razzo fra il primo e il secondo tempo di una partita, lungo un sentiero zigzagante in discesa. Ero sempre l’ultimo ad arrivarci, mettendo finalmente la bocca riarsa sotto quel cannello di ferro saldamente trattenuto da un blocco di cemento. Quanto era fresca quell’acqua! E buona! Il mio problema era che risalita la china e raggiunto finalmente il campo, porca miseria, avevo sete di nuovo.
Post scriptum
Ora, da vecchio, la mappatura del paese risponde ad altre esigenze fisiologiche. Ma è inutile lambiccarsi il cervello calcolando i possibili tempi di resistenza prostatico/vescicale fra una minzione e l’altra. I vespasiani, ahinoi, non esistono più. Ma questa è un’altra storia e parte noi Boomers, a chi cavolo può interessare?
Ah… dimenticavo la sorpresa. Per gli Zeta e i digitalici esiste una app, anzi più di una. Trovi l’acqua con un click, alla faccia dei vecchi rabdomanti! Ma forse, ahimé, i giovani la conoscono già…
Fotografie dell’autore.
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