Cuntrò du Diòvu
Come potete vedere cliccandovi sopra, questo articolo é tratto da E’ Buzardéin ’d Seravale del 1996, realizzato da Croce Rossa Italiana, sottocomitato di Serravalle, Pro Loco e Associazione Commercianti e Artigiani
Si chiama oggi in un modo diverso (Vico Figini) ma porta il nome dialettale da moltissimo tempo, sicché essa è normalmente denominata la “Contrada del Diavolo”. Non è che si svolgano riti satanici o che comunque la presenza di un’entità misteriosa, che qualcuno potrebbe aver ricondotto appunto a Satana, si verifichi in quel vicolo. La ragione è derivata da una specie di trasposizione concettuale in riferimento ad una statua lignea di San Nicola, che ora si trova all’interno della Chiesa dei Bianchi, ma che un tempo era posta in una nicchia all’esterno e dava appunto sul Vico che ha preso poi il nome che ha popolarmente.
Il fatto è che il Diavolo era ed è tutt’ora così brutto che l’immaginazione popolare si concentrò sulla raffigurazione di quest’ultimo, anziché sul quella di San Nicola che avrebbe dovuto, nelle intenzioni dello scultore, attrarla. Perciò ha definito il Vicolo come la Contrada del Diavolo. Tutto ciò non sembrava del resto particolarmente irriverente perché si tratta di una via molto stretta, che termina in una ulteriore strettoia, dominata dal muro laterale della Chiesa dei Bianchi (risalente alla fine del ‘400), che ‘chiude’, per così dire il percorso, deviandolo a sinistra parallelamente ad essa. Sull’angolo la ristrettezza è tale, causata anche dallo spigolo antistante di un’altra casa, che a malapena può passarci una persona. Perciò, per questa sua collocazione topografica, per essere stato particolarmente buio, specie di notte, nei secoli passati (prima che la strettoia venisse rischiarata con una lampada della pubblica illuminazione), per la ristrettezza complessiva, la denominazione non parve così inadatta e in tal senso è rimasta ancor oggi ad indicare quel vicolo. Non vi sono particolari pregi, del resto, a qualificarlo turisticamiente, intendendo per pregi opere artistiche o immagini di riferimento, sicché particolarmente è rimasta nella fantasia popolare la sola immagine dell’oscurità associata a quella della ristrettezza del suo percorso che vagamente ricorda un oggetto flessibile, cui conviene il nome di “budello”.
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