Le fake news ottocentesche
fake news Locuzione inglese (lett. notizie false), entrata in uso nel primo decennio del XXI secolo per designare un’informazione in parte o del tutto non corrispondente al vero, divulgata intenzionalmente o inintenzionalmente attraverso il Web, i media o le tecnologie digitali di comunicazione, e caratterizzata da un’apparente plausibilità, quest’ultima alimentata da un sistema distorto di aspettative dell’opinione pubblica e da un’amplificazione dei pregiudizi che ne sono alla base, ciò che ne agevola la condivisione e la diffusione pur in assenza di una verifica delle fonti. Corrispondente grosso modo all’italiano bufala mediatica – sebbene quest’ultima espressione faccia generalmente riferimento a notizie del tutto prive di veridicità – e utilizzato prevalentemente in ambito politico, il neologismo ha conosciuto amplissima diffusione a partire dal 2016, ed è entrato prepotentemente nel lessico giornalistico grazie all’impiego fattone l’anno successivo dal neoeletto D. Trump per sostanziare le sue campagne contro i mezzi di informazione. Al 2018 numerosi studiosi di comunicazione hanno criticato il suo impiego, sottolineandone la genericità e l’eccessiva diffusione, e hanno posto in connessione il fenomeno che essa designa con il più ampio concetto di postverità, intesa come pseudoverità costruita attraverso scelte individuali e collettive che fanno perno sull’emotività e le convinzioni condivise dall’opinione pubblica prescindendo del tutto o in parte dalla conformità con il reale. (Da www.treccani.it).
Le notizie false sono ormai entrate nella nostra quotidianità. Tuttavia queste sono sempre esistite, senza scomodare neologismi derivati dalla lingua inglese. Verificare la reale correttezza delle informazioni tuttavia non è sempre facile. L’esempio che qui riporto è paradigmatico. Il primo numero di un giornale stampato in Piemonte, presente nell’Archivio digitale dei giornali della Regione Piemonte (www.giornalidelpiemonte.it), che riporti la voce “Serravalle Scrivia” risale a domenica 24 maggio 1874. La testata in questione è quella di un giornale di Biella: “L’Eco dell’Industria”
A pagina otto di questo giornale viene pubblicizzato un prodotto con proprietà mediche straordinarie: la Revalenta Arabica Du Barry di Londra, una sorta di farina di lenticchie in grado di guarire ogni male. Secondo Wikipedia, invece, la vera Revalenta arabica è la “radice” del Glossostemon bruguieri. Le radici furono vendute con il nome di Arabgossi. In Egitto, sono conosciuti come Moghat. La pianta originale del prodotto rimase sconosciuta per molto tempo, fino a quando l’esploratore e botanico tedesco dell’Africa Georg Schweinfurth scoprì come fonte il Glossostemon bruguieri.
Dal sito www.baldung.blogspot.com se ne decantano le proprità;
Guarisce radicalmente le cattive digestioni (dispepsie, gastriti), neuralgie, stitichezza abituale, emorroidi, glandole, ventosità, palpitazione, diarrea, gonfiezza, capogiro, ronzio d’orecchi, acidità, pituita, emicrania, nausee e vomiti dopo pasto ed in tempo di gravidanza; dolori, crudezze, granchi, spasimi ed infiammazioni di stomaco, dei visceri; ogni disordine del fegato, nervi, membrane mucose e bile; insonnia, tosse, oppressione, asma, catarro, bronchite, tisi (consunzione), pneumonia, eruzioni, malinconia, deperimento, diabete, reumatismo, gotta, febbre, isteria, vizio e povertà del sangue, idropisia, sterilità, flusso bianco, i pallidi colori, mancanza di freschezza ed energia. Essa è pure il corroborante per i fanciulli deboli e per le persone di ogni età, formando buoni muscoli e sodezza di carni.
Una vera panacea per ogni malattia!! L’articolo riporta alcune testimonianze favorevoli a questa radice. Fra queste quella del Professor Pietro Canevari del sedicente Istituto Grillo di Serravalle Scrivia. Ora io non ho alcuna conoscenza su questa pozione. Non ne entro nel merito insomma, anche se i miei dubbi sono così forti che mi costringono a pensare che, ebbene sì, siamo di fronte ad una fake news proveniente dal secolo decimonono. Inoltre per quanto io abbia ricercato, non ho trovato alcun documento riguardante il Professor Pietro Canevari, né tanto meno questo fantomatico “Istituto Grillo”. Insomma siamo di fronte a quella che volgarmente si definisce una classica “balla”. Tuttavia, se qualche lettore fosse a conoscenza di detto Istituto e del suo Professore, sono subito pronto a fare pubblica ammenda.
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