A pusiscioun ‘d l’Adulurata. La banda
Prima di completare il “quadro” delle figure della processione (restano da descrivere il clero, la statua, le autorità ed il codazzo di popolo -gli uomini- al seguito) non si può e non si deve dimenticare la banda musicale. Generazioni di nostri compaesani si sono alternate tra le sue fila, per esecuzioni di musiche sia religiose che civili, in qualche caso pure di marce funebri. Lasciamo ad apposita “voce” dell’enciclopedia serravallese l’analisi del nostro caratteristico gruppo musicale ma non dimentichiamo di riportare uno degli argomenti che animavano la discussione, prima della partenza di ogni sacro corteo: cosa suoniamo? Veramente la domanda precisa sarebbe: cosa ci lasceranno suonare? Memorabili i racconti riferiti da Scupèlu; egli ricordava ancora con una certa insofferenza le interminabili, sterili discussioni con don Boveri che, autonominatosi “direttore” dei sodalizi, intendendo “gestire tutto lui” imponeva ai musicanti gli inni religiosi da eseguire. Ora, per un portatore che ha sulle spalle determinati pesi “cantare e portar la croce” è tecnicamente impossibile e dunque un passo di marcia non è indecoroso, è semplicemente un’esigenza tecnica (poi non è mica detto che si debba continuare a suonare marce pseudomilitari per tutto il tragitto). La soluzione c’era: l’esecuzione del “passo doppio” che nacque anch’esso in Spagna come versatile accompagnamento musicale alle sfilate. Figuriamoci! Un tema melodico non religioso durante un corteo devozionale! Il clero mai avrebbe rinunciato ad una sorta di funzione di sorveglianza sociale che gli derivava da una forte rilevanza nella società, esercitata dalla Chiesa-istituzione. Secondo certo clero dunque si sarebbe dovuto continuare a realizzare una sorta di clericalizzazione del laicato anche nel campo della religiosità popolare. Cosicché ogni volta che il discorso si portava sul tipo di musica da eseguire, le disposizioni del Parroco erano sempre che si eseguissero inni popolari, pie melodie, in sostanza canti da chiesa seppur armonizzati per banda. Si può ben immaginare l’intolleranza dei portatori che avevano ed hanno bisogno di qualcosa di ritmico e di brioso per portare più agevolmente i pesanti simulacri. Alla fine finiva sempre allo stesso modo: dopo un ritornello di “Evviva Maria” i musicanti intonavano le marce a cui siamo tutt’ora abituati, per cadenzare il passo dei portatori, i preti potevano dire quel che volevano!