Racconti, testimonianze, favole, poesie

La febbre del sabato sera

(di Lorenzo Bisio)

                                                                          

Corre l’anno 1977 ed esce  nelle sale cinematografiche un film che ha segnato l’adolescenza di milioni di giovani italiani, e non solo : “Saturday Night Fever”.

La pellicola, grazie alla quale John Travolta ottiene  la sua definitiva consacrazione come attore, è ambientata nella famosissima discoteca di New York “Studio 54” ed è un vero e proprio omaggio alla disco music, genere musicale  in voga  in quegli anni, e al fascino dominante negli anni settanta.

La trama viene arricchita dai successi in voga all’epoca, tra cui spiccano le canzoni originali dei Bee Gees (soprattutto il brano Night fever), che con la colonna sonora di questo film ritrovano una nuova stagione di gloria.

La storia che fa da filo conduttore, apparentemente leggera,  tratta in realtà tematiche serie ed affronta problemi giovanili tuttora attuali, come l’emigrazione, l’uso di sostanze stupefacenti nelle discoteche, il razzismo, la violenza sessuale e la violenza tra bande.

Ma a me pischello di 17 anni e alla mia compagnia, “quelli del Mini Bar”, importano poco le tematiche sociali; interessa soprattutto uscire il sabato sera, bere e divertirci in discoteca, trasformandoci in tanti piccoli Tony Manero “id nuiotri”.

In zona la discoteca assolutamente top è il Neu di Pozzolo Formigaro.

Il padrone Gigi Santi, in gioventù fiorettista di buon livello, che per tre volte sfiora la partecipazione alle Olimpiadi, già proprietario di un altro locale, “il Revival”, dietro il Liceo Scientifico di Novi Ligure, la concepisce come una discoteca di livello superiore, architettonicamente all’avanguardia, con arredi lussuosi e luci soffuse.

E’ stato in Spagna in vacanza e si è ispirato al celebre Pacha di Ibiza, il cui logo sono una coppia di ciliegie.

Pochi sanno però che il primo Pacha della storia nasce nel 1967 in quel di Sitges (corsi e ricorsi storici, di Sitges parlerò in un altro racconto) a 40 chilometri da Barcellona, per iniziativa dei fratelli Ricardo e Piti Urgell, e che il nome deriva dall’espressione “vivere come un pascià”, mutuata dallo stile di vita lussurioso e sfarzoso dei pascià dell’Impero Ottomano, i figli primogeniti del sultano.

Ritornando a noi, in quegli anni frequento, come altri della mia compagnia, ìl Ciglia, ìl Cisco,  Giulio Riva “il bomber di Leggiuno”, “mon general Bobbio” e  Ezio Ponassi,  il Liceo Scientifico Amaldi di Novi Ligure.

Durante la settimana ci facciamo un mazzo tanto nello studio, perché i professori  di allora,  su tutti Cassarino di francese, la Gavazza di italiano e la Doglioli di matematica, sono molto severi ed inflessibili;  interrogazioni a raffica  durante tutto il quadrimestre, seppur  con il  metodo dei  “ turni di volontari”.

L’adrenalina e lo stress accumulato sui banchi di scuola va dunque scaricato nel fine settimana e la serata disco del sabato diventa un “must” in cui dare il meglio di sè (per noi il peggio).

E’ come se fossimo affetti da bipolarismo: durante la settimana studenti “ordinary people”, al sabato creature della notte, dal “cilindro” (tasso alcolico) sempre su livelli di eccellenza, e con la voglia di tirare tardi fino alla chiusura dei locali.

Il nostro covo è il Mini Bar, un localino piccolo e stretto, all’imbocco di Via Gramsci a Serravalle, che nel giro di poco tempo diventerà un punto di ritrovo fisso per la “gioventù bruciata” del paese : una banda di pazzi scatenati che attraversa più generazioni (dal 1958 al 1965, e oltre), protagonisti assoluti della movida di quegli anni.

Al nucleo del liceo scientifico, vanno aggiunti i padri  fondatori, i veri capi storici : Mario “Slerfa Grosso”, Gianluca “Tano rock” Ontano e  Lorenzo “il Mosca” Moscardini, e poi in ordine sparso tutti gli altri, Giuliano “il Monky” Moncalvo, Pino “Hulshoff” Parmella,  Paolo “Figio” Carrea, Enrico “Inein” Bagnasco, Roberto “Bensasa” Bensi, i gemelli Galardini (Marco “Poldo” e Massimo “il binello”),  Vittorio “ei Vinchiu” Venturato, Lelio e Tullio Demicheli, Marco “Cecio” Bagnasco, Luigi “Gine” Oliviero”, Leo “Cioppi” Colopi”, Fabrizio “il Bomber” Bovone”  e, ciliegina sulla torta,  lo straniero  della compagnia, acquistato  a caro prezzo da Stazzano, Giovanni “Giannello” Repetto”.

Ma chissà quanti altri ne dimentico !

Quei 20 metri quadrati scarsi, diventano in breve un carnaio (altro che “distanziamento sociale” dei giorni nostri) dove un gruppo sempre più numeroso di baldi giovanotti si mescolano, interagendo ed integrandosi alla grande, con figure di spicco della Serravalle anni 80.

Dai senior, a cui ci ispiriamo per le nostre imprese, come Giancarlo “il Budda” Allegri, Bruno “il Fox” Fossati da Arquata Scrivia, Antonio “Tonino” Delonghi da Alessandria, ai top player in età avanzata, su tutti il ragionier Gianfranco Gifra, Prospero Varese, Damian “Digu id Feru”, Amedeo “Medeu” il meccanico, “Solenzio”, Franco il ciabattino, Pagano di Cassano Spinola.

Al bar, verso le 21.00 del sabato sera, comincia per tutti “il riscaldamento” per arrivare al top della forma al momento di scendere in pista al Neu.

Primo perché a quei tempi andare a ballare quando aprono i locali, è da “sfigati”, poi perché, essendo le finanze a nostra disposizione non certo illimitate, occorre farsi “una buona base” a basso costo, prima di fare il trionfale ingresso in discoteca, come Tony e i suoi amici nel film.

Ma le donne direte voi ?

Le donne in compagnia ci sono, poche ma buone, anche in senso estetico, ma nella scala delle priorità vengono ben dopo le “piombe”, il casino e il ballo.

Sono un manipolo di eroiche fanciulle, molto carine: su tutte, le migliori in assoluto, la Cristina Bisio, la Silvana Inglese, la Rossella Sterpone, la Monica Merlano, che ricordo con piacere, perché hanno dimostrato nei nostri confronti una pazienza e uno spirito di sopportazione che vanno oltre ogni limite.

Il Mini Bar è gestito dalla mamma di Pino “Hulshoff” Parmella, per tutti “Madame”, per le sue origini francesi, a cui da una mano dietro il bancone il primogenito Gaetano, perché il secondo ha ben altro da fare: deve “ingranarsi” con tutti noi.

Suo padre “Monsieur” gestisce un distributore di carburante all’inizio del paese, arrivando da Novi Ligure, in prossimità del casello autostradale della Milano – Genova : il sabato sera lo trascorre giocando interminabili partite a tressette  con Gifra, Prospero Varese e Piero Marenco, incazzandosi come una bestia   se il compagno sbaglia le giocate.

In questo modo, tutto concentrato sulle carte, non si accorge nemmeno che il figlio Pino e i suoi compagni di bisboccia, stanno via via raggiungendo livelli alcolemici paragonabili a quelli di Vittorio Feltri ai giorni nostri.

Un giro di bevute tira l’altro e verso le 23.00 il nucleo storico della compagnia viaggia già su ottimi livelli.

Dimentico di dire che,  per non essere monotoni, il “carburante” varia di volta in volta; anticipando le serate a tema dei tempi moderni, di volta in volta i protagonisti sono la Menta Sacco (bevuta rigorosamente “sciasga” cioè senza ghiaccio, perché va prima in circolo), la Mambo vodka, i “cicchettini” di amaro Montenegro o del Capo, le classiche birrette  o, portafoglio permettendo,  i più raffinati cocktail come Coca e rum Bacardi, il Daiquiri, il Manhatann, e lo stomachevole Bloody Mary, quello col succo di pomodoro.

A questo punto, un primo manipolo di “cucadores”, all’irresistibile richiamo della “brigna”, lascia il bar destinazione Neu, mentre lo zoccolo duro, gli irriducibili, per rifinire la preparazione, si trasferisce al Bar dei Tigli a Cassano, dal mitico Giovannino.

Un altro giro di valzer ad alta gradazione alcolica e poco prima di mezzanotte si parte verso la gloria !

Per me il debutto è stato alla Leo Messi ; entrambi diciassettenni, lui  esordisce nella Liga con il Barcellona contro l’Espanyol,  entrando in campo all’ottantunesimo al posto di Deco, io esordisco al Neu rientrando  a casa  ben oltre l’orario di chiusura della discoteca.  

Ma, almeno in questo caso, non per la voglia di tirare tardi, quanto piuttosto perché, avendo perso la contromarca del mio impermeabile Scotch Corner, costatomi un occhio della testa ed acquistato in una traversa via di Lucoli a Genova (mi sembra Salita San Matteo), devo aspettare che tutti escano dal locale per poterne rientrare in possesso.

Mia madre mi attende sveglia sull’uscio della porta di casa impugnando il battipanni di giunco e dopo un paio di dritti e di rovesci degni di Adriano Panatta dei tempi d’oro, che si abbattono dolorosamente sulla mia schiena e sulle mie chiappe, grida rivolgendosi a mio padre, anche lui svegliato da quel trambusto : “ Auva ag vagu mi au Noi a veghe m’è cu funsiouna !”

Lui imperturbabile : “Lasa perde cl’è meiu. E mucla lì,  ca svegemu tutu e cunduminiu”

Poi guardandomi  incazzoso: “domani facciamo i conti !”

Ecco due costanti dei miei rientri, sempre più tardi, dal Neu.

Mia madre che, malgrado mi tolga le scarpe già sul pianerottolo, mi spogli al buio e raggiunga la mia camera da letto senza accendere la luce, si sveglia tutte le volte e mi chiede: “tutto bene, vi siete divertiti ?”

E mio padre col quale i conti non li ho mai fatti, anche perché talvolta torna più tardi lui di me.

Mi ricordo che una volta, arrivato alla curva di Villa Bailo, a dieci metri da casa mia, i miei amici lo vedono arrivare in direzione opposta da Via Divano, reduce da una serata di “musse e belinate au giasu” al bar Eur.

“Ti scarichiamo qui?” mi chiedono preoccupati,  ed io : “No raga tranquilli!”

Ci incrociamo davanti al portone e papà mi fa : “E’ questa l’ora di arrivare?”

Ed io : “E tu ?”

Uno scambio di sguardi complici  e giù a ridere. Grande Giorgetti !

L’ingresso al Neu, vista l’ora tarda in cui arriviamo è sempre oggetto di una serrata trattativa alla cassa, perché pretendiamo lo sconto “comitiva” sul biglietto ordinario: costo 2000 lire più la consumazione.

Una volta dentro, bisogna stare attenti a dove si mettono i piedi, perché è talmente buio che non si vede un accidenti, figurarsi per noi che siamo già “carburati” il giusto.

Passata la postazione del dj, di fronte alla pista grande, i primi 5 minuti sono dedicati al rifacimento degli occhi,  perché sulla pedana  ci sono sempre delle cubiste da urlo (novità assoluta per quei tempi), con un fisico mozzafiato, coperte di un minuscolo perizoma luccicante, che tanti clienti hanno procurato ai negozi di ottica della provincia!

Dopo la seconda pista da ballo  eccoci arrivati nella nostra “zona di confort” il secondo bar, quello più imboscato e lontano da occhi indiscreti.

Qui si svolgono tutte le nostre attività relazionali (dagli approcci amorosi, che si concludono sempre con un due da picche, alle cazzate sparate con gli altri avventori, di cui siamo diventati buoni amici, su tutti il gruppo novese, di Arado, Moretti, Carlomagno e Bisiani).

Come gli indiani dei film di John Wayne fumavano il calumet della pace riuniti in circolo, il nostro rito propiziatorio è bere in una boccia gigante, tipo quella per i pesci rossi, il famoso coktail “Terremoto” ( il nome è già un programma) un intruglio esplosivo con i  liquori bianchi con un po’ di angostura per miscelare il tutto al meglio.

Nulla a che vedere con l’omonimo cockail inventato in Cile dopo il terremoto del 1985; quello che beviamo noi il terremoto te lo produce a livello gastrointestinale e cerebrale.

E dopo questa primizia alcolica tutti in pista a scatenarci !

A una certa ora, quando il locale si svuota rimangono solo i migliori, quelli che hanno come obiettivo di chiudere la discoteca.   

La musica diventa soft e partono gli abbordaggi; solo che dalle due di notte in avanti, per quanto concerne il gentil sesso, rimane solo la “rumenta” o le sorelle di Santa Maria Goretti.

In più il buio gioca brutti scherzi; li per li sono tutte carine, ma la domenica pomeriggio quando le vai a prendere in macchina ti viene in mente il famoso proverbio “da de drea ciapa ciapa, ma davaunti scapa scapa”.

Comunque la chiusura del Neu non significa rientro a casa, perché spesso, per battere tutti i rivali, si va a fare colazione, con lauto anticipo, all’autogrill di Busalla sull’autostrada Milano – Genova, da tutti conosciuto come il LEM per la sua forma avveniristica, che richiama i moduli lunari delle missioni Apollo della NASA.

La mattina dopo, il risveglio è sempre traumatico; mal di testa e fame sottozero, ma siccome il pranzo della domenica con i parenti più stretti è sacro, mi sforzo di alzarmi verso mezzogiorno e di “piluccare” qualcosa in tavola, per farmi trovare pronto per il pomeriggio, sempre in discoteca, a Vargo da Vito.

Un vero stacanovista !

Questo schema andrà avanti per un po’ di anni, anzi verrà ampliato con le uscite serali, sempre al Neu,  anche di giovedì e domenica sera.

Terminata la stagione invernale, tutta la compagnia si sposta, per quella estiva, al Mulino di Borghetto di Borbera, discoteca all’aperto con piscina, di proprietà   del mitico Nino Grosso (sita dove oggi sorge il Parco acquatico “Bolle Blu”), e anche lì,  noi del Mini Bar scriveremo della pagine indimenticabili.

Ma non vi voglio anticipare nulla !