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Notizie di Serravalle: sindaci, commissari e podestà,1900 – 1949

Serravalle Scrivia nel 1900 è una piccola città di 3.600 abitanti, che si è lasciata alle spalle il lungo inverno dell’economia piemontese, reso ancora più rigido dalle guerre doganali con la Francia del 1899. Prospera il commercio cittadino, il borgo è costellato dalle ville di numerose famiglie benestanti genovesi, la popolazione è cresciuta di circa quattrocento unità negli ultimi dieci anni, segno di un notevole sviluppo delle attività industriali (edili e tessili).
L’abitato del capoluogo si è sviluppato lungo la Strada Regia o Via Maestra, un segmento delimitato da due piazze: a nord Porta Milano, con il monumento al gran re Vittorio Emanuele II e a sud Porta Genova. Il palazzo comunale e la Collegiata, che si affaccia sull’omonima piazza, precedono di poco Porta Genova.
A Porta Milano pulsa la stazione ferroviaria su cui convogliano le merci della Val Lemme e dei ventidue Comuni del Mandamento (di cui Serravalle è il capoluogo). Di fronte alla stazione si apre la piazza del Mercato, teatro di fiere, balli agostani e campo per l’esercito regio in transito. Insomma, Serravalle è una strada selciata lunga e sinuosa, punteggiata senza soluzione di continuità da negozi, botteghe artigiane, osterie, alberghi e cantine. Oggi diremmo un grande centro commerciale diffuso.

La vita amministrativa cittadina è piuttosto movimentata, nonostante la legge elettorale escluda dalla cosa pubblica i braccianti agricoli, gli operai e le donne. Di fatto esiste una sola forza elettorale, soggetta all’egemonia dei commercianti, attraversata da correnti occasionate da interessi corporativi e questioni fiscali (dazio, focatico, imposta di esercizio).
Il 1900 si apre all’insegna della crisi municipale: il sindaco Paolo Montaldo ha dato le dimissioni e il Consiglio Comunale si divide in due metà perfette e contrapposte. Montaldo viene rieletto il 10 marzo (nove voti a favore, otto schede bianche), ma rinuncia. Il 12 maggio la crisi si risolve con l’elezione di Luigi Balbi.
Gli accadimenti memorabili del primo anno del secolo non lasciano traccia nei verbali del Consiglio Comunale: nessun riferimento all’assassinio del re Umberto I (avvenuto il 29 luglio) o allo sciopero generale di tutta la Liguria del 18 settembre, causato dallo scioglimento della Camera del Lavoro di Genova (provvedimento poi revocato su ordine del Presidente del Consiglio Saracco) e neppure all’affermazione della sinistra costituzionale e dell’estrema sinistra nelle elezioni politiche del 3 giugno.
Per un anno il Consiglio Comunale e la Giunta Municipale governano la città senza andare al di là dell’ordinaria amministrazione. I principali provvedimenti amministrativi riguardano: 1) il rifacimento della selciatura su alcuni tratti della via Maestra, a cui si accompagnano le richieste inascoltate all’amministrazione della Provincia di compartecipazione alla spesa; 2) la nomina del presidente e della commissione dell’Ospedale S. Giuliano; 3) la formazione delle “matricole” dei tributi locali; 4) la gestione delle scuole elementari comunali nell’ex convento dei Cappuccini
Nulla sembra turbare il quieto vivere dei Serravallesi. La società civile continua a riconoscersi nei valori e nelle organizzazioni della tradizione cattolica: due congregazioni religiose (dette dei Bianchi e dei Rossi), la Congregazione di Carità (istituzione laica del Comune) che si occupa della beneficenza alle famiglie più povere, l’Ospedale S. Giuliano (opera pia con otto posti letto) destinato al ricovero degli infermi poveri.
Alla piccola borghesia commerciale e artigiana si accompagna un ristretto gruppo di intellettuali e liberi professionisti (insegnanti, avvocati, medici, geometri, farmacisti) e alcuni imprenditori.
La classe povera (braccianti agricoli e operai) non ha rappresentanze politiche, ma due riferimenti mutualistici: La Società Operaia Progressista (liberale) e la Società di Mutuo Soccorso.
L’industria è costituita dalle fornaci per la fabbricazione dei mattoni (Balbi, Bailo, Traverso, Cabella) e dagli opifici tessili e cotonieri sviluppati per mezzo di società anonime di capitali stranieri.
Agli albori del Novecento, la classe povera serravallese, nonostante i salari molto bassi, gode di condizioni di miglior favore rispetto agli abitanti degli altri Comuni del Mandamento. Esistono molte opportunità di lavoro e le retribuzioni misere si sommano fra tutti i numerosi membri della famiglia. Anche i fanciulli lavorano: nelle fornaci, a 3 lire la settimana. Le donne impiegate nelle filande e nel cotonificio guadagnano 3 lire al giorno e arrotondano il salario sul greto del torrente Scrivia come lavandaie.
Il lavoro minorile è la causa per cui nelle scuole elementari istituite dal Comune, che provvede e vigila con una propria deputazione, le frequenze diminuiscono sensibilmente dopo la seconda classe. Le fanciulle possono frequentare fino alla quarta  e solo il 22 ottobre 1914 verrà loro estesa l’opportunità di frequentare, in classi miste, la quinta e la sesta elementare, proprio a causa della bassa frequenza maschile.

Il 3 giugno 1901 il Consiglio Comunale elegge sindaco Lorenzo Giacoboni e sotto la sua presidenza, il 13 marzo 1902, approva il capitolato per l’appalto dell’illuminazione pubblica, che passa dall’acetilene al gas idrogeno. La spesa annua di 3.244 lire, corrisposta alla ditta Eredi Paolo Sartirana di Novi Ligure, garantisce il funzionamento di 45 lampioni per l’illuminazione notturna della via Maestra, delle piazze e delle vie trasversali che confluiscono sull’asse viario principale. Non mancano nella discussione del Consiglio interventi conservatori, che denunciano il numero eccessivo di punti luce, e interventi progressisti, che vorrebbero ridurre il contratto trentennale con la ditta, in virtù dei progressi tecnologici nel campo dell’elettricità. Ad ogni modo, si tratta di un impegno finanziario significativo, considerato che il bilancio comunale, nei primi dieci anni del secolo, non supererà mai le 85.000 lire.
Nel 1904 il Comune provvede alla “municipalizzazione” o come ebbe a precisare il consigliere e avvocato Francesco Poggi, alla “gestione diretta” del servizio della nettezza urbana della spalatura della neve, in precedenza appaltata alla ditta Giovino Traverso di Serravalle per 2.000 lire annue. 
Il 5 maggio dello stesso anno, il Consiglio delibera la rimozione del monumento a Vittorio Emanuele II eretto a Porta Milano e di collocare il medaglione con l’effigie del “Padre della Patria” nell’Aula Consiliare.
Sempre il 5 maggio inizia una lunghissima “querelle” (che si trascinerà fino al 15 febbraio 1915) con il Cotonificio del “Fabbricone” di Giulio Figari, già Cotonificio Valle Scrivia, riguardante il pagamento di 87.500 lire dovute al Comune, in luogo degli alti interessi sullo stesso capitale. Il tutto è legato alla concessione del mulino Crosia e dei canali di derivazione asserviti alla fabbrica.

Dal 22 luglio 1905 al 30 giugno 1910, governeranno Serravalle diverse Giunte “popolari”, guidate dal nuovo Sindaco Giuseppe Davico. Durante il quinquennio si registra l’allargamento della piazza antistante la stazione ferroviaria; la revisione del Regolamento del Servizio medico per i poveri; l’istituzione della Direzione sanitaria dell’Ospedale S. Giuliano (contestualmente all’assunzione del secondo medico con uno stipendio netto annuo di 800 lire); la manutenzione del Carcere mandamentale e della Caserma dei Carabinieri e altri interventi manutentivi, primo fra tutti, la selciatura della via Maestra.
Il primo Regolamento organico degli impiegati e dei salariati  viene approvato il 27 agosto 1905 e prevede una pianta organica formata da un segretario, un vice segretario, un messo comunale e una guardia urbana con funzioni anche di guardia carceraria. Oltre gli impiegati e i salariati, il Comune deve provvedere al pagamento del medico condotto, dell’ufficiale sanitario, di due levatrici, del direttore e dei docenti delle scuole elementari.
Il 30 dicembre 1905 inizia un braccio di ferro tra il Comune e i commercianti sulla riscossione del dazio, che porterà da un lato a una lunga stagione di instabilità amministrativa e dall’altro contribuirà non poco al dissesto finanziario del bilancio comunale, risanato poi nel 1913 dal Commissario e Primo Ragioniere della Prefettura Paolo Niggi.
In breve la vicenda dazio: il Consiglio è chiamato a scegliere sulle modalità della riscossione del tributo. Vi sono tre possibilità: a) costituire un consorzio fra gli esercenti che si obbligherebbe a pagare al Comune 29.000 lire annue; b) appaltare il servizio riscossione che garantirebbe il versamento di 26.800 lire, con un aggio all’appaltatore di 4.900 lire, oltre al 50% delle somme ulteriormente riscosse; c) “municipalizzare” il servizio della riscossione. La prima modalità, ritenuta la più semplice e liberale, è vanificata dagli esercenti, che di fatto rifiutano di autogovernarsi e approfittano della “vacatio” regolamentare per eludere il fisco comunale. Sull’appalto c’è l’ostruzione di un assessore che rivendica il versamento di almeno 30.000 lire a carico dell’appaltatore. Infine il Consiglio sceglie la “gestione diretta”, ma il risultato è disastroso: il Comune riesce a riscuotere solo 12.000 lire, ne spende circa 1.000 e il regolamento del dazio viene ritirato, nonostante l’approvazione della Giunta Provinciale Amministrativa, perché adottato in presenza di un evidente conflitto d’interessi (ben otto consiglieri risultano essere esercenti). Insomma, per anni il buco viene mascherato con l’iscrizione delle somme non riscosse nei residui attivi, fino al collasso del 1913.
Dalle lunghe e infruttuose discussioni sul dazio, che toccano anche le dolenti note delle altre tariffe, emerge l’esistenza, nel 1906, di una Cooperativa di consumo che – dicono i consiglieri contrari agli aumenti – ha calmierato i prezzi.
La Cooperativa di consumo, le due Società operaie e una Cooperativa di muratori segnano intanto la crescita civile e politica dei lavoratori serravallesi.

Il 30 giugno 1910 il Consiglio Comunale elegge sindaco Nicolò Giavotto, ma appena sei mesi dopo viene sostituito da Luigi Bosio, il quale nel giro di poco tempo è costretto a sua volta a dimettersi.
Si crea quindi una situazione amministrativa davvero singolare: per oltre due anni (dal 1911 al 1913) reggente del comune è un assessore anziano (Albino Balbi), che presiede una Giunta continuamente rinnovata.
In questi frangenti, l’Amministrazione concede l’area del sedime del Peso pubblico alla Società Operaia Progressista, per la costruzione della propria sede e di un teatro. Però, a seguito del ricorso dell’ex Sindaco Giuseppe Davico, la Prefettura annulla la delibera per conflitto d’interessi, in quanto tre assessori sono membri della Società.
La crisi municipale non trova una soluzione: il 23 dicembre 1912 Carlo Aragone e Enrico Angelo Bosio ottengono dieci voti ciascuno. Stesso risultato il 18 gennaio 1913. Al ballottaggio vince per un voto Carlo Aragone, ma non accetta. Il primo febbraio Aragone ci ripensa, ma è la Giunta a dimettersi. Un disastro politico a cui si aggiunge il disastro finanziario. Il 26 aprile il Consiglio è costretto a deliberare l’assunzione di un mutuo di 20.000 lire per ripianare il disavanzo finanziario. Il bilancio intanto è sceso a 79.279,32 lire.

Grazie all’intervento del commissario prefettizio Paolo Niggi, il bilancio 1913 viene riscritto, il disavanzo ridotto a 15.000 lire e coperto con un mutuo contratto con il conte Raggio. Tutte le entrate tributarie vengono aumentate: il focatico (tassa di famiglia), il dazio, la tassa di esercizio e rivendita e la sovrimposta dei tributi diretti.
Nei restanti mesi del 1913, l’Amministrazione introdurrà l’insegnamento religioso pomeridiano nelle scuole elementari (mentre sta per esaurirsi l’autonomia scolastica comunale); provvederà alla piantumazione dei platani che daranno vita al viale Duca d’Aosta compreso tra Porta Milano e l’angolo nord del cimitero; sposterà i banchi dei calzolai e delle mercerie dalla piazza della Collegiata alla piazza Vittorio Emanuele II e vieterà l’occupazione dei marciapiedi, praticata fino ad allora dagli esercenti lungo la via Maestra (ora rinominata via Umberto I).
Nel 1914, alla vigilia delle prime elezioni amministrative a suffragio universale maschile, il Sindaco invita i panificatori a calmierare il prezzo del pane: è incominciata la Guerra Europea che arrecherà lutti, miseria e fame. L’ultima estate di pace vedrà ancora i balli sulla piazza del Mercato e un’insolita energia politica pervaderà Serravalle.

Il 29 luglio 1914 si riunisce il Consiglio Comunale appena eletto: entrano a far parte dell’assemblea sette socialisti su venti consiglieri. E, seppure forza di minoranza, sono molto decisi a battersi per la causa dei lavoratori. Portavoce dei socialisti è Giuseppe Tognin, che interviene nelle assemblee consiliari con spiccato senso pratico. Viene eletto Sindaco un giovane avvocato, Giovanni Davico, che guiderà una Giunta formata dal geometra Ercole Mainini, dal farmacista Luigi Balbi, da Ernesto Aragone e dal dottor Emanuele Luciani. La classe dirigente serravallese si è rinnovata profondamente, cambia l’impegno e il linguaggio politico, ma cambiano tragicamente anche i problemi: il 16 gennaio 1915 il gruppo socialista presenta l’interpellanza al Sindaco: “Quali procedimenti intende adottare la Giunta per far fronte alla crescente disoccupazione?”
Il documento in risposta all’interpellanza socialista, presentato dalla Giunta al Consiglio, descrive anzitutto la situazione critica in cui è precipitata anche Serravalle, a causa delle disagiate condizioni generali, della crisi economica e della Guerra Europea. Per far fronte alla disoccupazione la Giunta ha in mente di realizzare un nuovo mattatoio, risistemare la rete fognaria, allargare il ponte sullo Scrivia, restaurare il Palazzo comunale, costruire una variante per d’accesso alla strada della Val Borbera a partire dal Cotonificio Ligure, fino a raggiungere il nuovo tronco di strada Vignole-Arquata in prossimità di Villa Rosina. Un programma molto ambizioso di lavori pubblici a cui l’amministrazione intende aggiungere interventi manutentivi di lieve entità da affidare a squadre operaie serravallesi. Sempre Giuseppe Tognin chiede di dar vita, come a Verona, alla municipalizzazione del pane, della farina, del grano e del carbone, per sostenere i bisogni della povera gente. 
Il Comune, grazie al recupero del credito antico di 87.500 lire, finalmente versate alle casse comunali dal Cotonificio (la cui ragione sociale è ulteriormente mutata in Cotonificio di Inverno), impegnerà 12.500 lire per l’acquisto del grano per la produzione del pane municipale (che sarà venduto al prezzo di costo), 5.000 lire per la costruzione della strada di accesso alla stazione ferroviaria Stazzano-Serravalle, 15.000 lire per estinguere il mutuo con il conte Raggio e 5.500 lire per l’acquisto di titoli di Stato.
Sempre nel 1915, il Consiglio Comunale approva il progetto preliminare per la costruzione di un nuovo ponte sullo Scrivia (Serravalle – Stazzano), che ottiene il parere favorevole del Genio Civile e chiede, pertanto, un mutuo di 300.000 lire. Inaspettatamente il Genio Civile cambia il proprio parere: il ponte non deve essere edificato, perché con l’avvento della Direttissima e della nuova strada Vignole – Arquata, la Val Borbera ha un nuovo e più efficiente collegamento alle linee ferroviarie. Si perde così un’occasione davvero unica per superare le difficoltà del transito sul ponte esistente e, nello stesso tempo, la possibilità di aprire un cantiere bastevole per molti mesi a dare lavoro a numerose squadre di operai.
Il 23 settembre dello stesso anno l’Amministrazione decide l’installazione nel Palazzo municipale del primo apparecchio telefonico, ma deve anche fare i conti con il presidente dell’Ospedale S. Giuliano, che dichiara di non essere più in grado di somministrare gratuitamente i medicinali ai poveri. La crisi economica avanza inesorabile: il Comune deve aumentare la vigilanza sul “mercato nero” e sulle frodi alimentari. Il latte, per esempio, viene allungato con l’acqua e venduto come latte intero. Ciò nonostante, la Cooperativa dei Muratori porta avanti la costruzione del mattatoio e l’Amministrazione stipula una convenzione con le Ferrovie per la concessione in uso del piazzale esterno della stazione al Comune al prezzo “una tantum” di 30 lire.

La Guerra Europea, per i posteri la prima guerra mondiale, non ha termine: nel 1916 anche il Sindaco Davico è arruolato, i prezzi raddoppiano, la pubblica illuminazione viene riconvertita a petrolio e ridotti i punti luce. 
Il biennio 1917 – 1918 è sicuramente il periodo più duro del Novecento vissuto a Serravalle: tutti i giovani abili alle armi si trovano al fronte, il territorio comunale viene dichiarato zona di guerra, i generi alimentari sono introvabili (il Comune vieta l’esportazione del latte fuori del territorio comunale) e un’epidemia di polmonite uccide molte persone.
Il nuovo Sindaco, Erasmo Tabucco, indice mestamente i festeggiamenti per la “Vittoria delle Armi Italiane”. La vita sociale e politica riprende lentamente, seguendo il flusso dei reduci che si protrae per alcuni anni.

Serravalle, 1920: la ripresa economica del paese ricomincia dalle industrie: G.B. Gambarotta, Società Acido Tannico, Società Industrie Nazionali Cotoniere e Fornaci di Balbi.
L’undici ottobre 1920 “Il rosso vessillo” viene posto sul palazzo “del libero Comune di Serravalle” dal nuovo sindaco socialista Giuseppe Agretti. Alle elezioni del 3 ottobre il Partito Socialista ha ottenuto la maggioranza assoluta (16 consiglieri su 20) e il consigliere anziano, cioè il consigliere che ha ottenuto il maggior numero di voti, Giuseppe Tognin apre la prima seduta del Consiglio “inneggiando al Socialismo e alla Terza Internazionale”.
La Giunta Agretti, che governerà fino al 30 marzo 1922, è formata da Federico Balduzzi, Paolo Cavanna, Pietro Zuccotti e Giuseppe Tognin. I quattro consiglieri di minoranza, tutti del Partito Popolare, esercitano in un primo tempo un’opposizione costruttiva, ma si dimetteranno in blocco il 31 luglio 1922. Termina così la breve stagione dell’utopia egualitaria, alla vigila della dittatura fascista.
Il sindaco Agretti, nel discorso pronunciato il giorno della sua elezione, in una sala “gremitissima e festante”, parla di “soppressione di tutti gli abusi”, di distribuzione dei tributi “nel modo più equo e razionale”, di incremento di tutte le misure sanitarie per “tutelare i supremi diritti della classe lavoratrice”, di sviluppo delle cooperazioni e della pubblica istruzione. “E se non basteranno le nostre forze”, conclude, “ non mancherà l’azione concorde di tutti i Comuni socialisti”.
Nella prima seduta il Consiglio approva un ordine del giorno contro i fascisti, il calmiere dei prezzi dei generi alimentari e di prima necessità, la pensione alle vedove di guerra sole, la rideterminazione della tassa di famiglia, l’estensione della tassa di esercizio alle imprese agricole con dipendenti, l’istituzione di una scuola serale, il mantenimento dell’insegnamento della religione come garanzia della libertà di pensiero, il sostegno alla lotta dei lavoratori delle Fornaci di Balbi per le otto ore di lavoro giornaliere, l’invio dei bambini poveri ai bagni marini, un sussidio alla Biblioteca proletaria, l’adesione al Consorzio a antitubercolare provinciale. Viene esclusa la possibilità di procedere alla realizzazione di nuove opere pubbliche per gli oneri troppo elevati e per gli alti costi delle manutenzioni stradali che gravano sulle finanze comunali.
Nel biennio 1921-1922 la Giunta costituisce il Corpo dei Pompieri (formato da un comandante, un caporale e otto militi), potenzia la rete di illuminazione pubblica a elettricità, approva un progetto di un milione e cinquantamila lire per la costruzione di un nuovo edificio scolastico e l’assunzione di un mutuo di pari importo con la Cassa depositi e prestiti (ma l’opera non sarà mai realizzata), acquisisce il piazzale esterno della stazione ferroviaria Stazzano – Serravalle.

Nel luglio del 1922 il Governo invia un commissario prefettizio e i consiglieri socialisti sono costretti a dimettersi. Il commissario abolisce la refezione scolastica e i soggiorni al mare per i bambini poveri, chiude le scuole serali, licenzia due operai, adotta per il 1923 un bilancio di previsione in cui il taglio delle spese è conseguente al ripristino del regime fiscale comunale antecedente la riforma socialista.

Il 21 aprile 1923, il nuovo sindaco, ammiraglio Emilio Mattia Giavotto, apre la prima sessione consiliare inviando “un deferente saluto alla Loro Eccellenza Benito Mussolini” e il Consiglio nomina cittadino onorario l’ex commissario prefettizio.
Nella seduta del 2 luglio la piazza Collegiata viene rinominata piazza Vittorio Emanuele III, la piazza Vittorio Emanuele II diventa piazza Vittorio Veneto e la piazza della Stazione viene intitolata al capitano Luigi Bailo, medaglia d’oro al valor militare.
La Giunta presieduta dall’ammiraglio Giavotto realizza il primo tratto delle nuove fognature e della pavimentazione in lastre di sienite di balma, detta anche granito di Biella, di via Umberto I (da piazza Collegiata a piazza Vittorio Veneto). Il progetto fu redatto dall’ing. Ulrico Portis di Genova e i lavori furono conclusi il 31 gennaio 1926 dalla ditta Allegri Carlo di Serravalle. Tutto l’asse viario urbano viene ceduto dalla Provincia al Comune il 10 luglio 1926.
Il 31 gennaio 1926, nell’ultima seduta del Consiglio viene commemorato G.B. Gambarotta, scomparso all’età di quarantacinque anni.

Il 16 maggio 1927 s’insedia il primo Regio Podestà di Serravalle, avvocato Giovanni Davico. Intanto, lo sviluppo urbanistico lungo la strada provinciale ha oltrepassato Porta Milano, e il nuovo viale Duca d’Aosta si è innestato da nord a via Umberto I. Il transito delle automobili ha scalzato le vetture trainate dagli animali: il 21 luglio viene installato il primo distributore di benzina in via Umberto I (di proprietà del signor Luigi Bailo), a cui si aggiungerà nell’ottobre del 1927 quello gestito dal signor Vittorio Storti, presso il giardino del Caffè Stazione. Il traffico sempre più intenso viene agevolato dalla pavimentazione del secondo tratto di via Umberto I, realizzato sempre dalla ditta Allegri, che concluderà i lavori il 2 aprile 1927.
Serravalle comincia ad assumere il profilo moderno di nodo strategico stradale e ne resterà segnata definitivamente.
Le bettole e le osterie incominciano a cedere il posto ai Caffè (nell’aprile del 1927 viene introdotta la tassa di esercizio sulle macchine di caffè espresso), gli alberghi Commercio e S. Antonio diventano punti di riferimento e di sosta per gli automobilisti genovesi, milanesi e torinesi. Sono ormai maturi i tempi dello sviluppo del trasporto automobilistico che porteranno alla realizzazione della Camionale Serravalle – Genova (oggi compresa nell’Autostrada A7), inaugurata contemporaneamente da Vittorio Emanuele III a Serravalle e da Mussolini a Genova il 29 ottobre 1935.
Il transito automobilistico accelera lo sviluppo di Serravalle, che ormai ha superato la soglia di 4.200 abitanti. Anche il Comune cerca di tenere il passo: nel biennio 1926-1927 viene aperta una nuova entrata nel Palazzo comunale su via Umberto I, l’ufficio anagrafe viene dotato di una macchina per la stampa automatica delle certificazioni (costata 4.000 lire) e la segreteria comunale di una macchina calcolatrice.
Nel 1927 viene sistemato il tratto stradale via Lastricovia Pietro Forni e l’anno seguente il Comune assume un mutuo con la Cassa Depositi e prestiti per realizzare l’ampliamento delle scuole elementari dei Cappuccini.
I primi anni del regime fascista pesano relativamente sul tessuto sociale: il sussidio annuo di 300 lire che il Comune corrisponde alla sezione del Fascio di Serravalle è abbastanza esiguo e non lascia nemmeno ipotizzare una militanza politica popolare. Il palazzo del Peso pubblico è occupato dall’Opera Nazionale Balilla e dagli Avanguardisti e spesso diventa teatro notturno di numerose anonime prese in giro al regime.
“Vivi e lascia vivere” è il motto di quegli anni. La retorica fascista non intacca le tradizioni popolari autentiche: la devozione religiosa incanalata nelle liturgie secolari delle due Congregazioni; il canto e la musica; la vita di rione; la pratica sportiva del calcio, del tamburello, delle bocce e del ciclismo; i balli, il cinema e gli spettacoli al Teatro dei Luigini.
L’elenco dei poveri conta solo 73 capifamiglia, a testimonianza del buon livello goduto in paese. Ma il benessere introdotto dallo sviluppo dei trasporti automobilistici e dalla costruzione della Camionale, dura poco e la morsa liberticida si stringe a partire dalla crisi economica del 1929.

Negli anni Trenta, il Comune, retto da una Consulta Municipale e dal podestà Orazio Galfo, non è in grado di incidere minimamente sulla crisi economica che investe Serravalle: da un lato l’inflazione, dall’altro il dirigismo statale sempre più rigido, accelerano il declino dell’autonomia amministrativa, che si riduce in breve tempo a una larva burocratica incapace di alcuna iniziativa.
Con Regio Decreto 1.7.1937 Serravalle Scrivia diventa Serravalle Libarna, in ossequio alla scelta del regime fascista di celebrare i fasti di Roma imperiale (dal 23 settembre 1937 al 23 settembre 1938 si terrà a Roma una mostra colossale sul bimillenario della nascita di Augusto denominata “Mostra Augustea della Romanità”). In paese già emergono, come in tutto il Piemonte, i primi segni di sfiducia e di dissenso verso il fascismo.
Sono gli anni dell’apostolato politico del martire antifascista Mario Roberto Berthoud.

Il 19 maggio 1940, alla vigilia dell’intervento dell’Italia nel secondo conflitto mondiale, nel sito archeologico di Libarna, l’anfiteatro da poco restaurato ospita un grande raduno in costume del regime.
Il 27 e il 28 ottobre 1942 Serravalle è colpita da violenti nubifragi che rovinano le strade, le abitazioni e il palazzo municipale: alle sciagure della guerra e della bancarotta del Comune si assomma l’alluvione. Il podestà Vincenzo Inga, nominato il 10 ottobre 1940, deve far fronte al ripristino dei danni alluvionali  (stimati solo per le strade in 245.900 lire) e al dissesto finanziario che ammonta a 170.000 lire.
Dopo l’armistizio dell’otto settembre 1943, i segni del potere della Repubblica Sociale Italiana si visualizzano nella toponomastica stradale: il 26 gennaio 1944 il podestà cancella dalle vie e dalle piazze il ricordo, odioso per i repubblichini, della monarchia (via Umberto I diventa via Libarna; viale Duca d’Aosta diventa viale Guglielmo Marconi) e si inneggia alle virtù eroiche dei soldati italiani, per sostenere la scelta di continuare la guerra al fianco dei Tedeschi (viale Stazione viene intitolato all’eroe fascista Ettore Muti, piazza Mercato al tenente medico serravallese Paolo Bosio, medaglia d’oro al merito sanitario).
Dal mese di ottobre 1943 Serravalle è nel caos: occupazione tedesca, lotta partigiana sulle montagne circostanti, scarsità di viveri, medicinali e combustibili, incursioni aeree degli Alleati. La sirena d’allarme che annuncia l’arrivo dei bombardieri, dal mese di ottobre 1943 e fino al 23 aprile 1945, è azionata nell’ufficio postale dalle tre impiegate, le signorine Anna Gemme, Angela Soncino e Modesta Scarso. Dopo la Liberazione, quel suono continuerà a penetrare in tutte le case: il 26 luglio 1945 il Comune vende la sirena alla FIDASS per 8.000 lire e da allora segnalerà i turni di produzione dello stabilimento.

Il 7 aprile 1944 si consuma l’eccidio della Benedicta
Diciassette ragazzi di Serravalle saliti in montagna, sono trucidati sul posto e altri due periranno nel lager di Mauthausen.
Il 12 agosto 1944 il commissario straordinario Marcello Saredo Parodi sostituisce il podestà e sarà lui, il 28 aprile 1943, due giorni dopo la liberazione di Serravalle, a consegnare i poteri municipali al Sindaco designato dal Comitato di Liberazione Nazionale di Serravalle, prof. Giacinto Guareschi. Lo stesso giorno s’insedia la Giunta Popolare nominata dal C.L.N.: Giacinto Guareschi (Sindaco e Presidente), Enrico Bagnasco, Ernesto Bagnasco (assessore), Romeo Canuto (assessore), Luigi Cartasegna (assessore), Angelo Divano, Tenente Colonnello Achille Giani, Gino Moncalvo, Silvio Morcio, Fortunato Olivari (assessore), avv. Antonio Rusca.
Il C.L.N., presente alla prima seduta della Giunta popolare in un’aula affollatissima, era formato da Pietro Repetto (presidente), dr. Giuseppe Morel e Carlo Scalabrino
Questo è il gruppo dirigente che inizia la ricostruzione del tessuto sociale, politico ed economico di Serravalle.
Il professore universitario Giacinto Guareschi, ricordato da tutti come il Sindaco della Liberazione, ricopre la carica fino al 17 marzo 1946, giorno in cui si tengono le prime elezioni amministrative a suffragio universale. Segnato dalla morte del giovane figlio Marco, deportato a Mauthausen con altri giovani rastrellati alla Benedicta, seppe con umanità, equilibrio e sagacia riportare concordia e spirito di cooperazione fra i Serravallesi stremati dalla guerra, dalla fame e dalle divisioni ideologiche. Nel mese di Novembre la Prefettura elogia il suo operato e segnala agli altri Comuni della provincia il comportamento esemplare dell’Amministrazione comunale di Serravalle.
Il 9 e il 10 giugno 1945 i Serravallesi danno vita a imponenti e silenziose cerimonie in onore dei Martiri della Benedicta, le cui salme sono riportate in paese da squadre di volontari. Da quel silenzio ricomincia la ricostruzione.
La “Giunta Guareschi” deve provvedere anzitutto al razionamento dei viveri e al controllo dei prezzi e lo fa con estremo rigore. Nello stesso tempo riorganizza il Comune, ripristina le scuole (frequentate da circa trecento bambini) e il mercato. Avvia la sistemazione delle strade istituendo una singolare tassa straordinaria: ogni cittadino di età compresa tra i diciotto e i sessant’anni deve prestare al Comune una giornata lavorativa al mese. Viene ripristinata la pubblica illuminazione, assente dal 1943 per gli oscuramenti, e riorganizzata l’assistenza sanitaria (sono frequenti i casi di difterite). Viene ripristinato il campo sportivo e affidato alla U.S. Serravallese per le gare estive di “footbal”.
Il bilancio deve essere sottoposto al controllo del Comando Alleato, che lo approva senza osservazioni.

Il primo Consiglio Comunale del secondo dopoguerra, eletto per la prima volta a suffragio universale da 3500 elettori il 24 marzo 1946, vota all’unanimità Eraldo Manfredi sindaco.
La nuova amministrazione comunale porta a termine la revisione della toponomastica stradale avviata dal prof. Guareschi. Piazza Porta Genova diventa piazza XXVI Aprile 1945; piazza Municipio diventa piazza Secondo Risorgimento; via Libarna (già via Umberto I) diventa Via Mario Roberto Berthoud; via Guglielmo Marconi (già viale Duca d’Aosta) diventa viale Martiri della Benedicta.
Il 5 settembre il Consiglio vota il ritorno alla denominazione “Serravalle Scrivia” e chiede alla Prefettura il riconoscimento giuridico del nome (avvenuto con decreto del Capo Provvisorio dello Stato n. 324 del 2 marzo 1947).
Nella seduta del 19 aprile 1947 il Consiglio avvia il procedimento per la concessione al Comune di Serravalle Scrivia dello stemma e del gonfalone comunale.
Così, fra alti e bassi, è ripresa a scorrere la vita sulla strada dai tanti nomi: via Postumia, strada Regia, via Maestra, via Umberto I, viale Duca d’Aosta, via Libarna e via Mario Roberto Berthoud – viale Martiri della Benedicta.
Fra mercato nero, sanzioni e inflazione è ripreso il commercio. Con spirito di adattamento e inventiva sono state riavviate le attività artigianali. Con gesti di solidarietà è incominciata la ricostruzione del tessuto sociale (aiuti in pesos dagli emigrati in Argentina, legna da ardere offerta dallo stabilimento dell’acido tannico, persino un concerto organizzato dal Comando Polacco il 24 luglio 1946, che frutta 10.570 lire per i bambini bisognosi).
La ripresa economica comincia con forza nel 1949: oltre il commercio, le libere professioni e i pubblici servizi, a Serravalle si contano 1.680 lavoratori occupati nell’industria. Il tessuto produttivo, in continua espansione, si fonda soprattutto su Fidass (dolciumi, 490 dipendenti), Inga-Gambarotta (liquori, 150 dipendenti), Saffo (anticrittogamici e concimi, 180 dipendenti) Pesclea (laterizi, 100 dipendenti), Saica (colla e affini, 100 dipendenti), S.A. Acido Tannico (120 dipendenti), Gastaldi e C. (oli minerali, 75 dipendenti), Itinera (pietrisco e lavorazioni stradali, 70 dipendenti),  S.A. Tombini e Trafileria (25 dipendenti). Le attività artigianali danno lavoro a circa 200 persone.
La piazza del Mercato, a cui sono stati ripiantati i platani arsi nelle stufe autarchiche, si riempie dei suoni leggeri portati dagli Americani e i cinegiornali proiettati nei cinema del paese preannunciano il boom economico degli anni Cinquanta, sotto lo sguardo vigile e preoccupato della “Madonna Pellegrina”, che passa per Serravalle il 14 maggio 1949.

Nota dell’autore

Notizie e non Storia, perché questo testo è semplicemente una rassegna delle deliberazioni e di altri atti del Comune di Serravalle Scrivia. La sua redazione è avvenuta nel 2003 e pubblicata con il titolo La città sottile e con ulteriori approfondimenti, nel volume Saluti dal Novecento: Arquata, Serravalle, Gavi, Val Lemme e Val Borbera. Cento anni di storia e di cartoline, Mauro Traverso Editore, Gavi, 2003. Sono ricorso anche alle testimonianze orali, che ho raccolto insieme a Gisella Bagnasco tra il 1997 e il 1998, riportate nel volume La Luminosa e altre storie, edito dal Comune di Serravalle Scrivia nel 1998.

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