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Un prezioso manoscritto

Dante e San Francesco

Gli
Studi Danteschi di Fra’ Michele da Carbonara
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Fra’ Michele da Carbonara

Nell’archivio della Parrocchia di Serravalle Scrivia è conservato un manoscritto autografo di Padre Michele da Carbonara (al secolo Giuseppe Carbone, 1836- 1910).  Si tratta della “brutta copia” di parte degli studi che, con una lettera “di preambolo” contenuta nel manoscritto, Fra’ Michele preparò per un noto dantista della sua epoca, di cui era amco e dal quale era stato sollecitato (l’avv. Carlo Negroni, 1819 – 1896; autore tra l’altro de “SUI LESSI DOLENTI DELL’INFERNO“).

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Carlo Negroni
(foto da Wikipedia)

Al momento si ignorano le circostanze per le quali questo manoscritto sia stato depositato e custodito nell’archivio parrocchiale di Serravalle, ma sono in corso ricerche su vari fronti per appurare il motivo della sua presenza.
Il fascicolo, scritto da Fra’ Michele di suo pugno, con una calligrafia minuta, nitida ed elegantissima, ha oltre 70 pagine (frontespizio e copertina compresi); alcune di esse sono pubblicate e trascritte qui a titolo di esempio.

( pagina1 – Copertina)

F. Michele da Carbonara (Tortona)
Studi danteschi

*
Vol. 1.
Dante e San Francesco
Dante e Pier Lombardo
Vol. 2.
Dante e S. Bonaventura


(pagina 2 – Frontespizio)

Dante e San Francesco

Studio

Di Fra Michele da Carbonara
(Tortona)

(pagina 3)

I

Lettera di preambolo

All’Ill.mo Sr. Comm. Avv. Carlo Negroni
Lettera di preambolo

1Poca favilla gran fiamma seconda
Par. 1


S’egli intende tornare a queste ruote
l’onor de la influenza e ’l biasmo, forsein
alcun vero suo arco percuote.
Par. IV

Mio caro e buon amico, Vi spedisco questi fogli che riportano, come Voi avete desiderato, le mie ricerche intorno a talune corrispondenze d’idee fra S. Francesco e Dante. Io raffrontando qualche concetto del Santo con qualche frase del Poeta, non intendo di dire che il Poeta, in tutti quei casi avesse proprio innanzi agli occhi e sempre volesse esprimere quel tale concetto del Santo, no, non intendo questo perché saprebbe esagerazione; ma sì, intendo mostrare che l’idee dell’uno si svolgevano e si sviluppavano in quell’istesso ambito, che l’idee dell’altro; e senza detrarre all’originalità di Dante, e senza menomargli il merito dell’invenzione, indicare dove alcune volte attinse il suo ingegno, e donde, l’animo suo creatore ebbe la mossa.
Il consorzio civile in mezzo a cui l’uomo vive, come la famiglia, come la scuola, ha influenza nella vita dell’uomo stesso. Non dico che questa influenza sia una legge, o un complesso di leggi fisiologiche, costituenti o determinanti tutta la vita di lui, ma sta vero che è influenza,


(pagina 4)

pagina 4

la quale forma come un ambiente, da cui tutti che lo respirano riportano qualcosa.
Questo ambiente non toglie né impedisce la singolarità, la novità. La personalità propria all’ingegno, ma fa che l’ingegno ne porti un’impronta. La quale impronta, causata dall’ambiente, chi la ricerchi in Dante la trova; e trova che Dante visse l’ambiente di San Francesco, di San Bonaventura… e Voi aggiungete “e di Pier Lombardo”(1)
E questo giova studiare per comprendere i concetti del Divino Poeta; e a questo studio oso credere che in po’ sieno per giovare queste cosuccie.
Ma dunque, forse taluno dirà, Dante deve il suo cattolicesimo al genio del tempo? E l’ascetismo della Divina Commedia è una condizione, un effetto della scuola? Rispondo no; non ottemperava egli al genio del suo tempo; professando cattolicesimo con pier Lombardo, e seguendo l’ascetica di San Francesco e di San Bonaventura. Il genio del suo tempo, se egli l’avesse voluto, gli permetteva anche di essere ateo, razionalista, materialista etc. E se no’l fu, gli è perchè la sua mente aborriva da quei principii, che sono schiavitù: e cercando egli libertà, (2) si compiacque, al contrario di altri principi in cui sentiva

  1. vedi prologo allo studio di Pier Lombardo
  2. Libertà va cercando… (Purg. I)

(Pagina 5)

pagina 5

una nota divina, rispondente all’armonia della sia anima, naturalmente cristiana; in cui vedeva così mirabilmente conciliate insieme la ragione e la fede, la scienza e la religione; principii che trovava soli essere gli adatti al vero bene del consorzio civile e della famiglia e dell’individuo; soli che segnavano la via di salire

… il dilettoso monte,
che è principio e cagion di tutta gioia;


Come poi il puro e sincero sentire cattolico di Dante si concilii colle parole aspre e cogli amari rimproveri che egli scaglia nella Divina Commedia, qualche volta contro Papi, Cardinali, etc. Già tanto è stato scritto, anche in questi ultimi anni, che il volerne parlare, io credo, sia un voler portar vasi a Samo; e se vi sia ancora taluno, che nonostante quelle sferzate, dubiti della fede del Poeta, male per lui, e non so più che consiglio possa fargli smettere il suo pregiudizio. Permettetemi piuttosto che io qui prenda occasione per sottoporre alla vostra considerazione un cotal mio pensamento o delirio che sia. Ma a quest’uopo lasciatemi prendere le volte mosse un po’ larghe da lontano. Più di una volta al leggere la Regola e gli altri opuscoli di San


(Pagina 6)

pagina 6

Francesco vedendo quanto inculchi a quei della sua fraternità il rispetto a Sacerdoti, e l’obbedienza al Sommo Pontefice, mi sono chiesto… e perché mai tanto insistere? Egli nel suo testamento dichiara esser tanta la sua fede nei Sacerdoti, che perseguitato vuol ricorrere ad essi per difesa e protezione; e se avesse anche tanta sapienza quanta Salomone e arrivasse nella parochia di un Sacerdote poverello, non voler prima predicare se non ne ha dal Sacerdote il permesso e, soggiunge, “i sacerdoti poverelli di questo secolo e tutti gli altri voglio temere, amare ed onorare come miei Signori; e non voglio in essi considerare il peccato, perché io riguardo in quelli il Figliuolo di Dio, e sono miei Signori”. Perché, ripeto, questa sì viva professione di stima e di riverenza? (1) È vero, che una ragione nell’accennato testamento il Santo la scrive ” E per questo il faccio”, egli continua, “imperocché niente vedo corporalmente in questo secolo, di esso altissimo figliuolo di Dio, se non il Santissimo Corpo di quello e il Santissimo sangue suo, il quale essi consacrano e ricevono, ed essi soli l’amministrano agli altri”. Ma mi pare in queste parole piuttosto traveder lo stimolo che il Santo vuol travasare a’ suoi frati perché


(pagina 7)

pagina 7

venerino il Sacerdozio, e sieno ossequenti all’autorità ecclesiastica, che non la ragione di tanto rispetto: la quale ragione l’ha taciuta ma si travede non appare nello scopo preposto alla sua Fraternità.

“Io ero nei peccati”, dice nel suo testamento “e il Signore mi ha chiamato a se”, ed egli rispose e incominciò a servire Iddio nell’umiltà e tosto si scalzarono altri parecchi, ed ecco costituita… quella famiglia.
Che già legava l’umile capestro.
E la gente poverella crebbe, che con lui voleva “
osservare il santo Evangelio del nostro Signore Gesù Ihesu Cristo; vivendo in obbedienza, sanza proprio, e in carità , charitate” Reg. Cap. I
Però il Santo l intese che il Signore lo aveva chiamato a virtù, e gli altri con lui, per un sublimissimo fine, ed egli e la sua fraternità dover riescire un mezzo in mano di quella divina provvidenza… 
“che governa il mondo.

con quel consiglio nel quale ogne aspetto
creato è vinto pria che vada al fondo,

però che andasse ver’ lo suo diletto
la sposa di colui ch’ad alte grida
disposò lei col sangue benedetto, (1)

E a’ suoi raccolti insieme, per sentire da lui il divino volere, egli ripeteva:”Considera

-Ai ladri che lo interrogarono chi fosse, rispose: “io sono l’araldo del Gran Re”
-Aveva allora già avuto la visione di Gesù Crocifisso che gli aveva detto “Francisce vade, repara dominum meam quae ut cernis, tota destruitur – Vita seconda cap. VI


pagina 8

La corrispondenza tra Padre Michele e Carlo Negroni

P.Michele¸ dantologo e francescano, aveva di Dante la coscienza della missione imperiale di Roma, di Francesco d’Assisi l’amore, l’umiltà e il sacrificio che vincono differenze di razze o di fedi.

Le eleganze dell’idioma italico P. Michele aveva imparato nelle scuole del seminario di Stazzano.

Gli studi su Dante, a stampa, dedicati a Carlo Negroni, in cui la poesia dantesca si raffronta con la regola di San Francesco e con il libro delle sentenze di Pier Lombardo e con le opere di San Bonaventura, mostrano a meraviglia quanto amore egli portasse agli studi danteschi (1).
Il Carteggio che P. Michele da Carbonara tenne con Carlo Negroni è di grandissima importanza per gli studi danteschi. Esso ci dice anche dell’affetto che correva tra i due insigni dantisti, ché il Negroni, oltre che insigne bibliofilo e valente letterato, fu anche cultore degli studi su Dante.
Molti i suoi contributi di esegesi dantesca; notevole il suo discorso Sul testo della «Divina Commedia»: pubblicò, inoltre, la Bibbia Volgare (Bologna 1880 – 1883); il commento di Talice da Ricaldone alla Commedia di Dante (Torino 1886, Milano 1888); le Letture di Gian Battista Gelli sulla Commedia (Firenze, 1883) e molte altre cose.
Guido Bustico in “ALEXANDRIA” 24 Giugno 1935

(1)           AGRESATI PROF. LUIGI, un dantologo missionario Cappuccino, in «L’Italia Francescana», VII,2; Roma 1932; GIULIO BENSO LUISA, Padre Michele da Carbonara (Giuseppe Carbone) in «Rassegna Nazionale», CLXXV, 44-58; Firenze,1910 (confr. Pure CLXXIV, 148-149); La Messa d’oro di Padre Michele da Carbonara, Numero Unico; -La Morte di P. Michele da Carbonara in «IL POPOLO», Tortona,

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“ALEXANDRIA” 24 Giugno 1935

Benito Ciarlo

Calabrese di Montalto Uffugo (CS), dov'è nato nel 1950. Vive a Serravalle Scrivia (AL) dal 1968.